PARLER
Famiglia di architetti e scultori attivi nella seconda metà del Trecento in Germania, Boemia, Austria, Svizzera e anche Italia (Schock-Werner, 1978). L'aggettivo 'parleriano' viene utilizzato anche per definire fenomeni stilistici caratteristici dell'epoca, non riguardanti necessariamente ed esclusivamente la produzione dei soli membri della famiglia.Il termine tedesco parlier è una definizione di professione ('primo aiutante del capomastro'), che nel corso del Trecento divenne, come molte altre, nome proprio di famiglia. In quanto tale fu però usato solo da pochi membri della citata famiglia di architetti e scultori, che tuttavia proprio attraverso questo nome trova definizione unitaria. Tutti sembrano aver usato come segno lapidario, come firma e come sigillo il parlerhaken, la squadra a doppia spezzatura.Il primo rappresentante di questa famiglia, Heinrich, è documentato attraverso l'iscrizione sul busto che effigia suo figlio Peter (1333-1399) nel triforio del duomo di Praga, malgrado dal testo non si evinca in modo sufficientemente chiaro se il suo nome fosse proprio Heinrich P. da Colonia o fosse stato solo un parlier attivo a Colonia. In ogni caso, nel 1333, anno in cui nacque suo figlio Peter, Heinrich era già attivo a Schwäbisch Gmünd, dove con molta probabilità morì e fu sepolto. Nonostante il citato legame con Colonia, le sue radici stilistiche, tanto nell'ambito architettonico quanto in quello plastico, sembrano affondare piuttosto nella regione dell'alto Reno. Il maestro, nato certamente nel primo decennio del secolo, nel 1325-1330 venne posto alla direzione del cantiere della chiesa di Heiligkreuz a Schwäbisch Gmünd. Heinrich modificò il progetto precedente, che prevedeva uno schema basilicale, costruendo un corpo longitudinale 'a sala'. I pilastri circolari, con capitelli fogliati, e le caratteristiche forme addolcite del traforo delle finestre della navata, pur avendo precedenti nella Germania sudoccidentale (Wortmann, 1978a, p. 317), raggiungono qui per la prima volta una loro pregnante connotazione stilistica.Nella ventennale attività nel cantiere del corpo longitudinale, le capacità dell'architetto e le soluzioni da lui elaborate andarono via via sviluppandosi. Nel coro, fondato nel 1351, egli poté addirittura giungere alla formulazione di una nuova soluzione architettonica, in cui si fondono, creando un'inedita unità, il modello della chiesa cistercense di Zwettl e quello della ricostruzione del coro di Notre-Dame a Parigi. All'esterno, l'andamento del muro del piano terreno, che appare chiuso nonostante le grandi vetrate a traforo e sul quale i contrafforti di sostegno si qualificano come semplici profili sporgenti, contrasta nettamente con il piano parietale superiore, caratterizzato invece da contrafforti dalla ricca articolazione. Entrambi i piani sono conclusi da balaustre orizzontali. All'interno, l'alzato del coro si caratterizza per il motivo inedito della cornice passante che divide i piani e circonda, interrompendole, le colonnine addossate: in tal modo si ripete anche all'interno il contrasto osservato all'esterno tra elementi verticali e orizzontali. Purtroppo l'edificio di Schwäbisch Gmünd nel corso del sec. 14° rimase senza copertura a volta, tramandando così la concezione spaziale di Heinrich solo in modo incompleto.Anche la scultura della chiesa conobbe un progressivo sviluppo, da O verso E, sotto il profilo sia qualitativo sia quantitativo. Al principio Heinrich lavorò ancora al fianco di maestranze più anziane, formatesi nell'area altorenana e franca, ma con il tempo il suo influsso crebbe, in particolare per quel che riguarda la decorazione plastica del coro. Le sculture più caratteristiche sono segnate da una solidità, da un'accentuata corposità e da volti di una espressività 'parlante', soprattutto le figure di Isaia e Geremia. Negli anni settanta Heinrich doveva essere già morto se nel 1372 un capomastro Johann viene ricordato attivo nella Heiligkreuz.Com'era nella consuetudine, Heinrich si occupò anche di altri cantieri. Con molta probabilità si deve a lui il progetto della Frauenkirche di Norimberga, ai lavori della quale suo figlio Peter lo sostituì in qualità di parlier fino al 1356. Lo stesso può valere per il coro del duomo di Augusta, iniziato nel 1356, nel cui portale meridionale è stato rinvenuto su alcuni blocchi il segno lapidario dei Parler.Un altro figlio di Heinrich, Johann, capomastro attivo nel duomo di Friburgo in Brisgovia e in quello di Basilea, al contrario di Heinrich e del fratello Peter, non utilizzò il patronimico P., facendosi invece chiamare Johann di Gmünd. Come segno lapidario però egli usò quello consueto dei Parler. Quando, nel 1354, iniziarono i lavori al coro del duomo di Friburgo, egli venne chiamato in qualità di capomastro; si ritiene peraltro che Johann sia stato autore del progetto, un coro allungato di impianto del tutto inconsueto, con testata poligonale circondata da un deambulatorio e da dodici cappelle radiali: al centro, al posto della cappella assiale, venne collocato uno dei pilastri a cuneo delle arcate mediane. Con questa soluzione si ottenne una limitazione del numero dei sostegni, analogamente a quanto si verificava, sebbene in formula rovescia, nel coro della chiesa di S. Bartolomeo a Kolín, in Boemia, opera di suo fratello Peter. Non si sa se Johann sia responsabile anche della costruzione del piano superiore di entrambe le torri laterali (Hahnentürme) e della sagrestia, immediatamente anteriori alla costruzione del coro: per l'impiego dell'arco inflesso, per il forte accento dato agli effetti orizzontali e per il ricorrere di singole forme, appare plausibile pensare anche per queste costruzioni a un progetto parleriano (Adam, 1978). Purtroppo, dopo il 1370, la fabbrica del coro dovette interrompersi a causa delle difficoltà in cui versava la città; sotto la guida di Johann furono portati a termine solo le cappelle radiali fino a metà della loro altezza e il portale nord del coro con il suo interessante traforo a due strati. Rimane pertanto totalmente aperta la questione se il capomastro avesse concepito il coro con un impianto 'a sala' o, viceversa, di tipo basilicale, così come venne realizzato circa un secolo dopo.In seguito alla parziale distruzione del duomo di Basilea, dovuta a un terremoto, nel 1356, a Johann fu affidata la direzione dei lavori di ricostruzione. Nella zona del coro furono riutilizzate tutte le parti romaniche ancora in piedi, rinunciando così a una dispendiosa articolazione dell'esterno. Solamente due balaustre a traforo furono inserite come elementi decorativi. Anche il piano superiore, realizzato per intero da Johann, rimase privo di articolazione esterna, essendosi dovuto rinunciare al completamento della struttura con le previste figure entro tabernacoli. All'interno, la galleria, appartenente ancora all'edificio precedente, venne corredata da una fascia lavorata a traforo che si interrompe in corrispondenza delle finestre alte, così da ottenere una fusione tra il piano della galleria, in ombra, e quello luminoso delle finestre. Manca, per l'artista, qualsiasi attribuzione di opere di scultura ed è per questa ragione che non è possibile riconoscere in lui il capomastro Johann ricordato a Schwäbisch Gmünd quale successore di suo padre.Peter probabilmente svolse il suo apprendistato nella bottega del padre a Schwäbisch Gmünd; nei suoi successivi viaggi di formazione dovette conoscere l'architettura gotica nel cuore dell'Europa; che egli sia stato addirittura a Parigi appare ipotesi plausibile, per quanto priva di riscontri documentari. Un soggiorno in Inghilterra, supposto sulla base di presunti influssi anglosassoni nella sua architettura (Pevsner, 1959; Bock, 1961), sembra invece poco probabile. Certamente egli fu nella regione dell'alto Reno, in particolare a Strasburgo, dato che nelle sue opere più tarde è leggibile una puntuale conoscenza dell'architettura di questa città, e soggiornò anche a Colonia, dove conobbe la moglie Gertrudis. A partire dal 1352, o poco dopo, egli fu parlier e sostituto di suo padre nella Frauenkirche di Norimberga, dove si trovano, sulla fronte esterna dell'atrio, anche le sue prime sculture. La chiesa venne eretta su committenza di Carlo IV, che nei pressi della città fece costruire il castello di Lauf an der Pegnitz, la cui pregevole scultura è di nuovo da mettere in relazione con Peter Parler. Peter fu quindi chiamato dall'imperatore a Praga in qualità di architetto. La più importante fonte relativa all'artista è l'iscrizione posta sul busto che lo ritrae nel duomo di S. Vito a Praga. Poiché l'iscrizione praghese è stata in parte coperta da pitture, non è più accertabile con sicurezza la data 1356, indicata quale anno della sua chiamata a Praga, data che nondimeno la maggioranza degli autori considera quella di partenza per la sua attività nella città. Egli succedette a Mathieu d'Arras, capomastro del duomo, ma Carlo IV gli affidò anche altri cantieri, come quello della chiesa di Ognissanti nel castello di Hradčany, quello del ponte Carlo sulla Moldava e del coro della chiesa di Kolín. Accanto a queste opere certe, a Peter sono state anche attribuite la torre del ponte nella città vecchia di Praga, con facciata decorata da sculture, nonché la copertura a volta dell'ala occidentale del castello della città, realizzata però solo all'epoca del re Venceslao IV (1361-1419). Nel duomo di S. Vito egli proseguì l'operato di Mathieu d'Arras, ma senza segnare una brusca cesura nei confronti del progetto precedente, quanto piuttosto istituendo con esso continui rapporti (Baumüller, 1994). Le vetrate e il sistema di contrafforti e archi rampanti del coro vennero decorati da Peter con un'innumerevole serie di trafori, dalle forme ricche e complesse, articolati su più strati: qui compare per la prima volta, peraltro in diverse versioni, il motivo c.d. a vescica di pesce; lo stesso vale per l'arco inflesso.In qualità di scultore, Peter lavorò alla lastra tombale di Ottocaro I in una cappella del coro del duomo di Praga; gli sono attribuite anche la lastra di Ottocaro II, conservata nella medesima cappella, e due mensole figurate nella cappella di S. Venceslao. Ritenuta opera del primo periodo, viene assegnata a Peter la figura di Zaccaria nella Frauenkirche di Norimberga. Ebbe certamente la responsabilità artistica anche per i ventuno busti del triforio inferiore del duomo di Praga, realizzati tra il 1374 e il 1380. Espressione individuale, consapevole volumetria, forte pathos e grandissimo plasticismo caratterizzano - al pari di perfezione scultorea e resa delle superfici ottenuta grazie a un'altissima sensibilità - le opere di Peter, il quale elevò al più alto livello le capacità scultoree della bottega attiva al cantiere praghese. Ciò doveva valere certamente anche per gli stalli del coro dello stesso duomo, realizzati nel 1386 e andati distrutti. Di Michael, un altro figlio di Heinrich, si conservano documenti ma non si conoscono opere.Johann, terzo figlio maschio di Peter, dovette nascere intorno o poco dopo il 1360 a Praga, città nella quale svolse con ogni probabilità il suo apprendistato. Architetto del duomo, nel 1398 egli è citato quale capomastro, essendo ancora in vita il suo vecchio genitore. Nel cantiere praghese, Johann attese soprattutto ai lavori di completamento della torre meridionale e fu probabilmente anche responsabile delle balaustre a traforo che chiudono la facciata del transetto meridionale. Anche nella chiesa di Kolín egli proseguì i lavori avviati dal padre. Fu inoltre l'ideatore della chiesa di S. Barbara a Kutná Hora, il cui coro venne iniziato nel 1388. Se veramente è da ascrivere a Johann la facciata meridionale del duomo di S. Vito, in essa appare evidente come egli abbia ripreso la tendenza all'arricchimento delle forme a traforo tipica del padre e l'abbia ulteriormente accresciuta attraverso la ripetizione assiale e la sovrapposizione. Grazie al preponderante impiego dell'arco inflesso egli creò un coronamento di facciata che influenzò in modo molto profondo l'architettura praghese del 15° secolo.Michael di Friburgo, figlio di Johann di Gmünd, sulla cui formazione non si hanno notizie, nel 1383 divenne capomastro del duomo di Strasburgo, occupandosi principalmente dei lavori di ricostruzione successivi al grave incendio che aveva colpito l'edificio. Probabilmente si deve a lui il progetto della bella base d'organo in legno conservata sulla parete settentrionale della navata centrale, mentre con sicurezza va escluso che sia suo il progetto del piano delle campane, in passato attribuitogli dalla critica e invece ormai acquisito come realizzazione antecedente (Recht, 1974).Il secondo figlio di Johann di Gmünd, Heinrich di Friburgo, è forse il più importante scultore della famiglia dei Parler. Il corpus delle sue opere è stato raccolto in modo convincente da Schmidt (1970). Egli si dovette formare presso il padre a Schwäbisch Gmünd o almeno dovette lavorare al suo fianco, subendone profondamente l'influsso. Nel Cristo che porta la croce e anche nell'Imago pietatis di Schwäbisch Gmünd si identificano due opere appartenenti al primo periodo di attività. Durante i suoi spostamenti Heinrich dovette giungere anche a Vienna, poiché la bottega che realizzò nel duomo le sculture dei duchi, in particolare quelle della porta del Vescovo, lo influenzò fortemente. Negli anni settanta Heinrich era a Praga e lavorava nel cantiere del duomo, sotto la direzione dello zio Peter. Nel 1373 realizzò nella cappella di S. Venceslao la statua in legno del santo titolare, forse l'opera scultorea di maggior effetto e pregio della produzione dei Parler. Con la gamba destra leggermente avanzata, la figura del giovane santo presenta un'impercettibile torsione del corpo e slittamento dell'asse. Nel 1376 Heinrich realizzò le tombe per Spytihnĕv e Bretislao I nella cappella centrale del duomo di S. Vito; le figure si distinguono da quelle delle tombe realizzate da Peter per l'andamento armonico delle linee che attraversano per intero il corpo, trasformando il pathos drammatico in un'espressione più attenuata. Dei busti della galleria del triforio viene attribuito allo scultore quello del duca Venceslao di Lussemburgo, realizzato nel 1378. Fino a questa data Heinrich è testimoniato a Praga, quindi nel 1381 è ricordato come architetto del margravio di Moravia.Secondo l'opinione di alcuni studiosi (Schmidt, 1970), Heinrich dovette trascorrere gli anni tra il 1378 e il 1381 a Colonia, dove avrebbe lavorato nel duomo, al portale di S. Pietro (Lauer, 1978). A lui viene attribuito anche il bel busto di donna identificata come Eva (Colonia, Schnütgen-Mus.), realizzato in calcare e contraddistinto dal segno lapidario dei P.: l'attribuzione appare estremamente convincente se si confronta il busto con la statua praghese di S. Venceslao.Ciò che invece appare meno probabile è che Heinrich potesse trovarsi a Colonia proprio nel periodo immediatamente precedente al 1381, dal momento che all'epoca la moglie Drutginis si adoperava per iscritto per ottenere da Colonia il denaro che le spettava, cosa che non sarebbe stata necessaria se il marito si fosse trovato in città in quel periodo. In effetti, come attestano i documenti, Heinrich arrivò a Colonia solo nel 1387, riscosse il denaro e vendette le rendite della moglie. In seguito egli dovette tornare nuovamente in Moravia, ma di quest'ultimo soggiorno non si conosce pressoché nulla.Attraverso le sue figure, dalle linee eleganti e pervase da un delicato sentimentalismo, egli influenzò profondamente la scultura del weicher Stil. Si ritiene inoltre che nel corso degli anni ottanta l'artista coniasse il prototipo della schöne Madonna e che provenissero dalla sua bottega gli scultori che realizzarono opere di questo tipo a Toruń (un tempo nella chiesa di S. Giovanni, ora perduta), nel castello di Šterberk e a Breslavia (Varsavia, Muz. Narodowe we Wrocławiu).Una pietra tombale con il parlerhaken, conservata nel duomo di Ulma, attesta l'attività in questa città di almeno uno dei membri della famiglia. Dalle fonti scritte si ricava che il primo capomastro attivo al cantiere del duomo di Ulma, proveniente certamente dalla cerchia dei P., si chiamava Heinrich. Questi, che nel 1387 doveva essere già morto, con molta probabilità non si era limitato a dare avvio ai lavori della nuova costruzione, ma già precedentemente aveva realizzato due lunette di portale per l'antico duomo che si trovava ancora all'esterno della città; entrambe le lunette furono poi inserite nell'edificio nuovo, nei due portali orientali dei fianchi della chiesa. Nella raffigurazione del Giudizio, nella lunetta del portale della Sposa, si muovono figure realisticamente tozze e grossolane; il legame con i rilievi dei portali di Schwäbisch Gmünd è evidente, ma la resa spaziale e le capacità narrative appaiono più mature. Vicina anche al portale della Vergine nel duomo di Augusta, ugualmente parleriano, la lunetta dovette essere realizzata intorno al 1360. Dieci anni più tardi venne scolpita la lunetta con la raffigurazione della Passione, inserita nel portale del fianco nord, in cui l'elemento narrativo risulta ancora più esaltato e l'evento si scioglie in una molteplicità di scene. Tali caratteristiche modalità narrative, peculiari di questo rilievo, raggiungono l'apice in altre scene dello stesso portale, quelle con la Vita di Maria e in particolare quella con la Partenza dei re Magi, che, secondo Wortmann (1978c, pp. 328-329), dovettero essere realizzate ancora vivo l'artista. A Heinrich risalgono il primo progetto della chiesa con l'impianto del coro - che nel motivo dell'arco cieco teso fra i contrafforti al di sopra delle finestre è assimilabile a quello di Schwäbisch Gmünd - e il corpo longitudinale 'a sala', con tre navate di uguale ampiezza e un'insolita dimensione in larghezza che in totale supera m 50.Il maestro Michael, citato in una fonte del 1387, fu evidentemente attivo nel cantiere tra questo maestro Heinrich e un altro maestro dallo stesso nome, Heinrich il Giovane, ma si ignora con quale mansione e per quanto tempo. Non esiste alcuna testimonianza che egli sia lo stesso Michael attestato a Praga fino al 1383. È interessante la citazione del nome, anche per il fatto che tra le parti attribuibili a Heinrich il Vecchio e quelle attribuibili a Heinrich il Giovane, se ne trovano alcune, nella zona del coro e nei contrafforti della sagrestia, in cui compaiono complesse forme di traforo evidentemente influenzate dall'ambito praghese.Heinrich il Giovane è citato nell'aprile del 1387 quale capomastro del duomo di Ulma. Egli ottenne, secondo consuetudine, un contratto quinquennale, dal momento che nel 1391 egli lasciò Ulma per ricomparire nel novembre dello stesso anno a Milano, dove per un breve periodo lavorò al cantiere del duomo. Qui non riuscì ad affermarsi, come altri maestri tedeschi, e nel maggio del 1392 venne licenziato. Dato che nei documenti milanesi egli viene ricordato tanto come "magister Henricus de Ulma inzignerius fabricae", quanto come "Enricus de Gamondia", appare evidente che si debba trattare del più giovane maestro Heinrich di Ulma e che, data la sua origine da Schwäbisch Gmünd, l'artista si fosse formato nella cerchia dei P. o avesse fatto addirittura parte della famiglia. Nel duomo di Ulma, sotto Heinrich il Giovane fu costruita la parte dalla quinta all'ottava campata del corpo longitudinale; in questa fase del cantiere, il livello raggiunto dagli scultori si manifesta fra i più alti, come attestato sia dalle figure possenti ed espressive della lunetta della Genesi nel portale occidentale sia dalle mensole figurate del Reisnadelmeister. Le mensole delle campate, eseguite sotto la sua direzione, si contraddistinguono per un motivo fogliato particolarmente elegante e naturalistico. Dodici su quattordici presentano motivi figurati, sette sono segnate dal marchio lapidario che ha dato origine al nome di Reisnadelmeister per colui che le eseguì, sebbene si sia trattato di un garzone di bottega. In alcuni casi all'interno dei tralci si nascondono piccole figure accovacciate, nell'atto di leggere o di far musica, in altri il motivo vegetale si sviluppa - come nel già citato busto dello Schnütgen-Mus. di Colonia - come una corona dal capo di figure femminili. Appare qui, in tutta la sua evidenza, l'adozione a modello della scultura praghese.Molto più complicato è delineare lo stile di questo maestro in campo architettonico, dato che in tale ambito egli si trovava necessariamente legato all'operato dei suoi predecessori. La sua biografia, che malgrado le lacune può tuttavia ricostruirsi nei tratti fondamentali, permette di riconoscere ancora una volta quanto stretto e vincolante fosse il legame di famiglia e come gli scalpellini usciti da questo nucleo familiare continuassero a rimanere segnati dai suoi tratti caratteristici. Appartenente alla generazione dei figli di Peter, Wentzel e Johann, questo maestro Heinrich nacque a Schwäbisch Gmünd, dove probabilmente condusse l'apprendistato, ma ricevette la sua vera formazione professionale nel cantiere di Praga. Quando raggiunse un'età tale da poter avere committenze autonome, ottenne la guida del cantiere, che già in precedenza era stato nelle mani di maestri parleriani.Anche dopo la scomparsa dei diretti eredi di Heinrich l'influsso dei P. non si esaurì e le formule stilistiche di Schwäbisch Gmünd, Praga e Ulma continuarono a perpetuarsi anche grazie ad artisti non direttamente appartenenti alla famiglia. Così Ulrich von Ensingen (1360/1370-1419), che a Ulma si era formato con Heinrich il Vecchio e a Praga aveva acquisito un'importante esperienza, prese nelle sue mani il cantiere di Ulma nel 1392 e l'importante cantiere di Strasburgo nel 1399. L'idea da lui concepita della torre ottagona circondata da quattro torri scalari libere sembra in effetti trovare un'origine nell'ambito del cantiere di Praga, ambiente cui del resto fanno riferimento molti dettagli della costruzione.Anche Hans von Burghausen (1355/60-1432), maestro attivo a Landshut, dovette essersi formato nel cantiere di Praga, e lo stesso vale per Madern Gerthner (ca. 1360-1430/1431), l'importante architetto del duomo di Francoforte, come pure, tra gli altri, per il maestro anonimo della chiesa di S. Vito a Český Krumlov, in Boemia.
Bibl.: J. Neuwirth, Die Wochenrechnungen und der Betrieb des Prager Dombaues in den Jahren 1372-1378, Praha 1890; id., Peter Parler von Gmünd, Dombaumeister in Prag und seine Familie, Praha 1891; G. Dehio, G. von Bezold, Die kirchliche Baukunst des Abendlandes, II, 5, Stuttgart 1901; J. Opitz, Die Plastik in Böhmen zur Zeit der Luxemburger, Praha 1936; H. Reinhardt, Johannes von Gmünd, Baumeister an den Münstern von Basel und Freiburg und sein Sohn Michael von Freiburg, Werkmeister am Strassburger Münster, ZSchwAKg 3, 1941, pp. 137-152; K.H. Clasen, Deutsche Gewölbe der Spätgotik, Berlin 1958 (rec.: N. Pevsner, ArtB 41, 1959, pp. 333-336); H. Bock, Der Beginn der spätgotischen Architektur in Prag. Peter Parler und die Beziehung zu England, WRJ 23, 1961, pp. 191-210; G. Schmidt, Peter Parler und Heinrich IV. Parler als Bildhauer, WienJKg 23, 1970, pp. 108-153; R. Recht, L'Alsace gothique de 1300 à 1365, Colmar 1974, p. 75; R. Wortmann, Hallenplan und Basilikabau der Parler in Ulm, in 600 Jahre Ulmer Münster (Forschungen zur Geschichte der Stadt Ulm, 19), Stuttgart 1977, pp. 101-125; Die Parler und der Schöne Stil 1350-1400. Europäische Kunst unter den Luxemburgern, cat., 5 voll., Köln 1978-1980; R. Lauer, Köln, Dom, Petersportal, ivi, I, pp. 159-168; A. Legner, Konsolbüste einer jungen Frau mit dem Parlerzeichen, ivi, p. 187; E. Adam, Freiburg im Breisgau, Obergeschosse der Hahnentürme, Chor, ivi, pp. 293-296; H. Meurer, Die Skulptur der Heiligkreuzkirche in Schwäbisch Gmünd, ivi, pp. 321-323; R. Wortmann, Die Heiligkreuzkirche zu Gmünd und die Parlerarchitektur in Schwaben, ivi, 1978a, pp. 315-318; id., Das Ulmer Münster unter den Parlern, ivi, 1978b, p. 325; id., Die Parlerplastik des Ulmer Münsters, ivi, 1978c, pp. 328-332; D. Libal, Die Baukunst, ivi, II, pp. 619-621; B. Schock-Werner, Die Parler, ivi, III, pp. 7-12; R. Suckale, Peter Parler und das Problem der Stillagen, ivi, IV, 1980, pp. 175-183; B. Baumüller, Der Chor des Veitsdomes in Prag, Berlin 1994.B. Schock Werner