parlare
Vocabolo presente in tutte le opere dantesche con altissimo indice di frequenza.
1. Denota genericamente l'atto del " pronunziare parole " con le quali trasmettere ad altri i concepimenti della mente in ordine anche a fini pratici, atto peculiare dell'uomo, unico essere vivente fornito di ragione: solamente l'uomo intra li animali parla... (Cv III VII 8); se alcuno volesse dire contra, dicendo che alcuno uccello parli, sì come pare di certi, massimamente de la gazza e del pappagallo, e che alcuna bestia fa atti o vero reggimenti, sì come pare de la scimia e d'alcun altro, rispondo che non è vero che parlino né che abbiano reggimenti, però che non hanno ragione, da la quale queste cose convegnono procedere (III VII 9: rientra nella libertà immaginativa dei poeti il caso delle cose o degli accidenti che parlano: cfr. Vn XXV 8 [seconda, terza e quarta occorrenza] e 9 [terza occorrenza]). Pertanto esso si connette con una precisa e ineludibile responsabilità: le parole, che sono quasi seme d'operazione, si deono molto discretamente sostenere e lasciare, [sì] perché bene siano ricevute e fruttifere vegnano, sì perché da la loro parte non sia difetto di sterilitade. E però lo tempo è da provedere, sì per colui che parla come per colui che dee udire: ché se 'l parladore è mal disposto, più volte sono le sue parole dannose; e se l'uditore è mal disposto, mal sono quelle ricevute che buone siano. E però Salomone dice ne lo Ecclesiaste: Tempo è da parlare, e tempo da tacere (Cv IV II 8).
L'uso del termine in tal senso è assai vasto: io mi sforzava di parlare (Vn XII 5); diverse persone parlano (XXXIII 2); Quivi dov'ella parla si dichina / un spirito da ciel (Cv III Amor che ne la mente 41, ripreso in XIV 11); la comune consuetudine di parlare (IV XVI 4); Quindi parliamo e quindi ridiam noi (Pg XXV 103, riferito alle ombre in virtù del corpo aereo); frequentemente fa parte di formule che raccordano vari momenti della narrazione, specie nella Commedia: Poi mi rivolsi a loro e parla' io (If V 115); Noi aggirammo a tondo quella strada, / parlando più assai ch'io non ridico (VI 113); parla, e chiedi a lui, se più ti piace (XIII 81; l'imperativo, col medesimo ufficio, in If XXVII 33, Pg XIII 78, XXI 119); in questa forma lui parlare audivi (If XXVI 78); sanza indugio a parlare incominciai (XXVII 35); parlando di parlare ardir mi porse (Pg XVIII 9); oppure, anche in costrutti negativi, coopera a delineare una particolare situazione affettiva: se le mie parole esser dien seme / che frutti infamia al traditor ch'i' rodo, / parlare e lagrimar vedrai insieme (If XXXIII 9); Qual è colui che suo dannaggio sogna, / che sognando desidera sognare, / sì che quel ch'è come non fosse, agogna, / tal mi fec'io, non possendo parlare (XXX 139); or mi diletta / troppo di pianger più che di parlare (Pg XIV 125); color che troppo reverenti / dinanzi a suo maggior parlando sono / … non traggon la voce viva ai denti (XXXIII 26); Da tema e da vergogna / voglio che tu omai ti disviluppe, / sì che non parli più com'om che sogna (v. 33); Sì come il baccialier s'arma e non parla... (Pd XXIV 46). In altri casi è usato per indicare o distinguere da altri una persona o un personaggio: chi parlava ad ire parea mosso (If XXIV 69); io, che solo innanzi a li altri parlo (Pg V 67); un di lor, non questi che parlava (XI 74); fece la mia voglia tanto pronta / di riguardar chi era che parlava (XVII 50); quella lumera / che pria m'avea parlato (Pd XI 17); quella luce stessa / che pria m'avea parlato (XVII 29); o ancora per fissare una circostanza (temporale, causale, modale, ecc.): quella / ch'Amor ne la memoria ti suggella / e per che tu, parlando anzi lei, palpi (Rime dubbie VII 4); farei parlando innamorar la gente (Vn XIX 5 8); Così parlando il percosse un demonio (If XVIII 64); Mentre che sì parlava, ed el trascorse (XXV 34); l'altro dietro a lui parlando sputa (v. 138); Com'ei parlava, e Sordello a sé il trasse (Pg VIII 94); parlando, a dubitar m'hai mosso (Pd VIII 92). A questo tipo appartengono gli esempi di Vn XXI 3 10, XXII 15 11, XXV 2, XLI 12 11; Cv II XI 5, III IV 11 (due volte), XII 6 (nella forma impersonale si parlava), XIII 8, IV IX 5; If XVI 93, XXIV 64, XXV 134, XXVI 65 e 73, XXIX 37, XXXI 101, XXXII 139, Pg I 110 io sù mi levai / sanza parlare, XIV 6, XVIII 9, XXI 12 e 119 (la prima occorrenza), XXIII 8, XXVI 25, Pd VI 82, VIII 48, XV 71, XVI 17, XVIII 50, XX 145, XXVI 90, XXXII 116; Fiore IV 2, XI 1, XII 2, LXXIII 10, LXXXI 2, XCIV 1, CXXXIII 1, CLV 2, CXCI 10.
Normale per il verbo il soggetto ‛ lingua ', organo fisico del p.: la mia lingua parlò quasi come per se stessa mossa (Vn XIX 2, ove sull'avvio di un modulo biblico si allude allo ‛ spirar ' di Amore, origine miracolosa delle rime della loda); la cima qua e là menando, / come fosse la lingua che parlasse (If XXVI 89: qui il riferimento è alla fiamma che racchiude Ulisse): Ma nel cielo della Luna appaiono più facce a parlar pronte (Pd III 16: le labili immagini delle anime mancanti ai voti) e nel cielo di Giove si ode (e vede) parlar lo rostro (Pd XIX 10: il becco dell'aquila formata dagli spiriti giusti). Chiaramente metaforico è l'esempio di Rime CI 6 la dura petra / che parla e sente come fosse donna. Così, per un allargamento al figurato del senso proprio, p. accetta come soggetto termini quali pensiero (Cv II X 1), anima (II X 1, e cfr. XV 9 [due volte]), spiriti (Vn XXVII 4 17), sospiri (XXXIV 5), canzone (Cv III IX 4), e non solo nei luoghi qui indicati.
2. Più numerose le occorrenze in cui p. si richiama, come valore primario, non tanto all'atto di pronunziar parole quanto alla sua funzione espressiva di pensieri o sentimenti: Sola Pietà, nostra parte difende, / che parla Dio, che di madonna intende (Vn XIX 8); non era buono sotto alcuna figura parlare (Cv IV I 10); similmente in Rime LXXXIII 45, Vn XIII 10, XXII 17, XXIII 13, XXXVII 4, Cv I I 17 (con sfumatura letteraria e rimando alla Vita Nuova), II 2 e 6, VII 11, II V 1, XIII 14 (due volte, la seconda con la particella impersonale ‛ si '), IV IV 11, V 2, XXI 6 e 9, XXII 16 questa nostra nobilitade che da Dio viene... che ne la nostra ragione parla, If II 72.
In quest'accezione p. è spesso accompagnato da avverbi o espressioni avverbiali, che ne qualificano i modi e le varietà: Chi dee mai essere lieta di noi, che avemo udita parlare questa donna così pietosamente? (Vn XXII 5); pareami defettivamente avere parlato (XXVII 1); fu mestiere volgarmente parlare (Cv I VI 1); largo parlando (VII 13); io, che al volto di tanti avversarii parlo (cioè " davanti " a tanti avversari: cfr. nello stesso paragrafo però che, dinanzi da l'avversario s[e] ragiona, dove dinanzi ha però valore preposizionale; IV VIII 10); propriamente parlando (IV VIII 12 e XIII 1); parlavan rado, con voci soavi (If IV 114); parlar segretamente (VIII 87); O Tosco che per la città del foco / vivo ten vai così parlando onesto (X 23); Allora il duca mio parlò di forza / tanto, ch'i' non l'avea sì forte udito (XIV 61); felice te se sì parli a tua posta (XVI 81); parlando a gioco (XXIX 112); parlar con ira (XXX 133); non parliamo a vòto (XXXI 79); dirvi ch'i' sia, saria parlare indarno (Pg XIV 20); parlare in modo soave e benigno (XIX 44); scuro so che parlo (XI 139); parlar sotto coverta (Fiore XLII 5); parlare a taccia (Detto 447: per il Parodi " p. in disdoro "); occorrenze analoghe in Vn XXXVII 4, Cv I II 17, II VI 3, IX 2, III I 13 (si parla), IV Le dolci rime 43 (ripreso in X 4), II 1 (si parla), VIII 10, XXV 9, If XXVII 20, Pg XVI 137, XX 118, Pd IV 40, XIII 94, XV 39, Detto 2 e 237.
Attribuito ai poeti e tendendo già al valore di " poetare " (v. oltre), mette in risalto, di volta in volta, ora l'aspetto stilistico-formale ora la sostanza ideologico-culturale dei loro componimenti: E io non vo' parlar sì altamente / ch'io divenisse per temenza vile (Vn XIX 6 9, ripreso in XIX 16); Canzone, e' par che tu parli contraro / al dir d'una sorella (Cv III Amor che ne la mente 73, ripreso in III IX 2); ciascuno poeta che secondo la fede de' Gentili hanno parlato (II VIII 9): v. anche Vn XXXI 8 6, Cv II XI 7 (due volte), III X 3. Al p. dei poeti si riferiscono le numerose occorrenze di Vn XXV (6, 7 [due volte], 8 [due volte], 9 [cinque volte], 10 [due volte]), il capitolo in cui D. difende anche nel volgare l'uso della metafora e della personificazione, comune nei poeti latini.
Nel senso generale di cui ci occupiamo (ma con un valore assai affine a " dire ") p. ammette talvolta un complemento diretto, costruzione ben attestata nell'italiano antico (cfr. F. Brambilla Ageno, Il verbo nell'italiano antico, Milano 1964, 47-48): serrata è la bocca di coloro che parlano le inique cose (Cv IV XVI 1); parlando cose che 'l tacere è bello (If IV 104); altro parlando (XXI 1); spiriti parlando / a la mensa d'amor cortesi inviti (Pg XIII 26). Di tal tipo gli esempi in Rime CXVI 11, Cv II Voi che 'ntendendo 55, III IX 1 e 4, Pg XXI 53 i tre gradi, ch'io parlai (qui " i tre gradini di cui parlai "), Fiore CXCVI 1. Talvolta si tratta soltanto di oggetto interno: queste parole ched io parlo (Vn XII 17); e anche non parlò più verbo (If XXV 16). Affine il caso di ‛ p. una lingua ', per cui cfr. Pd XXIV 124.
Come intransitivo, a parte gli usi assoluti per lo più già esposti, seguito da ‛ di ' e sostantivo ha il significato di " ragionare ", " trattare "; tipico il riferimento agli argomenti poetici, nei quali il verbo è attratto entro l'orbita semantica di " trattare in versi " e quindi " poetare ": udite la ballata mia pietosa / che parla d'una donna disdegnosa (Rime LXXX 3); O dolci rime che parlando andate / de la donna gentil (LXXXV 1); pensando che se de la sua partita io non parlasse alquanto dolorosamente, le persone... (Vn VII 2); pensai che parlare di lei non si convenia che io facesse, se io... (XIX 1); E perché me ricorda ch'io parlai / de la mia donna... (XXXI 9 6); Virgilio, d'Enea parlando (Cv II X 5); volontade mi giunse di parlare d'amore (III I 3). Tale costruzione, sia in contesti riguardanti il solo campo poetico, sia in altri aperti a più largo spazio tematico, si riscontra in Rime XLIV 8; Vn VIII 7, XIII 8 1 Tutti li miei penser parlan d'Amore (con soggetto ‛ pensiero ' anche in XVI 3, XXXVIII 8 1), XL 2, XLI 13 12 (già citato al § 8); Cv I V 10 Di questo si parlerà altrove (il verbo è preceduto da ‛ si ' anche in II XV 11, IV IX 9, XVII 2, XIX 1, XXI 8, XXII 10 e 18, XXIV 7, XXVII 9, Pd XX 112); Cv II III 4 e 11, VIII 7, XIV 2 e 19, III Amor che ne la mente 90, I 4, III 11 e 14, VIII 3 e 12, XIV 8, XV 5 e 6, IV Le dolci rime 146 (ripreso in XXX 6), II 9 e 11, V 2 (seconda occorrenza) e 16 (due volte), VI 10, VIII 2, XVI 1 (seconda occorrenza), XX 1, XXII 1, XXIII 3, XXV 3, XXVIII 6; If V 94, XXIII 6, Pg XI 120, XIV 24, XVI 26, XX 31, XXVI 11, Pd V 72, XXIV 45, XXVI 41; Fiore XXXVIII 8, XLIII 14, LIX 12, LXI 12, LXXIV 8, XCIX 2, CLXV 1, CXCV 12.
Sembra poi opportuno mettere in risalto quelle occorrenze in cui D., al principio del Convivio, dibatte il problema se e quando a qualcuno sia lecito parlare... di se medesimo (I II 2). Sulla testimonianza de li retorici il poeta è del parere che sanza necessaria cagione non si conceda di sé medesimo... parlare (I II 3; per i rinvii ai luoghi pertinenti di Aristotele, Valerio Massimo, s. Tommaso, v. il commento del Busnelli, ad l.), poiché parlare d'alcuno non si può che il parladore non lodi o non biasimi quelli di cui elli parla (Il 3) e nei propri confronti non è uomo che sia... vero e giusto misuratore (§ 8, e v. anche il § 10). Solo dunque per necessarie cagioni lo parlare di sé è conceduto (§ 12: eccezionalmente si cita qui un caso di infinito sostantivato, per cui v. oltre), e tra queste cagioni due sono preminenti: l'una è quando sanza ragionare di sé grande infamia o pericolo non si può cessare... E questa necessitade mosse Boezio di se medesimo a parlare, acciò che sotto pretesto di consolazione escusasse la perpetuale infamia del suo essilio, mostrando quello essere ingiusto (§ 13); l'altra è quando, per ragionare di sé, grandissima utilitade ne segue altrui per via di dottrina; e questa ragione mosse Augustino ne le sue Confessioni a parlare di sé, che per lo processo de la sua vita, lo quale fu di [non] buono in buono, e di buono in migliore, e di migliore in ottimo, ne diede essemplo e dottrina, la quale per sì vero testimonio ricevere non si potea (§ 14): passo di grande importanza perché alla base non solo del Convivio ma della stessa Commedia; assai denso di significati tra l'altro l'accostamento di D. a Boezio e a s. Agostino (v. pure il § 16 e I XII 11).
Meno comunemente il complemento di argomento può essere espresso da ‛ ne ' anche enclitico, come in Vn XIX 6 14 non è cosa da parlarne altrui; Pg XVIII 75, Pd XII 70 io ne parlo / sì come de l'agricola...; Fiore X 8 era folle se più ne parlava; LV 9, XCIII 8, CXL 9; come pure da ‛ onde ' (cfr. If XXXII 14 mal creata plebe / che stai nel loco onde parlare è duro; Pg XIII 68 l'ombre ... ond'io parlo ora, e cfr. anche il già citato luogo di Pd XX 112) o da ‛ donde ': Fiore XLIV 1 Quel Socrato, dond'i' ti vo parlando.
3. Seguito da ‛ a ' e sostantivo o comunque da espressioni dativali equivale prevalentemente a " rivolgere la parola " (in senso proprio e figurato), talvolta come p. poetico, e anche con soggetto personificato: donne gentili a cu' i' ho parlato (Rime LXVII 73: nel caso specifico, " a cui ho indirizzato il mio dire nella canzone "; e cfr. il v. 85); Parlan bellezza e virtù a l'intelletto (LXXXVI 9); lo spirito animale... parlando spezialmente a li spiriti del viso, sì disse queste parole (Vn II 5); parve che Amore mi parlasse nel cuore (XXIV 4); un soave penser... / parlava me sì dolcemente (Cv II Voi che 'ntendendo 18, ripreso, in II VII 7; me ha funzione di dativo, come in If XXIII 91 Poi disser me; v. a tal proposito Barbi, Vita Nuova, p. CCCI; Petrocchi, Introduzione 459); questi movitori sono quelli a li quali s'intende di parlare (Cv II V 18); volontieri / parlerei a quei due che 'nsieme vanno (If V 74); Sì cominciò lo mio duca a parlarmi (XVII 4); Or avalliamo omai / tra le grandi ombre, e parleremo ad esse (Pg VIII 44); dentro a questo lume / in ch'io ti parlo (Pd XV 53); Se tu non puo' parlar a quella ch'ami (Fiore LIV 1).
Dello stesso tipo le occorrenze in Vn VIII 12 (due volte), XII 5 (due volte) e 8, XIV 10, XVII 1, XVIII 6 (seconda occ.) e 7, XIX 1, 10 42 e 13 57, XXI 7, XXII 13 2, XXIII 29, XXXI 3, 7 e 9 10, XXXV 4, XXXVI 3, XXXVII 4, XL 5, XLI 7 e 12 10; Cv II Voi che 'ntendendo 28 (ripreso in II IX 1), II 9, III 1, V 1 (seconda occorrenza), VII 5, VIII 3 e 4, X 11, XI 1 e 6, XV 1, III V 7, IV IX 2 e 3, X 9, XI 3, XVII 10, XXIV 16; If V 81 e 95, X 6, XX 130, XXVIII 51, XXIX 35, Pg II 87, XII 87, XIV 76, XIX 47, Pd III 121, V 131, XXVI 95; Fiore LXXI 8 ella gli degnasse pur parlare; Detto 236.
Il rapporto tra parlante e uditore, specie quando il verbo piega al senso di " discorrere ", " conversare ", è manifestato talora dalla preposizione ‛ con ' o dalle formule latineggianti ‛ meco ', ‛ teco ' e simili: per che parlar con voi si vole aperto (Rime CVI 59: qui prevale il valore di " esprimersi " per essere compreso); cominciai a parlare così con esso (Vn XII 4); Né per tanto di men parlando vommi / con ser Brunetto (If XV 100); non t'incresca restare a parlar meco (XXVII 23; ma v. la forma ridondante di Rime XLIV 2 chi con meco parla); s'io parlo teco, / ad ascoltarmi tu sie ben disposto (Pg XXXIII 20); If XVII 41, Pg XXIV 41, Pd III 31, XXII 53. In Cv I XIII 4 il ‛ con ' ha valore mediale: Questo mio volgare fu congiugnitore de li miei generanti, che con esso parlavano. Isolata l'espressione di Cv IV XIV 12 chi non parlerà meco, corrispondente a " chi non s'accorderà con me ". Tre esempi contigui, nella Vita Nuova, di un p. reciproco: Altre v'erano che parlavano tra loro (XVIII 3); e cfr. I §§ 5 e 6.
Abbastanza ricorrente il costrutto ‛ p. contro ', indicativo di rimprovero o riprovazione o rifiuto o contrasto polemico nei confronti di persone, idee, sentimenti: contra la reverenza del Filosofo non parlo ciò riprovando, così non parlo contra la reverenza de lo Imperio (Cv IV VIII 10); Dice Aristotile... contra Simonide poeta parlando (XIII 8); e v. Cv I III 8 (due volte), II IX 3, IV V 9, XV 14, Fiore CCXXI 2 (affine il ‛ p. contraro ' nelle occorrenze già citate di Cv III Amor che ne la mente 73, IX 2 e 4).
All'opposto ‛ p. per ' si collega all'idea di " favorire ", " sostenere le parti " di qualcuno: la battaglia de' pensieri vinceano coloro che per lei parlavano (Vn XXXVIII 4).
4. Sostantivato, p. designa innanzi tutto l' " atto del parlare ": infino al fiume del parlar mi trassi (If III 81, e v. Rime CIV 8, If IV 105, Pg XIX 16); ma più frequentemente e di solito in unione con ‛ mio ', ‛ tuo ', ecc., le " parole ", " ciò che uno dice ", il " discorso ": Tempo fu già nel quale, / secondo il lor parlar, furon dilette (Rime CIV 14, e v. Fiore XXXVIII 4); acciò che lo mio parlare sia più brieve (Vn X 1); Ultimamente manifesta l'anima nel suo parlare la presunzione loro pericolosa essere stata (Cv II IX 8); Ancor vo' che mi 'nsegni / e che di più parlar mi facci dono (If VI 78); ripensando / a quel parlar che mi parea nemico (X 123); O tuo parlar m'inganna, o el mi tenta (Pg XVI 136); l'alta letizia / che 'l tuo parlar m'infonde (Pd VIII 86); di retro al mio parlar ten vien col viso (X 101); la similitudine che nacque / del suo parlare e di quel di Beatrice (XIV 8); non perché nostra conoscenza cresca / per tuo parlare (XVII 11).
Esempi simili in Rime XLII 11, Vn XII 17, XIV 14, Cv II Voi che 'ntendendo 7 (ripreso in II VI 5), VI 5, VIII 7, XII 8 apersi la bocca nel parlare de la proposta canzone (" cominciai a parlare con le parole della canzone "); III Amor che ne la mente 5 (ripreso e commentato in III 14), VII 11 e 12, IV II 5, III 1, If II 126, XXXIV 24, Pg XIX 84, XXIV 42, XXX 72, XXXI 2, XXXII 91, Pd IV 119, V 17, VII 96, VIII 86, IX 63 sì che questi parlar ne paion buoni (unico caso di plurale), XII 14 (si allude al fenomeno dell'eco: il parlar di quella vaga / ch'amor consunse come sol vapori), XV 44, XVIII 54, Fiore XCIV 3.
Con aggettivi o con altre qualificazioni aggettivali o avverbiali, sempre nella sfera semantica di " discorso ", implica il senso di " tenore, maniera di p. ": parlar divino (Rime CIV 73); alcuno parlare fabuloso (Vn II 10); molto leggiadro parlare (XVIII 2); lo suo dolcissimo parlare (XXI 8); la cagione del suo lamentevole parlare (Cv II IX 1); l'abito de la facundia, cioè del bene parlare (III XIII 8); soavi reggimenti, che sono dolce e cortesemente parlare (IV XXV 1); il mio parlar coverto (If IV 51); erto visibile parlare (Pg X 95); parlar diffuso (Pd XI 75).
Su questa linea si pongono le occorrenze in cui il p., assolutamente o con attributi individuanti, in parallelo con una già menzionata accezione dell'uso verbale, è " il p. poetico ", " la poesia " (in particolare, il parlare che 'n numeri e tempo regolato in rimate consonanze cade [Cv IV Il 12] è la poesia rimata): così Virgilio è fonte che spande di parlar sì largo fiume (If I 80; e a questo luogo va accostato l'altro di II 113 fidandomi del tuo parlare onesto, dove però si accenna non solo alla poesia, ma a tutto il discorrere e convincere di Virgilio), e D. afferma, all'inizio delle rime petrose, di voler essere aspro nel suo parlar (Rime CIII 1); non diversamente suona il termine in due luoghi della Vita Nuova dov'è preannunciato il passaggio allo stile della loda: Poi che è tanta beatitudine in quelle parole che lodano la mia donna, perché altro parlare è stato lo mio... propuosi di prendere per matera de lo mio parlare sempre mai quello che fosse loda di questa gentilissima (XVIII 8 e 9, e v. Rime LXXXVI 12); mentre nel Convivio la poesia d'intonazione amorosa è l'usato parlare (IV Le dolci rime 8, ripreso in II 2) abbandonato, conformemente con la nuova materia, il valore, per un modo ‛ aspro ' e ‛ sottile ' di poetare.
Come " idioma ", " volgare ", in Cv I XI 14 questi fanno vile lo parlare italico e prezioso quello di Provenza; Pg XXVI 117 questi ch'io ti cerno / col dito [Arnaldo Daniello] ... / fu miglior fabbro del parlar materno.
Genericamente " linguaggio " dell'uomo (cfr. il parlar distinto, cioè articolato, di Pd IV 12): 'l parlar nostro... non ha valore / di ritrar tutto ciò che dice Amore (Cv III Amor che ne la mente 17, ripreso in IV 13); la debilitade de lo 'ntelletto e la cortezza del nostro parlare (III IV 4); l'immagine nostra a colai pieghe, / non che 'l parlare, è troppo color vivo (Pd XXIV 27); Da quinci innanzi il mio veder fu maggio / che 'l parlar mostra (XXXIII 56); v. anche Cv III IV 5 e 12, VII 8 e 10, Pd XVIII 10.
Il participio presente con valore di sostantivo appare in Fiore CXCV 2 e sì rispuose, come ben parlante. V. PAROLA.