PARTECIPAZIONI STATALI (App. III, 11, p. 368)
STATALI Il fenomeno dell'azionariato di stato cominciò ad assumere rilevanza dopo la fine della guerra mondiale; la creazione dell'Istituto per la ricostruzione industriale è del 1933, del 1936 è la sua ristrutturazione, a seguito della grande operazione di risanamento bancario di quell'anno e dell'emanazione della legge bancaria. Tuttavia, solo dopo la fine del secondo conflitto, con la creazione dell'Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), nel 1953, e soprattutto con la creazione dell'apposito ministero per le Partecipazioni statali (l. 22 dic. 1956, n. 158), le imprese delle quali lo stato possiede, direttamente o indirettamente, rilevanti quote azionarie, si organizzano in sistema.
I princìpi fondamentali della legge del 1956 possono così riassumersi: lo stato non deve possedere direttamente pacchetti azionari di società, ma le p. devono essere inquadrate per categorie omogenee, in appositi enti di gestione; tali enti devono operare secondo criteri di economicità.
Sorgono, via via, numerosi enti di gestione, per diversi gruppi di aziende: l'EFIM, che raggruppa le vecchie aziende del Fondo Industrie Meccaniche (FIM) e che dà vita a un complesso eterogeneo di attività industriali, l'Ente Autonomo di Gestione per le Aziende Termali (EAGAT), l'Ente Autonomo di Gestione per il Cinema (EAGC) e, finalmente, il discusso Ente autonomo di Gestione per le Aziende Minerarie (EGAM). Questi ultimi tre enti sono in corso di liquidazione, per cui i tre enti superstiti sono l'IRI, l'ENI e l'EFIM.
Con l'approvazione del primo piano quinquennale di sviluppo economico (l. 27 luglio 1967, n. 685) e con l'istituzione del ministero del Bilancio e della programmazione economica, nonché del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) l'attività della p. s. confluisce, almeno in via di principio, ma non senza difficoltà, nell'ambito della programmazione economica. Con non minore difficoltà l'attività programmatoria, abbracciante imprese pubbliche e private, si viene delineando in seno al Comitato per la politica industriale, istituito in forza della l. 12 ag. 1977, n. 675. La stessa legge prevede particolari procedure per l'aumento dei fondi di dotazione degli enti di gestione (art. 12).
Infine, la l. 21 marzo 1958, n. 259, all'art. 12 stabilisce che "il controllo previsto dall'art. 100 della Costituzione sulla gestione finanziaria degli enti pubblici, ai quali l'amministrazione dello stato o un'azienda autonoma statale contribuisca con apporto al patrimonio in capitale, o servizi, o beni, ovvero mediante concessione di garanzia finanziaria, è esercitato [....] da un magistrato della Corte dei Conti, nominato dal Presidente della Corte stessa, che assiste alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione". Deve ricordarsi, infine, la recente legge sul controllo parlamentare delle nomine negli enti pubblici, legge che non può non essere collegata (almeno in parte) con talune lamentate disfunzioni del sistema, delle quali si farà cenno più avanti.
Dispone la legge (21 genn. 1976, n. 14, artt. 1, 2, 5 e 7) che, salve le incompatibilità di legge, e salvo il caso che si tratti di nomine, proposte o designazioni dipendenti dallo svolgimento del rapporto di pubblico impiego, e quando siano vincolate per legge, per tutte le proposte e designazioni, alla carica di presidenti o vicepresidenti d'istituti e di enti pubblici, anche economici, si rende necessario il parere delle commissioni parlamentari (Camera e Senato) competenti per materia; per le nomine dei presidenti e vicepresidenti degli enti di gestione delle p. s. il parere è espresso dalla Commissione parlamentare istituita dall'art. 13 della l. 12 ag. 1977, n. 675, già ricordato, sulla riconversione e ristrutturazione aziendale.
Il sistema, dunque, si rivela complesso: dalle imprese manifatturiere a quelle di servizi, alle concessionarie pubbliche: siderurgia, meccanica, chimica, telefoni, autostrade, banche, ecc., costituiscono il ventaglio di attività delle imprese a p. statale.
Il dibattito sulle p. s., al momento della creazione dell'apposito ministero, al centro della polemica "antistatalista" alla quale dette origine la creazione del ministero e, in particolare, il distacco delle imprese a p. s. dagli organismi rappresentativi del patronato privato, s'incentrò in modo particolare sulla necessità di porre in evidenza i confini fra la sfera dell'azione delle imprese a p. s. e quella di tutte le altre imprese, sull'uguaglianza di trattamento, sia sotto il profilo giuridico (specialmente fiscale), sia sotto il profilo di fatto (facilitazioni di finanziamento).
Il criterio di "omogeneità" nel raggruppamento delle imprese a p. s. parve in contrasto con la differenziazione delle società operative controllate dagli enti; l'economicità della gestione fu oggetto di varia interpretazione, riferita ora all'uno ora all'altro dei possibili livelli di attività (impresa singola, finanziaria di settore, ente di gestione).
Al sistema delle imprese a p. s. vennero affidati compiti complessi di politica economica; dal sostegno di livelli di occupazione all'azione di sviluppo delle zone depresse del Mezzogiorno, al progresso tecnologico, alla conquista di quote di mercato all'estero. Contemporaneamente, nel corso degli anni Sessanta, si sono manifestati fenomeni di alterazione del sistema, in conseguenza dell'acquisizione di aziende per operazioni di puro salvataggio, per l'emergere di "oneri impropri", derivanti da decisione circa la localizzazione di nuove iniziative per esigenze di politica economica generale non coincidente con le scelte puramente aziendali, ovvero per l'eccessiva rigidità del peso della mano d'opera, per l'impossibilità di chiudere stabilimenti in perdita, per l'accollo di iniziative di natura sociale destinate a supplire a deficienze di iniziative pubbliche. Di qui anche il moltiplicarsi di "aree di perdita", di uno squilibrio fra indebitamento e capitale di rischio più accentuato che nelle imprese a capitale privato, anche a causa della rigidità del meccanismo legislativo necessario per l'aumento dei fondi di dotazione, posti a carico del bilancio dello stato.
Ovviamente le difficoltà si sono accresciute con il manifestarsi e l'aggravarsi della crisi economica, in Italia e nel mondo, accentuando il fenomeno delle disfunzioni e delle deviazioni dei fini istituzionali, fenomeni, questi, che hanno preoccupato il Parlamento e la pubblica opinione.