Abstract
La partecipazione è un principio caratterizzante del diritto amministrativo odierno, a tutti i livelli di governo. Diversamente dal contraddittorio, che si giustifica in funzione di difesa, la partecipazione assolve ad una pluralità di scopi: l’irrobustimento della base informativa su cui l’amministrazione adotta le sue decisioni, l’incremento della legittimazione della decisione, la prevenzione del contenzioso.
La partecipazione si svolge nel procedimento amministrativo grazie alla comunicazione d’avvio del procedimento e alle garanzie di partecipazione, il cd. accesso infra-procedimentale e la possibilità di presentare memorie scritte e documenti. Tali garanzie sono però escluse nella disciplina dei procedimenti volti all’adozione di misure generali, anche se la prassi delle consultazioni caratterizza larga parte dell’attività regolatoria delle amministrazioni.
La partecipazione può anche dar luogo a manifestazioni patologiche, quali la partecipazione sovrabbondante, simbolica o aggressiva.
La partecipazione è principio informatore del diritto amministrativo contemporaneo. Per la giurisprudenza amministrativa nazionale “costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico” correlato con i canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento (Cons. St., sez. IV, 25.9.1998, n. 569 e Cons. St., sez. V, 22.5.2001, n. 2823).
Il principio di partecipazione si registra negli ordinamenti giuridici ai diversi livelli di governo, anche se in forme diverse: globale, europeo, nazionale, regionale e locale.
Il nucleo originario della partecipazione “confina” con il principio di difesa dell’amministrato nei riguardi dell’amministrazione (così, D’Alberti, M., Lezioni di diritto amministrativo, Torino, 2012, 41): nei sistemi di common law si è, infatti, dapprima affermato un right to be heard riconosciuto a colui nei riguardi del quale il pubblico potere stesse per adottare una decisione in qualche modo afflittiva o diminutiva della sfera giuridica patrimoniale (sanzione, espropriazione, ecc.).
Ma la partecipazione all’esercizio del potere amministrativo è divenuta, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, sempre più la cifra della relazione tra pubblici poteri e cittadini, anzi – come è stato sostenuto – «a ben vedere, la serie consona alle tendenze attuali non può che essere la seguente: legittimazione-consenso-legittimità, dove la legittimità dell’atto è il risultato non solo dell’uso del potere da parte delle autorità […] ma anche dell’intervento da parte del cittadino nell’esercizio della funzione (consenso)» (Benvenuti, F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, Venezia, 1994, 103).
La partecipazione, pertanto, si emancipa e si rende autonoma dal contraddittorio quando acquista in dottrina una sua propria rilevanza problematica (Nigro, A., Il nodo della partecipazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 225) e quando contribuisce a trasformare la struttura del procedimento dalla originaria logica bipolar (tipica della controversia fra amministrazione e cittadino) ad una logica multipolar (Stewart, R.B., The reformation of american administrative law, in HLR, 1965, 1772) necessaria all’esercizio della discrezionalità (Giannini, M.S., Il potere discrezionale della pubblica amministrazione: concetto e problemi, Milano, 1939, 78, dove si parla di discrezionalità come di “ponderazione […] dell’interesse pubblico nei confronti di altri interessi specifici”). A seguito della right’s revolution, negli Stati Uniti degli anni Sessanta del secolo scorso si afferma e da lì si diffonde un nuovo modello di procedimento amministrativo, l’interest representation model, che supera il tradizionale modello adversary del trial type, aprendosi alla dimensione degli interessi (in generale, sul punto, v. Rabin, R.L., Perspectives on the administrative process, Boston, 1979, 7).
Attraverso la partecipazione si realizza una sorta di surrogazione del political process (McCubbins, M.D.-Noll, R.G.-Weingast, B.R., Administrative procedures as instruments of political control, in Journal of law, economics and organization, 1987, 244-245) con la prospettiva di rafforzare la legittimazione necessaria al buon funzionamento delle istituzioni e di assicurare «the fair representation of a wide range of affected interests in the process of administrative decision» (Stewart, R.B., The Reformation of American Administrative Law, in HLR, 1670). L’adeguata considerazione degli interessi introdotti attraverso la partecipazione consente «their due accomodation» (ivi, 1774).
L’originaria funzione di difesa e di garanzia viene così arricchita da un approccio collaborativo con gli amministrati (Cassese, S., La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche. Saggio di diritto comparato, in Riv. trim. dir. pubbl., 13): in base a questo l’amministrazione è tenuta a considerare tutti gli interessi rilevanti accentuando la dimensione razionale della decisione e portando «ad evidenza giuridica l’intero procedimento conoscitivo che sta alla base dell’atto amministrativo» (Allegretti, U., L’imparzialità amministrativa, Padova, 1965, 228) anche per rispondere ad un’esigenza di fairness (Galligan, D.J., Due process and fair procedures, Oxford, 1996).
La partecipazione, pertanto, non ha prevalentemente lo scopo di garantire il privato nei riguardi dell’azione del pubblico potere ma quello di contribuire in termini conoscitivi al processo di assunzione di decisioni pubbliche (Nigro, M., Il nodo della partecipazione, cit., 225). Non sono, pertanto, poste in evidenza solo le ragioni di tutela del cittadino, ma anche quelle che mirano ad apportare all’amministrazione elementi di conoscenza per il più corretto esercizio del poteri discrezionali (Cons. St., sez. VI, 8.4.2003, n. 1882; Cons. St., sez. IV, 13.12.2001, n. 6238).
Inoltre, la partecipazione non ha più solo un esito provvedimentale ma è la premessa per il ricorso ad accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento (disciplinati proprio nel capo III della legge n. 241/1990, «Partecipazione al procedimento amministrativo», art. 11; sul punto sia consentito il rinvio a De Benedetto, M., Istruttoria amministrativa e ordine del mercato, Torino, 2008, 117; di recente Napolitano, G., La logica del diritto amministrativo, Bologna, 2014, 219).
La l. 8.8.1990, n. 241 ha dettato la prima disciplina generale italiana della partecipazione procedimentale, agli artt. 7-10.
Sono state, così, disposte dalla legge garanzie procedimentali che costituiscono la vera e propria “ossatura” dell’istruttoria del procedimento amministrativo, anche se la loro applicazione risulta di fatto limitata alle misure particolari.
Tre sono i pilastri della partecipazione procedimentale. Da un lato, la comunicazione d’avvio del procedimento (art. 7) ai destinatari diretti e indiretti del provvedimento finale. Dall’altro, la possibilità di prendere visione degli atti del procedimento e la possibilità di presentare memorie scritte e documenti (art. 10).
Nella legge italiana sul procedimento amministrativo le garanzie partecipatorie sono pertanto strumentali sia all’instaurazione di un vero e proprio contraddittorio procedimentale (in funzione di difesa) quanto allo svolgimento della più generale e ampia partecipazione. Sono inoltre dirette ad assicurare un contraddittorio (o una partecipazione) essenzialmente in forma scritta, diversamente da altre soluzioni ordinamentali in cui si prevede anche la forma orale (si pensi alle hearings istruttorie statunitensi).
Diversa è, come ricordato, la disciplina della partecipazione se abbiamo riguardo alle misure particolari e alle misure generali.
La previsione da parte della l. n. 241/1990 di un’ampia partecipazione procedimentale nelle misure particolari (secondo una formulazione atta a ricomprendervi sia il contraddittorio che la partecipazione in senso proprio) costituisce un assetto normativo ad applicazione generale per il diritto del privato di difendere le proprie ragioni e di tutelare i propri interessi nel corso del procedimento. Tale assetto prevede un obbligo di comunicazione di avvio del procedimento in capo all’amministrazione e il diritto di “visione” e di “voce” (D’Alberti, M., La ‘visione’ e la ‘voce’: le garanzie di partecipazione ai procedimenti amministrativi, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000) quali garanzie di partecipazione del destinatario, diretto o indiretto, degli effetti del provvedimento amministrativo. Alcuni procedimenti retti da una disciplina speciale possono prevedere più stringenti garanzie di contraddittorio (è il caso della doppia audizione prevista nel procedimento antitrust) o di partecipazione (è il caso dei procedimenti in materia ambientale, come la V.i.a.).
L’art. 7 della l. n. 241/1990 statuisce che «ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento» l'avvio del procedimento è oggetto di una apposita comunicazione ai «soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi». La comunicazione d’avvio è dovuta anche «qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari».
L’obbligo di prior notice incombe sull’amministrazione in funzione strumentale all’esercizio del contraddittorio e della partecipazione: in altri termini, scopo della comunicazione d’avvio è la presentazione di “memorie”.
L’art. 8 della legge prevede poi che «l'amministrazione provvede a dare notizia dell'avvio del procedimento mediante comunicazione personale» e che nella comunicazione debbano essere indicati l'amministrazione competente, l'oggetto del procedimento promosso, l'ufficio e la persona responsabile del procedimento nonché l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti. Peraltro, se «per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa», l'amministrazione può provvedere mediante forme di pubblicità idonee.
L’art. 8 della l. n. 241/1990, come modificato dalla legge di riforma del procedimento amministrativo, l. n. 15/2005, ha previsto un ampliamento dei canoni formali della comunicazione di avvio del procedimento introducendo le lettere c-bis e c-ter: Ora nella comunicazione d’avvio è previsto che siano indicate la data entro cui deve concludersi il procedimento (e i rimedi esperibili in caso d’inerzia dell’amministrazione) e la data della presentazione dell’istanza (nei procedimenti ad iniziativa di parte).
Accanto alla comunicazione di avvio del procedimento operano le due richiamate garanzie di partecipazione, descritte con la metafora della “visione” e della “voce” (D’Alberti, M., La ‘visione’ e la ‘voce’, cit., 1): ci si riferisce all’accesso agli atti del procedimento (cd. Accesso “infra-procedimentale”, ovvero la possibilità di avere la conoscenza dei fatti addotti), e al conseguente diritto di presentare memorie scritte e documenti «che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento» (art. 10). Come noto, la memoria è l’atto tipico con cui la parte contribuisce alla dialettica agonistica nel processo. Nell’uso del plurale “memorie” la formulazione normativa della l. n. 241/1990 registra l’apertura pluralistica del procedimento alla diversità degli interessi: non solo destinatari diretti degli effetti del provvedimento, ma anche destinatari indiretti; non solo persone fisiche, titolari di interessi personali, ma anche associazioni rappresentative di interessi diffusi. In altri termini, non solo parti ma anche partecipanti.
Anche soggetti portatori di interessi pubblici o privati o di interessi diffusi (costituiti in associazioni o comitati) possono pertanto intervenire nel procedimento se da questo possa derivare loro un pregiudizio (art. 9).
Con la legge di riforma del 2005, è stato introdotto un art. 10 bis nella l. n. 241/1990, con cui si è previsto che prima dell’adozione di un provvedimento negativo il responsabile del procedimento deve comunicare all’interessato eventuali motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza (cd. “progetto di atto negativo”).
L’art. 13 della l. n. 241/1990 esclude dall’applicazione delle norme in materia di partecipazione l’attività diretta all’emanazione (tra l’altro) di atti normativi: tale grave lacuna della disciplina in materia non è stata colmata dai successivi interventi riformatori (quale la l. n. 15/2005) anzi, è stata considerata una vera e propria disfunzione del diritto amministrativo italiano (D’Alberti, M., Lezioni di diritto amministrativo, cit., 305).
In realtà, la partecipazione alle misure generali è oggetto di disciplina normativa in numerosi ordinamenti. Per la prima volta venne disciplinata con l’Administrative Procedure Act statunitense (1946) che accanto ai procedimenti di adjudication regolava i procedimenti di rulemaking. Ma è importante anche la tradizione francese del ricorso ad enquêtes publiques o quella italiana di partecipazione ai procedimenti urbanistici. La partecipazione nelle misure generali assolve, peraltro, ad un pluralità di scopi essendo volta a raggiungere obiettivi di irrobustimento dell’istruttoria, di prevenzione del contenzioso e di legittimazione della decisione (Napolitano, G., La logica del diritto amministrativo cit., 220).
Nonostante l’espressa esclusione dell’art. 13, molti procedimenti di regolazione – in particolare delle autorità indipendenti – sono gravati da obblighi di consultazione per effetto di discipline settoriali, talvolta adottate in recepimento di direttive comunitarie (come nel caso delle comunicazioni elettroniche).
Nella legge per la tutela del risparmio si prevede che i provvedimenti della Banca d’Italia, della Consob, dell’Isvap (ora Ivass) e della Covip aventi natura regolamentare o di contenuto generale devono essere basati su consultazioni e motivati (art. 23, l. 28.12.2005, n. 262); nella disciplina delle comunicazioni elettroniche (codice delle comunicazioni elettroniche, d.lgs. 1.8.2003, n. 259, art. 11), delle assicurazioni (codice delle assicurazioni, d.lgs. 7.9.2005, n. 209, art. 191, co. 2) e dei contratti pubblici (codice dei contratti pubblici, d.lgs. 12.4.2006, n. 163, art. 8, co. 1) vi sono disposizioni del medesimo tono.
Anche le amministrazioni centrali stanno incrementando il ricorso allo strumento della consultazione (sul punto v. i richiami nella Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 26.2.2001, Istruttoria degli atti normativi del Governo).
Un principio generale di partecipazione è stato pertanto ritenuto sussistente anche nel caso delle misure generali: il Consiglio di Stato (Cons. St., sez. V, 22.5.2001, n. 2823) ha, a tale riguardo, richiesto una interpretazione restrittiva dei casi di esclusione previsti nell’art. 13 della l. n. 241/1990.
Occorre, peraltro, ricordare che le consultazioni andrebbero svolte nel rispetto di standard minimi come indicato da una comunicazione della Commissione Europea (European Commission, Communication, Towards a reinforced culture of consultation and dialogue – General principles and minimum standards for consultation of interested parties by the Commission, 11.12.2002, Com(2002) 704 final): tali standard riguardano la chiarezza sull’oggetto delle consultazioni, la possibilità che tutte le parti interessate possano esprimere il proprio punto di vista, la adeguata diffusione di informazioni per partecipare, la previsione di tempi congrui per rispondere e inviare contributi, la pubblicità dei risultati delle consultazioni. In questa direzione si è espresso anche il Code of practice on consultation, adottato nel 2008 dal Governo britannico.
La pratica delle consultazioni può svolgersi in diverse forme: tra queste, indagini campionarie, interviste semi-strutturate, focus group, panel (per una rassegna, v. La Spina, A.-Cavatorto, S., La consultazione nell’analisi d’impatto della regolazione, Soveria Mannelli, 2001). La scelta della forma di consultazione è in parte condizionata dal target della regolazione e in parte dai costi che la consultazione richiede di sostenere.
In questo senso, la possibilità di praticare consultazioni è stata fortemente accresciuta in anni recenti per le potenzialità espresse dalle consultazioni on-line. Una tra le più rilevanti esperienze è quella di Your voice in Europe, ma anche anche in Italia alcune amministrazioni centrali hanno avviato questa prassi, pur con esiti diversi tra loro (v. le consultazioni pubbliche del Ministero dell’economia e delle finanze o la consultazione pubblica sul valore legale del titolo di studio avviata dal Ministero per l’istruzione).
Tra le forme di consultazione si richiama il notice and comment, il quale consiste nella pubblicazione di un documento di consultazione allo scopo di ottenere risposte in forma scritta (Manzella, G.P., Brevi cenni sulla regulatory negoziation, in Riv. trim. dir. pubbl., 1994).
Il notice and comment ha trovato un’interessante applicazione anche nei procedimenti dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Con l’art. 5 della delibera 20.5.1997, n. 61 si è disposto che i procedimenti per la formazione di atti normativi e di atti a contenuto generale di competenza dell’autorità si svolgessero, appunto, mediante procedure di notice and comment. Nel 2012 è stata avviata dall’Aeeg una nuova procedura, denominata "Notice & Comment: Iniziativa Sperimentale» orientata a estendere la partecipazione a consumatori domestici e piccole e medie imprese.
Alcuni approcci teorici alla partecipazione ne hanno enfatizzato gli aspetti positivi tralasciando di riflettere su alcune possibili derive patologiche. La partecipazione troppo ampia potrebbe determinare un sovraccarico procedimentale che interferisce con un’efficiente azione amministrativa. Inoltre, le regole che disciplinano una partecipazione apparentemente rigorosa potrebbero essere vanificate da altre previsioni normative. Infine, gli interessi introdotti nel procedimento possono essere caratterizzati da una forza e rilevanza che trasforma la partecipazione da strumento di garanzia del privato (e di conoscenza per l’amministrazione) in strumento di condizionamento dell’attività amministrativa.
Il primo profilo disfunzionale che può emergere in materia di partecipazione è stato definito come sovraccarico procedimentale (Cardi, E., La manifestazione di interessi nei procedimenti amministrativi, I e II, Rimini, 1983-1984, 3), vale a dire l’innalzamento del costo della procedura che può derivare da una troppo estesa apertura del procedimento alla partecipazione. Anche la Relazione della Commissione Barettone Arleri “per la semplificazione delle procedure e la fattibilità e l’applicabilità delle leggi” aveva posto in evidenza la questione già nel 1981.
Il problema del sovraccarico non si può però affrontare al di fuori di una corretta impostazione del rapporto tra garanzia ed efficienza o senza considerare l’esigenza di legittimare la decisione amministrativa (in generale sul punto, v. Luhmann, N., Procedimenti giuridici e legittimazione sociale, Milano, 1995). La stessa previsione costituzionale che informa l’organizzazione amministrativa all’imparzialità e al buon andamento (art. 97 Cost.) registra proprio questa spinta di verso opposto tra costi, maggiori o minori, da sostenere nella procedura amministrativa. È stato, così, affermato che «ciascun vincolo procedurale genera costi e benefici che vanno attentamente calcolati al fine di stabilire il loro livello ottimale» (Napolitano, G.-Abrescia, M., Analisi economica del diritto pubblico, Bologna, 2009, 258).
Il raggiungimento di un equilibrio accettabile tra istanze di garanzia (che tendono ad ampliare la partecipazione) e istanze di efficienza (che tendono a ridurla) si consegue in sede di sindacato giudiziale. Infatti, un importante riscontro della idoneità del bilanciamento operato dall’amministrazione nel corso del concreto svolgimento dell’attività amministrativa si ha nei contesti di supervisione (giudiziale o di altro tipo) in cui si valuta – tra l’altro - la congruità dell’approfondimento istruttorio (e della partecipazione) in relazione al potere esercitato. Su questo punto è assai ricco il contributo della giurisprudenza amministrativa: nel sistema italiano, tra le figure sintomatiche dell’eccesso di potere vi sono, infatti, anche quelle che riguardano la completezza (l’adeguatezza o l’appropriatezza) dell’istruttoria, la carenza (o il difetto d’istruttoria), l’idoneità dell’istruttoria (per una ricostruzione della giurisprudenza in materia, De Benedetto, M., Istruttoria amministrativa, cit., 152-153).
La disciplina normativa della partecipazione sembra disporre un rigoroso sistema di garanzie.
Nondimeno, le previsioni della l. n. 241/1990 – come modificata dalla legge di riforma n. 15/2005 - affermano, come già ricordato, una concezione ambiguadella partecipazione. La legge di riforma del 2005 ha, infatti, introdotto due norme che determinano effetti contraddittori sulla partecipazione procedimentale. È, infatti, stato previsto, all’art. 8 della l. n. 241/1990, un ampliamento dei canoni formali della comunicazione di avvio del procedimento (lettere c-bis e c-ter), il che sembrerebbe giovare allo svolgimento sia del contraddittorio che della partecipazione procedimentale. Al contempo, però, con l’art. 21 octies della legge si è inteso limitare ad alcune condizioni l’annullabilità del provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento, o sulla forma degli atti o per mancata comunicazione di avvio, con l’esito di una sostanziale “dequotazione” dell’istruttoria (e della partecipazione) e di una riduzione della “garanzia delle garanzie” procedimentali rappresentata dalla forma (De Benedetto, M., Istruttoria amministrativa e ordine del mercato, cit., 235).
Vi è, in buona sostanza, una sorta di doppiezza che caratterizza le applicazioni del principio di partecipazione nel nostro ordinamento, in parte tradendo le aspettative per una crescente giustizia procedurale (Rawls, J., Una teoria della giustizia, Milano, 2004, in particolare 299-300) e contribuendo a determinare un sacrificio eccessivo del principio di partecipazione (D’Alberti, M., Lezioni di diritto amministrativo, cit., 304) che viene assicurato in una prevalente dimensione simbolica.
Gli sviluppi teorici in materia di partecipazione hanno prodotto – accanto a un rafforzamento del principio – anche un effetto di “diluizione del potere” (Nigro, M., L’azione dei pubblici poteri. Lineamenti generali, in Amato, G.-Barbera, A., a cura di, Manuale di diritto pubblico, Bologna, 1984, 835). Particolarmente suggestiva in tal senso è la metafora dell’amministrazione condivisa (Arena, G., Introduzione all'amministrazione condivisa, in Studi parlamentari e di diritto costituzionale, 1997, n. 117/118).
Il procedimento è però sede del “governo degli interessi”: non è sufficiente prevedere garanzie di partecipazione se non si assicura l’efficienza e la rilevanza degli interessi manifestati, se cioè i titolari degli interessi non possono «offrire all’organo della decisione alternative in grado di realizzare comunque l’interesse pubblico sotteso al poter in attribuzione all’autorità» (Cardi, E., Procedimento amministrativo, in Enc. giur. Treccani, 1995, 6). E non tutti gli interessi sono, in egual modo, capaci di organizzarsi e di farsi rappresentare nei procedimenti attraverso gli strumenti della partecipazione amministrativa.
Tradizionalmente la questione delle garanzie nel procedimento ha riguardato il privato nei riguardi del pubblico potere. Ma il tema della “forza degli interessi” (Olson, M., La logica dell’azione collettiva. I beni pubblici e la teoria dei gruppi, Milano, 1983, in particolare, 129; v. anche D’Alberti, M., Poteri pubblici e autonomie private nel diritto dei mercati, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, 400) lascia emergere anche una questione di “garanzia del pubblico”. I poteri economici e gli interessi organizzati possono essere particolarmente aggressive (Sunstein, C.R., After the Rights Revolution: Recoinceiving the Regulatory State, Cambridge, 103) capaci di darsi una rappresentanza all’interno dei procedimenti mentre altri interessi potrebbero essere sottorappresentati (Mashaw, J.L., Structuring a “Dense Complexity”: Accountability and the Project of Administrative Law, in Issues in Legal Scholarship, 2005, 1). Si ritiene necessario pertanto «sviluppare un’adeguata metodologia istruttoria per la valutazione della forza dei diversi gruppi di pressione all’interno della procedura» (De Benedetto, M.-Martelli, M.-Rangone, N., La qualità delle regole, Bologna, 138) anche se ciò risulta particolarmente complesso.
L. 8.8.1990, n. 241 e ss.mm.
Allegretti, U., L’imparzialità amministrativa, Padova, 1965; Arena, G., Introduzione all'amministrazione condivisa, in Studi parlamentari e di diritto costituzionale, n. 117/118, 1997; Arena, G., La partecipazione dei privati al procedimento amministrativo: analisi dell’esperienza americana, in Riv. trim. dir. pubbl., 1976, 286; Benvenuti, F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, Venezia, 1994; Benvenuti, F., Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 118; Berti, G., Procedimento, procedura, partecipazione, in Studi in memoria di Enrico Guicciardi, Padova, 1975, 780; Berti, G., Le difficoltà del procedimento amministrativo, in Ammin., 1991, 220; Berti, G., La struttura procedimentale dell’amministrazione pubblica, in Dir. soc., 1980,444; Cardi, E., La manifestazione di interessi nei procedimenti amministrativi, I e II, Rimini, 1983-1984; Casetta, E., Profili della evoluzione dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, in Dir. amm., 1993,6; Cassese, S., Il privato e il procedimento amministrativo. Una analisi della legislazione e della giurisprudenza, in Archivio giuridico Filippo Serafini, 1970, 25; Cassese, S., Il procedimento amministrativo tra modello partecipativo e modello “neoclassico”, in Torchia, L., a cura di, Il procedimento amministrativo: profili comparati, Padova, 1993, 3; Cassese, S., La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche. Saggio di diritto comparato, in Riv. trim. dir. pubb., 2007, 13; D’Alberti, M., La ‘visione’ e la ‘voce’: le garanzie di partecipazione ai procedimenti amministrativi, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, 1; De Benedetto, M.-Martelli, M.-Rangone, N., La qualità delle regole, Bologna, 2011; De Benedetto, M., Istruttoria amministrativa e ordine del mercato, Torino, 2008; Della Cananea, G., Il diritto di essere sentiti e la partecipazione, in Cerulli Irelli, V., a cura di, Il procedimento amministrativo, Napoli, 2007, 81; Ledda, F., Problema amministrativo e partecipazione al procedimento, in Dir. amm., 1993, 142; Manzella, G.P., Brevi cenni sulla regulatory negoziation, in Riv. trim. dir. pubbl., 1994, 273; Nigro, M., Il nodo della partecipazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1980, 225; Pastori, G., Interesse pubblico e interessi privati fra procedimento, accordo e autoamministrazione, in Scritti in onore di Pietro Virga, II, Milano, 1994, 1305; Pugliese, F.P., Il procedimento amministrativo tra autorità e ‘contrattazione’, in Riv. trim. dir. pubbl, 1971, 1475; Satta, F., Contraddittorio e partecipazione nel procedimento amministrativo, in Dir. amm., 2010, 299; Sorace, D., Il problema degli interessi non-diritti da tutelare nell’administrative law americano (linee di un dibattito in corso), in Scritti per Mario Nigro, III, Milano, 1991, 617.