PAROTIDE (dal gr. παρά "presso" e οὖς "orecchio")
Nell'uomo è la più importante delle ghiandole salivari (v. digerente, apparato, XII, p. 814).
La parotide è spesso sede d'importanti processi morbosi. I suoi rapporti con grossi vasi e con il nervo facciale ne rendono gravi le ferite e gl'interventi. La lesione del nervo paralizza la metà della faccia (muscoli). Molti processi si localizzano nella ghiandola, alcuni anche nel dotto di Stenone, altri solo in questo. Consideriamo le ferite, le fistole salivari, le infiammazioni, i tumori.
1. Le ferite più comuni sono da taglio: possono interessare la ghiandola o il dotto. Le prime sono gravi per le lesioni vascolo-nervose, le seconde per la frequente permanenza di fistole salivari. Il sintomo delle ferite è lo scolo salivare. In quelle transfosse della guancia la saliva può scolare all'esterno e in bocca. In quelle della ghiandola l'emorragia maschera lo scolo salivare, che si appalesa quando sia frenata l'emorragia; in quelle del dotto si manifesta subito. Lo scolo è più evidente durante la masticazione: è più abbondante nelle ferite del dotto, che in quelle della ghiandola, perché dal dotto proviene tutta la saliva, mentre dalla ghiandola viene solo quella di uno o due dotti secondarî lesi. La cura delle ferite della ghiandola consiste nella sutura con fasciatura compressiva, di quelle del dotto nel tentativo di ripristinarne la continuità. Spesso l'intervento sul dotto è inefficace, permanendo una fistola.
2. Le fistole salivari seguono spesso a ferite. Quelle della ghiandola tendono a guarire in alcune settimane per atrofia del lobulo interessato; quelle del dotto non hanno tendenza alla guarigione spontanea. La saliva scola o in bocca o dalla guancia o da ambedue le parti (fistola interna od orale, esterna o masseterina, mista). L'esterna è la più molesta, perché a ogni pasto tutta la saliva parotidea (50 cc. e più) scola dalla guancia: il paziente avvilito evita i commensali. Le fistole della ghiandola guariscono più presto con la compressione e con la dieta liquida insipida prolungata, quelle del dotto richiedono l'opera del chirurgo, che, se non riesce a ripristinare la normale viabilità, trasforma in interna la fistola: la saliva viene così a scolare in bocca e l'orificio esterno si chiude. Sono stati proposti anche altri metodi di cura, specialmente per le fistole della porzione masseterina del dotto: il reimpianto nel dotto, la ricostruzione plastica (K. Nicoladoni), la creazione alla parotide di una via collaterale di escrezione e, infine, la soppressione funzionale della ghiandola parotide, sia con la legatura del moncone prossimale del dotto di Stenone, sia con la disinnervazione della ghiandola per mezzo della disinnervazione del nervo auricolo-temporale (R. Leriche).
3. Le infiammazioni possono interessare il dotto (stenoniti) e sono mantenute di solito da calcoli (v. calcolosi: Calcolosi salivare). Le più importanti colpiscono le ghiandole (parotiti). Ve ne sono acute e croniche. Tra le prime consideriamo le seguenti: a) La parotite epidemica (vedi).
b) La parotite post-infettiva non è frequente. Può insorgere nel tifo, nella scarlattina, nel vaiuolo, nella polmonite, ecc.; più nelle setticopiemie. Spesso il germe causale è diverso da quello della malattia primitiva: è probabile che l'introduzione avvenga dalla bocca per il dotto e la diminuita secrezione salivare è invocata come predisponente. Di solito sono colpite successivamente le due parotidi. La sintomatologia è più grave che nella parotite epidemica. Se dopo 5-6 giorni l'infiammazione continua ad accentuarsi, segue la suppurazione. Essa richiede l'intervento. La mortalità è molto elevata.
c) La parotite post-operatoria somiglia per i sintomi alla precedente, ma è più rara: si nota per lo più dopo laparatomie anche asettiche. Si ammette come solita l'infezione dalla bocca. La suppurazione è meno frequente e la mortalità assai meno elevata.
Tra le infiammazioni croniche si notano le non specifiche (da calcolosi, da stenosi del dotto) e le specifiche (tubercolari, sifilitiche, actinomicotiche). Per l'ipertrofia delle parotidi v. mikulicz-radecki. La cura delle specifiche è generale.
4. Fra i tumori consideriamo anche le cisti salivari da ritenzione (eccezionalmente congenite). Sono indolenti, crescono con lentezza. Si curano radicalmente con l'asportazione. Ricordiamo ancora fra i tumori molli gli angiomi cavernosi. Più frequenti sono i tumori solidi, di cui notiamo i misti e i carcinomi.
I misti sono costituiti da tessuti di varia origine: vi prevale il cartilagineo. S'iniziano nell'età media e con lentezza (10-20 e più anni) e raggiungono considerevole volume. Sono circoscritti da capsula, indolenti, non ledono il nervo facciale e di regola sono benigni. Si ritengono causati da inclusioni embrionali. Talvolta si nota la trasformazione (metaplasia) maligna e un decorso simile a quello dei carcinomi. Per la possibile metaplasia si consiglia di asportare i tumori misti finché sono capsulati e benigni. Il carcinoma s'inizia verso i 40-50 anni; più di rado prima, meno dopo. Può essere duro (scirroso), con decorso meno rapido (2-3 anni), ma con precoce tendenza all'infiltrazione delle ghiandole linfatiche, della cute, anche del condotto uditivo. Provoca plesto la paralisi del facciale e spesso ipoacusia. Frequenti le nevralgie. Può essere molle (midollare) a sviluppo rapido e a breve decorso (1 anno), con precoci nevralgie, ma con meno precoce paralisi del facciale. Estese metastasi linfatiche. Ambedue le forme sono di prognosi infausta. Nei primi stadî si può tentare l'asportazione completa della parotide, intervento grave, che implica il sacrificio del nervo facciale e che in pochi casi riesce radicale.