Parlamento inglese
Assemblea rappresentativa del regno d’Inghilterra, nata dall’evoluzione del Consiglio del re, ovvero dal gruppo di nobili ed ecclesiastici che coadiuvava il sovrano. Fu convocato per la prima volta nel 1264, dopo che nel 1215 la Magna charta aveva sancito che il re non aveva il diritto di riscuotere tasse senza il consenso di detto consiglio, che finì col trasformarsi nel Parlamento, appunto. Nel corso del 13° sec. si divise in una camera alta (o dei lord), formata da nobiltà e clero, e in una camera bassa (dei comuni), a base territoriale, comprendente cavalieri e cittadini. Nell’epoca Tudor il P.i. fu convocato poche volte, per evitare conflitti: a esso ricorse però Enrico VIII per trovare sostegno al suo scisma da Roma. Le tensioni scoppiarono invece in modo particolare con i sovrani Stuart, già con Giacomo I, ma in partic. sotto Carlo I (1625-49) che, di fronte al rifiuto dell’assemblea di approvare i finanziamenti per la guerra contro la Spagna, impose un prestito forzoso e fece arrestare i magistrati inadempienti (1625). Nel 1628 il Parlamento reagì con la Petition of rights, con la quale richiese la tutela delle libertà personali dall’arbitrio del governo e il rispetto delle sue prerogative. Il re, sciolto il Parlamento, governò in maniera assoluta, ma nel 1640 fu costretto a riconvocarlo per reperire fondi per la guerra contro la Scozia. Le tensioni, però, continuarono: il P.i. fu nuovamente sciolto (cd. «Corto parlamento») e, riconvocato (cd. «Lungo parlamento»), ribadì le sue posizioni antiassolutistiche. Si arrivò così alla guerra civile, con la rivoluzione puritana, la sconfitta dell’esercito regio da parte di quello parlamentare (1645) e l’esecuzione del re (1649). Dominato dai puritani di Oliver Cromwell, il P.i. votò l’abolizione della camera alta, la proclamazione della Repubblica e l’attribuzione dei pieni poteri a Cromwell, che instaurò una sorta di dittatura personale. Dopo la morte di Cromwell (1658), fu ricostituito il P.i., che preparò la restaurazione della monarchia (1660) nella persona di Carlo II. Il suo successore, Giacomo II (1685), avviò politiche assolutistiche e filocattoliche, inducendo il P.i. a chiamare in soccorso lo statolder d’Olanda Guglielmo III d’Orange, che aveva sposato la figlia del re, Maria, a cui attribuì (1689) la corona (➔ Gloriosa rivoluzione). Guglielmo firmò una Dichiarazione dei diritti che prevedeva, per i sovrani, una serie di obblighi: convocazione periodica ogni tre anni; immunità dei suoi membri; divieto al re di sospendere leggi votate dal P.i. e di tenere un esercito permanente. Nel giro di qualche decennio si avviò così il primo moderno regime costituzionale, fondato sulla responsabilità del governo di fronte al Parlamento.