PARTECIPAZIONI STATALI
. Sotto l'identica denominazione di "partecipazioni statali" vanno comprese di solito sia le azioni o quote che lo Stato direttamente possiede in società, sia le azioni o quote di proprietà degli enti autonomi di gestione (IRI; ENI; Ente per le Aziende Termali), i quali esplicano la propria attività in attuazione dell'indirizzo politico indicato dal Consiglio dei ministri, dal Comitato dei ministri per le partecipazioni statali e dall'apposito ministero istituito con la legge 22 dicembre 1958, n. 1589. La locuzione "partecipazioni statali" si palesa quindi più ampia e comprensiva di quella, un tempo adottata, di "azionariato di Stato", mentre, d'altro canto, non tiene conto di tutte le azioni possedute da varî enti pubblici (comuni; INA; INPS) per il conseguimento di finalità particolari.
L'assunzione da parte dello Stato di azioni in società private trae origine da motivi contingenti e di varia natura. Ora è la necessità di sostenere alcune imprese o alcuni settori dell'economia nazionale; ora l'esigenza di svincolare dai monopolî stranieri l'approvvigionamento di materie prime essenziali; ora l'interesse di sviluppare attività a cui l'iniziativa privata non si sarebbe dedicata; ora, infine, motivi politici, sociali o di potenziamento delle risorse nazionali.
Il fenomeno dell'azionariato di Stato, prima, e delle partecipazioni statali, poi, cominciò ad assumere particolare rilievo dopo la fine della prima guerra mondiale. Ma solo con la creazione dell'IRI l'intervento pubblico in seno alle società acquista un'importanza veramente determinante nella vita economica italiana. Nato per l'attuazione di un programma di risanamento bancario, nel 1933 (r.d.l. 23 gennaio 1933, n. 5, convertito nella legge 3 maggio 1933, n. 512), l'Istituto si trovò in possesso di azioni di società elettriche, telefoniche, armatoriali, siderurgiche, meccaniche, minerarie, chimiche, immobiliari e perfino agricole. La varietà di tali tipi di partecipazioni indusse l'IRI a creare apposite holdings di settore, cui furono delegate le funzioni di controllo e d'indirizzo, le quali esigono un elevato grado di specializzazione: sorsero, così, nel 1933 la STET (settore telefonico); nel 1936 la FINMARE (settore armatoriale); nel 1937 la FINSIDER (settore siderurgico); nel 1947 la FINMECCANICA (settore meccanico); nel 1952 la FINELETTRICA (settore elettrico) e, di recente, la FINCANTIERI (settore cantieristico).
L'istituzione dell'ENI risponde ad un preciso obiettivo: quello di rafforzare nel nostro paese la ricerca e la valorizzazione delle forze endogene utilizzabili per un adeguato sviluppo economico. L'ENI, in base alla legge istitutiva (l. 10 febbraio 1953, n. 153), ha, fra l'altro, l'esclusiva - da esercitare a mezzo di società controllate - della ricerca, della coltivazione e del trasporto degli idrocarburi che si trovano nella valle Padana (tranne i territorî delle province di Ferrara e Rovigo, limitatamente agli strati del quaternario situati a profondità non superiore a 1.200 metri).
La situazione esistente nel settore delle p. s., prima dell'istituzione del ministero, era caratterizzata da una pluralità di organi di controllo, che non riuscivano ad imprimere la necessaria unità di indirizzo economico e politico all'intero sistema. L'indirizzo generale dell'attività dell'IRI veniva stabilito dal Consiglio dei ministri; le direttive generali alle quali doveva uniformarsi l'ENI da un apposito Comitato composto dai ministri per le Finanze, per il Tesoro e per l'Industria e Commercio; le azioni di proprietà dello Stato erano gestite dal ministero delle Finanze; l'AMMI, allora ente di diritto pubblico, era sottoposta al controllo del ministero dell'Industria e il Fondo per il finanziamento industria meccanica alla vigilanza dei ministeri dell'Industria e del Tesoro. Con l'istituzione del ministero delle P. S. le competenze e i poteri vengono accentrati in un unico organo; è prevista la creazione di appositi enti di gestione al fine di evitare l'amministrazione diretta di azioni da parte dello Stato; sono trasferiti al nuovo ministero i compiti e le attribuzioni già spettanti all'amministrazione delle Finanze per quanto attiene alle aziende patrimoniali dello Stato.
Se la fase di assestamento non può dirsi ancora compiuta, il lavoro iniziato comincia a dare i suoi frutti. È, infatti, in atto un processo di chiarificazione sia delle caratteristiche strutturali e funzionali del sistema delle p. s., sia delle sue finalità sia, infine, del concetto stesso di società a capitale pubblico, intesa quale strumento della politica di sviluppo economico del paese. Sotto il profilo organizzativo giova far presente che sono stati creati gli enti di gestione per le miniere, per il cinema e per le terme, quest'ultimo già operante. All'Ente autonomo di gestione per le aziende termali, infatti, sono stati trasferiti sia i pacchetti azionarî delle società termali, già posseduti dallo Stato, sia i pacchetti azionarî delle nuove società per azioni che hanno sostituito le vecchie aziende patrimoniali.
Può ormai dirsi che le p. s. tendano a costituire un originale sistema organizzativo il quale si snoda nelle società operative, nelle holdings e nelle società capo-gruppo, negli enti di gestione, e trova il suo coordinamento e il suo centro di guida, d'indirizzo e di controllo nel Ministero.
Società per azioni con partecipazione, diretta o indiretta, dello Stato. - Tali società sono disciplinate dalle norme del cod. civile. La loro struttura, il loro funzionamento, gli organi sociali sono identici a quelli previsti per le società a capitale privato. Lo stesso si dica per quanto attiene alla regolamentazione dei titoli azionarî o all'emissione delle obbligazioni. Le sole norme speciali sono quelle contenute negli art. 2458 e 2460 cod. civile. L'art. 2458 stabilisce che se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in società per azioni, l'atto costitutivo può ad essi conferire la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci. Questi, in tale ipotesi, pur avendo gli stessi diritti ed obblighi dei membri nominati dall'assemblea, possono essere revocati solo dagli enti che ne hanno deciso la nomina. L'art. 2460 prevede che, qualora uno o più sindaci siano nominati dallo Stato, il presidente del collegio sindacale deve essere scelto fra essi.
La dottrina e la giurisprudenza predominanti sono dell'avviso che il possesso di azioni da parte dei pubblici poteri non influisca sulla natura privatistica dell'ente. Lo Stato e l'ente pubblico azionista si pongono, quindi, sullo stesso piano di qualsiasi altro soggetto che partecipa al capitale sociale e perseguono i fini pubblici loro proprî mediante l'espletamento di attività regolate dal diritto privato. Tale concezione, in linea di massima ineccepibile, deve essere temperata tenendo presente che non di rado per singole società, soprattutto finanziarie, sussistono, in varî provvedimenti legislativi a carattere particolare, disposizioni in base alle quali l'interesse pubblico assume un peso preponderante che non può essere misconosciuto o sottovalutato.
Enti di gestione. - Sono enti di diritto pubblico rientranti secondo la classificazione tradizionale nella categoria degli enti pubblici economici e, più specificatamente, nella categoria delle holdings pubbliche. La loro organizzazione, la loro struttura organizzativa, i loro compiti non sono uniformi, essendo essi regolamentati da varî provvedimenti, rispondenti ciascuno a peculiari esigenze. Parimenti i controlli particolari, cui gli enti di gestione sono sottoposti, non sono identici.
Siffatta varietà di organizzazione e di struttura si manifesta anche nel modo con il quale essi svolgono la propria attività; l'IRI si avvale prevalentemente di società finanziarie (più rettamente holdings private) di cui possiede il pacchetto azionario di comando; l'ENI di società capo-gruppo le quali svolgono, nel contempo, attività finanziaria ed operativa; l'Ente autonomo di gestione per le aziende termali possiede direttamente partecipazioni in società. Identica, invece, può dirsi la funzione degli enti di gestione: essi devono effettuare, sulla base delle direttive ministeriali, la programmazione settoriale; devono razionalmente organizzare le attività produttive e coordinare i programmi d'investimento delle imprese.
Comitato dei ministri e ministero per le Partecipazioni Statali. - Gli organi dello Stato preposti al settore delle p. s. sono il Comitato dei ministri ed il ministero per le Partecipazioni Statali.
Il primo è composto, a norma dell'art. 4 della legge 22 dicembre 1956, n. 1589, dal presidente del Consiglio dei ministri, che lo presiede, e dai ministri per le Partecipazioni Statali, per il Bilancio, per il Tesoro, per l'Industria e Commercio e per il Lavoro e la Previdenza Sociale. Il Comitato ha per compito istituzionale di coordinare l'azione del ministero con quella delle altre amministrazioni dello Stato interessate; di rapportare ad unità d'indirizzo le varie iniziative e solitamente - benché nessuna norma di legge lo preveda - è chiamato a deliberare sulle questioni di maggior rilievo.
Il ministero è per legge l'organo che guida e realizza la politica economica delle partecipazioni statali ed il ministro è il responsabile innanzi al parlamento di tale politica, la quale si estrinseca sia nei programmi e nelle attività degli enti di gestione, sia nelle direttive generali sia in provvedimenti particolari. L'attività politico-amministrativa del ministero si concreta: nell'orientamento e nell'impulso che vien dato al sistema delle p. s. mediante direttive generali oppure mediante direttive riguardanti singoli casi o particolari iniziative; nella vigilanza e nel controllo sugli enti di gestione e sulle società operative; nel coordinamento e nell'orientamento dei programmi degli enti e delle società dipendenti.
A tal riguardo è da tener presente che l'art. 10 della legge 22 dicembre 1956, n. 1589, prevede che venga presentata al parlamento, in allegato allo stato di previsione della spesa del ministero, una relazione programmatica per ciascuno degli enti autonomi di gestione. Finora si è ritenuto opportuno presentare alle Camere un'unica relazione sia per dare una visione d'insieme della politica perseguita dall'intero settore delle p. s., sia per meglio caratterizzare lo scopo del documento, che non è quello di registrare le singole iniziative degli enti e delle società, bensì di armonizzare e coordinare - in relazione agli obiettivi di sviluppo economico del paese - i programmi delle imprese; di realizzare, in buona sostanza, una generale programmazione, indicando le mete da raggiungere, pur lasciando alle singole società operative la più assoluta libertà sui modi per conseguire più convenientemente gli scopi prefissi.
La necessità di una generale programmazione, oltre che dall'art. 10 della citata legge, appare di tutta evidenza qualora si tengano presenti i compiti affidati alle p. s. per il progresso economico e sociale del Mezzogiorno d'Italia. L'art. 2 della legge 29 luglio 1957, n. 634, infatti, prevede: l'esame annuale da parte del Comitato dei ministri per la Cassa del Mezzogiorno dei programmi degli enti e delle società vigilate dal ministero delle P. S. al fine di realizzare una distribuzione territoriale degli investimenti tale da consentire un progressivo migliore equilibrio economico tra le varie regioni del paese; la destinazione ai territorî nei quali opera la Cassa per il Mezzogiorno - per il periodo che va dall'entrata in vigore della legge 29 luglio 1957, n. 634, all'esercizio 1964-65 - del 60% degli investimenti effettuati dai detti enti e società per la creazione di nuovi impianti industriali; la destinazione agli stessi territorî, per il medesimo periodo di tempo, del 40% degli investimenti totali, a qualsiasi fine effettuati dagli enti e dalle società a p. s., e la ripartizione di tali investimenti in modo da realizzare in tutte le regioni meridionali un equilibrato intervento.
Tali disposizioni sanzionano la necessità della programmazione degli investimenti nel settore delle p. s. e danno il crisma della norma giuridica ad una esigenza fortemente ed intensamente sentita; costituiscono - unitamente alla norma che prevede la presentazione al parlamento delle relazioni programmatiche - un quid novi nella nostra legislazione, improntata, fino a qualche anno fa, a concezioni ormai superate.
Bibl.: G. Ferri, Azionariato di Stato e natura giuridica dell'ente, in Foro Italiano, 1941; G. Treves, Le imprese pubbliche, Torino 1950; Ministero dell'Industria e del Commercio, L'Istituto per la Ricostruzione Industriale, Torino 1955-1956; M. S. Giannini, Le imprese pubbliche in Italia, in Riv. delle Società, 1958; M. Ferrari Aggradi, Le partecipazioni statali nella politica di sviluppo, Roma 1960; Ministero delle Partecipazioni Statali, Relazione programmatica, Roma 1960 e 1961; P. Saraceno, Il fine di lucro nelle aziende pubbliche di produzione, in Scritti in onore di Gino Zappa, Milano 1961.