PARRI Spinelli
PARRI Spinelli. – Nacque ad Arezzo intorno al 1387, figlio primogenito del famoso pittore Spinello di Luca, detto Spinello Aretino, e della prima moglie Antonia di Giovanni da Arezzo. L’anno di nascita si evince dalla dichiarazione al Catasto fiorentino del 1427 (Salmi, 1914) in cui è dichiarato quarantenne. Il suo nome di battesimo fu Guasparri, anche se già nei coevi documenti aretini è attestato l’abbreviativo Parri, consacrato infine da Giorgio Vasari (1550 e 1568), suo primo biografo.
Figlio d’arte, Parri dovette avviarsi al mestiere di pittore compiendo il proprio apprendistato presso il padre, al fianco del quale lo attestano i primi documenti a lui relativi. Il più antico, datato 9 aprile 1405 (Milanesi, 1854), registra un pagamento versato a Parri per gli affreschi, oggi perduti, avviati l’anno prima dal padre nella cappella di S. Ansano nel duomo di Siena. Pochi anni più tardi fu allogata (18 giugno 1407) l’affrescatura della sala di Balìa, detta allora ‘sala nova’, nel Palazzo pubblico di Siena: a Martino di Bartolomeo spettarono le volte e il resto a Spinello Aretino, il quale «ad dictas picturas faciendum promisit esse continue et secum habere [...] filium suum» (Milanesi, 1854), cioè l’ormai ventenne Parri. Non paiono convincenti le proposte (Donati, 1964; Borri Cristelli, 1993 e 2006) di riconoscere la mano del giovane Parri nelle Storie di papa Alessandro III ivi realizzate da Spinello, evidentemente grazie all’intervento di aiuti, ma con una spiccata omogeneità di risultato stilistico.
Dell’attività giovanile di Parri non si conoscono opere certe. Tra quelle attribuitegli in questa prima fase (1405-1415 circa; Donati, 1964, Borri Cristelli, 1993 e 2006), si segnalano alcuni lacerti di affresco che, oltre a recare la marcata impronta di Spinello, rivelano già una sensibilità tardogotica per forme più aguzze e linee taglienti.
Il dipinto, più antico, perché più spinelliano, è l’affresco con i Ss. Donnino e Nicola entro edicole nella chiesa di S. Francesco ad Arezzo. A questo è da avvicinare la grande Annunciazione, ormai ridotta a una larva, dipinta nella cappella del Palazzo pretorio di Arezzo, forse non molto dopo il 1404, quando l’edificio divenne sede delle carceri e ufficio del magistrato di giustizia. Sembra poi di poter rintracciare l’intervento di Parri nei frammenti della Cacciata degli angeli ribelli (Londra, National Gallery; Arezzo, Museo nazionale d’arte medievale e moderna), provenienti dal grande affresco del distrutto oratorio della Compagnia di S. Michele Arcangelo di Arezzo, che Vasari dice realizzato da Spinello Aretino negli ultimi anni della sua vita (morì nel 1411): è in particolar modo la figura del S. Michele Arcangelo che nelle linee fluide e affilate mostra gli accenti tardogotici tipici di Parri. Successivamente, all’inizio del secondo decennio del Quattrocento, deve risalire l’affresco, anch’esso staccato e frammentario, raffigurante la Visione di s. Francesco e Concessione del Perdono di Assisi posto sulla parete sinistra in S. Francesco ad Arezzo, identificabile con quello menzionato da Vasari che lo dice di mano di Spinello e ubicato nella cappella Marsuppini (non più esistente). Ben confrontabile con il volto del papa Onorio III in questo affresco è la figura della Vergine annunciata, un ulteriore frammento di affresco proveniente da una casa aretina e ora conservato nel convento di S. Francesco. È infine probabile che Parri abbia realizzato il volto della Vergine e il coronamento architettonico del trono dell’affresco, staccato, raffigurante la Madonna col Bambino fra i ss. Lorenzo e Antonio Abate (Arezzo, Museo nazionale d’arte medievale e moderna) per il resto attribuibile a Giovanni d’Agnolo di Balduccio, e un tempo recante la data 1414 (Del Vita, 1927).
Arezzo fu, a quanto sappiamo, l’unico teatro dell’attività di Parri Spinelli. Qui egli è attestato dai successivi documenti noti su di lui, la lista (1410) degli «homini ghibellini» nominati «ufficiali di custodia» della città di Arezzo (Borri Cristelli, 2006), e la portata al Catasto cittadino del 1418-19, in cui figura proprietario di beni con il fratellastro Baldassarre (Borri Cristelli, 2006). Non è detto però che Parri, dopo le esperienze senesi al fianco del padre, non si sia più mosso da Arezzo: sembra anzi probabile, come ipotizzato da più autori (Refice, 1951; Donati, 1964; Zucker, 1973), che dopo la morte del padre egli abbia soggiornato a Firenze, dove viveva lo zio Niccolò con i figli, tutti praticanti l’arte orafa.
Non va dimenticato che Vasari parla addirittura di un apprendistato di Parri nella bottega di Lorenzo Ghiberti, forse solo un espediente dello storico aretino per nobilitarne la formazione, ma utile anche a spiegare il virare del suo stile verso un linguaggio pienamente in sintonia con il gotico internazionale. È infatti necessario immaginare che Parri abbia conosciuto direttamente l’arte fiorentina nel suo momento più flamboyant, intorno alla metà del secondo decennio del Quattrocento, per spiegare almeno in parte la personalissima evoluzione stilistica verso quella «varietà incantevole [...] dello stile cosmopolitano» riconosciutagli da Roberto Longhi (1951). Frutto di questo aggiornamento sembrano essere gli Angeli musicanti, frammenti superstiti di un affresco, distrutto, con la Madonna in trono e santi in S. Domenico ad Arezzo, recante gli stemmi della famiglia Alberti. L’inarcarsi dei corpi e il vorticoso svolazzare dei panneggi rivelano la ricerca di eleganze estreme, certamente ispirata dalle opere più intensamente goticheggianti di Lorenzo Monaco e di Ghiberti. A questa fase, databile tra secondo e terzo decennio del XV secolo, appartiene anche il frammentario affresco del Matrimonio mistico di s. Caterina sempre in S. Domenico.
Nel 1427 Parri presentò la citata portata al Catasto di Firenze: questo documento, redatto dal fratellastro Baldassarre che viveva con Parri, la moglie e la figlia di quest’ultimo, lascia intravedere una situazione economica non troppo disagiata, ma al contempo asserisce che a quella data «Guasparri è infermo e non può guadagniare denaio e chosì è stato circha otto anni infermo ed è». Tale informazione sembra confermata da una successiva portata al Catasto fiorentino, ancora non rintracciata ma nota a Ugo Procacci (1961) che la dice datata 2 agosto 1431, in cui Parri sarebbe descritto «infermo nella mente per modo che non può lavorare». Quest’ultima notazione sembra quasi convergere con l’aneddoto vasariano secondo cui il trauma causato a Parri da un’aggressione armata fu, «secondo che si dice», la ragione per cui «oltre al fare le figure pendenti in sur un lato, le fece quasi sempre da indi in poi spaventaticce» (Vasari, 1550 e 1568, 1971, p. 120), ben cogliendo a suo modo certi tratti stilistici propri delle opere tarde del pittore. Le notizie di una malattia che avrebbe reso Parri inabile al lavoro per quasi tutti gli anni Venti del Quattrocento sembrano spiegare la pressoché totale assenza di opere databili a quel periodo. È infatti solo a partire dal 1428 che è possibile collocare cronologicamente le altre opere conosciute del pittore, quasi tutte menzionate nella ‘vita’ vasariana. È Vasari che collega l’affresco della Madonna della Misericordia nella chiesa di S. Maria delle Grazie ad Arezzo con una predicazione di Bernardino da Siena in città, avvenuta nella Quaresima del 1428, quando il futuro santo spinse gli aretini a distruggere una fonte di età pre-romana dove ancora si praticavano riti occulti, per erigervi un santuario e dipingervi un’immagine mariana, come confermato dai documenti di canonizzazione e dalla sua biografia quattrocentesca, che però non citano il nome del pittore (Tafi, 1973). Non v’è ragione dunque per allontanare troppo dal 1428 l’esecuzione dell’affresco, successivamente staccato con il suo parato murario per essere posto sul nuovo altare commissionato ad Andrea della Robbia nel 1487.
Nel 1435 fu allogata al pittore la tavola raffigurante la Madonna della Misericordia fra i ss. Lorentino e Pergentino (Arezzo, Museo nazionale d’arte medievale e moderna), realizzata per l’oratorio aretino dedicato ai due martiri su commissione della Confraternita di S. Maria, oggi detta Fraternita dei Laici. Dai documenti risulta che l’opera fu consegnata in ritardo e saldata nel dicembre 1437 con trenta lire, in aggiunta alle quaranta pattuite inizialmente, «stantiate [...] per cio che [Parri] potesse dimandare per casgione de la tavola [...] et etiandio per limosina» (Salmi, 1914). Altre opere certe della tarda attività di Parri sono l’affresco, staccato, raffigurante la Crocifissione e santi (Arezzo, Conservatorio di S. Caterina, già spedale di S. Cristoforo), recante un’iscrizione con la data 1444 e, stando alla descrizione vasariana, già posto sulla parete di fondo di una cappella interamente affrescata dal pittore, oggi distrutta. L’ultima opera nota dell’artista è l’affresco raffigurante la Madonna della Misericordia fra s. Donato e il Beato Gregorio X tuttora conservato nel palazzo della Fraternita dei Laici di Arezzo, nella sala un tempo detta dell’Udienza Nova, relativamente al quale sussistono dei pagamenti a Parri del 1448 (Salmi, 1914; Donati, 1964), anno in cui dovette essere completata la sala medesima.
Le altre opere attribuite a Parri possono essere datate per motivi stilistici al suo ultimo venticinquennio di vita. Più prossima all’affresco di S. Maria delle Grazie del 1428 circa sembra essere l’affrescatura di una distrutta cappella nei pressi del duomo vecchio di Arezzo, detta Maestà del Pionta, assai lodata da Vasari e di cui oggi rimangono solo cinque frammenti nel Museo nazionale d’arte medievale e moderna di Arezzo. Più vicini invece alla pala dei Ss. Lorentino e Pergentino del 1435-37 sembrano essere l’affresco, anch’esso molto lodato da Vasari e oggi in condizioni assai frammentarie, raffigurante la Madonna in trono fra i ss. Quattro Coronati e loro storie della cappella degli Scalpellini, Muratori e Legnaioli in S. Francesco ad Arezzo, e quello raffigurante la Crocifissione fra i ss. Nicola e Domenico, due Storie di s. Nicola e S. Caterina d’Alessandria in S. Domenico, già cappella di S. Nicola. Più tardi sembrano essere i due affreschi a monocromo – questi non menzionati da Vasari – raffiguranti la Crocifissione (Arezzo, Palazzo comunale) e una Scena di battaglia (Arezzo, Museo nazionale d’arte medievale e moderna) proveniente dalla distrutta decorazione del chiostro della badia delle Ss. Flora e Lucilla di Arezzo.
Se ancora incerta è l’attribuzione di oreficerie a Parri (Lorenzo Ghiberti, 1978), vanno invece ricordati gli splendidi disegni a penna dell’artista, già noti a Vasari e oggi conservati principalmente presso il Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, che costituiscono il più antico corpus grafico di una certa consistenza oggi conosciuto (Degenhart - Schmitt, 1968; I disegni antichi, 1978; Zucker, 1981); da aggiungere infine le numerose sinopie ritrovate dopo gli stacchi degli affreschi: di altissima qualità, testimoniano – ancor più che l’opera pittorica – la singolarità della ricerca artistica di Parri che, senza volere o potere aggiornarsi oltre le più fiammeggianti novità gotiche del primo Quattrocento, seppe elaborare una cifra stilistica pervicacemente originale, forse la voce più isolata e al tempo stesso più ‘internazionale’ del tardogotico toscano.
Parri morì ad Arezzo in prossimità del 9 gennaio 1453, data della sepoltura nella chiesa aretina di S. Marco in Murello (Pasqui, 1917).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le Vite (1550 e 1568), a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, III, Firenze 1971, pp. 111-121; G. Milanesi, Documenti per la storia dell’arte senese, II, Siena 1854, pp. 19-33; A. Del Vita, Documenti su due pitture di P. S., in Rassegna d’arte, XIII (1913), 5, pp. 84-86; M. Salmi, Documenti su P. S., in L’Arte, XVI (1913), pp. 61-64; A. Del Vita, Documenti su Spinello Aretino e la sua famiglia, in Rassegna bibliografica, XIX (1916), pp. 94-97.
J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A new history of painting in Italy from the second to the sixteenth century, II, London 1864, pp. 25-28; O. Sirén, Don Lorenzo Monaco, Strassburg 1905, pp. 173-174; Id., A late gothic poet of line (earlier period), in The Burlington Magazine, XXIV (1913), pp. 323-330; M. Salmi, Vita di P. S., Firenze 1914; O. Sirén, A late gothic poet of line (later period), in The Burlington Magazine, XXV (1914), pp. 107-114; U. Pasqui, Pittori aretini vissuti dalla metà del sec. XII al 1527, in Rivista d’arte, X (1917), pp. 76-78; O. Sirén, Pictures by P. S., in The Burlington Magazine, XLIX (1926), pp. 117-125; A. Del Vita, Giovanni d’Agnolo di Balduccio, pittore aretino della prima metà del XV secolo, in Bollettino d’arte, n. s., VII (1927), pp. 446-464; R. van Marle, The development of the Italian schools of painting, IX, The Hague 1927, pp. 220-238; F.M. Perkins, S., P., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXXI, Leipzig 1937, p. 388; B. Berenson, The drawings of the Florentine painters, I, Chicago 1938, pp. 326 s., II, Chicago 1938, pp. 252-254 (cat. 1837 A-L); R. Longhi, La mostra di Arezzo, in Paragone, II (1951), 15, p. 55; C. Refice, P. S. nell’arte fiorentina del suo tempo, in Commentari, II (1951), 3-4, pp. 196-200; L. Berti, in II mostra di affreschi staccati (catal.), a cura di U. Baldini - L. Berti, Firenze 1958, pp. 61-63; U. Procacci, Sinopie e affreschi, Milano 1961, pp. 60 s.; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. The Florentine School, a cura di N. Mariano, I, London 1963, p. 166; P.P. Donati, Notizie e appunti su P. S., in Antichità viva, III (1964), 1, pp. 15-24; Id., Contributo a Spinello Aretino e alla sua scuola, ibid., 4, pp. 11-24; L. Bellosi, I maestri del colore. La pittura tardogotica in Toscana, Milano 1966, pp. nn.; U. Procacci, Sull’attività giovanile dei due Spinello, in Commentari, XVII (1966), pp. 56-72; B. Degenhart - A. Schmitt, Corpus der Italienischen Zeichnungen. 1300-1450, I. Süd- und Mittelitalien, II, Berlin 1968, pp. 277-281, 303-310, IV, Berlin 1968, tavv. 203 s., 223-233; M.J. Zucker, A new drawing by P. S. and an old one by Spinello, in Master drawings, VII (1969), pp. 400-404; A. Tafi, S. Maria delle Grazie ad Arezzo, Arezzo 1973, pp. 26-36; M.J. Zucker, P. S.: Aretine painter of the fifteenth century, Ph. Diss., New York, Columbia University, 1973; Id., P. S.’s lost Annunciation to the Virgin and other Aretine Annunciations of the fourteenth and fifteenth century, in The Art Bulletin, LVII (1975), pp. 186-195; I disegni antichi degli Uffizi. I tempi del Ghiberti (catal.), a cura di L. Bellosi - F. Bellini, Firenze 1978, pp. 36-47; Lorenzo Ghiberti: «materia e ragionamenti» (catal.), a cura di L. Bellosi, Firenze 1978, pp. 112-116; M.J. Zucker, Vasari and P. S. A study of Renaissance and modern attitudes towards the personality of artists, in Gazette des beaux-arts, CXXI (1979), pp. 199-206; Id., P. S. drawings reconsidered, in Master drawings, XIX (1981), pp. 426-481; L. Borri Cristelli, Influenze senesi in P. S., in Antichità viva, XXXII (1993), 3-4, pp. 15-24; Ead., Considerazioni su un affresco attribuito a P. S., in Arte cristiana, LXXXIII (1995), pp. 91-100; M.J. Zucker, Drawings by P. S., the gothic El Greco, in Drawing, XVII (1995), pp. 7-12; A. Staderini, Qualche proposta per la pittura aretina del primo ’400, in Arte cristiana, XCI (2003), pp. 103-116; L. Borri Cristelli, Riflessioni su P. S. e sulla pittura aretina nella prima metà del Quattrocento, ibid., XCIV (2006), pp. 321-336, 409-422 (con bibliografia); Ead., P. S., un protagonista del tardo gotico aretino, in Arte in terra d’Arezzo. Il Quattrocento, a cura di L. Fornasari - G. Gentilini - A. Giannotti, Firenze 2008, pp. 33-48.