PARTENOGENESI (dal gr. παρϑένος "vergine" e γένεσις "generazione")
Termine introdotto da R. Owen (1849) per indicare lo sviluppo di uova non fecondate. Tale fenomeno può avvenire sia negli animáli sia nelle piante (vedi sotto). Può essere spontaneo (partenogenesi naturale) o provocato artificialmente (partenogenesi sperimentale).
Zoologia.
La partenogenesi naturale. - Già alcuni autori del sec. XVII avevano ammesso la possibilità che le uova di certe farfalle si sviluppassero senza accoppiamento (Lucina sine concubitu). Il Réaumur sospettò che tale fosse il caso per gli Afidi, ma fu Ch. Bonnet, che, nel 1740, poté dimostrare la verità di tale supposizione. L'interpretazione che gli antichi autori diedero del fenomeno era però ben diversa dall'attuale: essi consideravano gl'individui partenogenetici come ermafroditi capaci di riprodursi senza accoppiamento (androgini). Opinioni simili furono sostenute fino ad epoca relativamente recente da molti zoologi. Spetta a Th. v. Siebold il merito di avere stabilito (1856) che gl'individui partenogenetici sono vere femmine. Nonostante l'opinione contraria del Balbiani (1859), di Th. Huxley e di J. Lubbock, che designarono le uova partenogenetiche col nome di pseudouova, la tesi del v. Siebold fu dimostrata vera dal Carus (1864), e da quell'epoca il concetto di partenogenesi può dirsi definitivamente stabilito. In seguito, con l'approfondirsi della conoscenza dei processi della divisione cellulare e dei fenomeni della maturazione degli elementi germinali, si vennero dimostrando i processi citologici dello sviluppo partenogenetico (le prime ricerche sono quelle di A. Weismann [1886-87] e del Blochmann [1887]), che ora sono conosciuti per molte specie.
La partenogenesi si deve dunque considerare un modo di riproduzione sessuata, in cui è soppresso l'atto della fecondazione; si ritrova in gruppi animali molto diversi, con modalità proprie per ciascuno di essi, sicché riesce difficile stabilire una classificazione di questi fenomeni. Una delle più complete è la seguente del Vandel:
I. Partenogenesi maschile (androgenesi).
II. Partenogenesi femminile (ginogenesi):
A) Partenogenesi arrenotoca
B) Partenogenesi telitoca (o deuterotoca):
1. Partenogenesi ciclica
2. Pedogenesi
3. Partenogenesi accidentale o facoltativa:
a) telitoca
b) deuterotoca
4. Partenogenesi del tipo Nematode
5. Partenogenesi geografica.
La partenogenesi maschile o androgenesi, cioè lo sviluppo del gamete maschile esiste soltanto negli organismi inferiori, in cui la differenza fra i gameti è poco notevole (Alghe). Negli animali può essere prodotta sperimentalmente.
La partenogenesi femminile o ginogenesi è di gran lunga la più diffusa e si ritrova in quasi tutti i gruppi animali. Nei Protozoi avvengono fenomeni molto simili alla partenogenesi, designati con il nome di endomissi. Nei Vertebrati non si conoscono casi bene accertati di partenogenesi naturale, che diano luogo a sviluppo completo dell'embrione, ma la possibilità di ottenerlo è stata dimostrata sperimentalmente. In quasi tutti gli altri tipi animali si conoscono casi di partenogenesi, ma questi sono specialmente numerosi negli Artropodi, nei Nematelminti e nei Rotiferi.
La partenogenesi arrenotoca, così detta (dal gr. ἄρρην "maschio" e τόκος "figlio") perché dà origine sempre a maschi, ha l'esempio più conosciuto nel caso dell'ape. L'abate Dzierzon (1845) fu il primo ad emettere l'ipotesi che i fuchi nascessero da uova non fecondate, le operaie (femmine sterili) e le regine (femmine fertili) invece da uova fecondate. Tale ipotesi fu confermata da molti autori successivi e, benché non tutte le obiezioni che le sono state mosse abbiano avuto risposta soddisfacente, è molto probabile che sia vera. Secondo il Nachtsheim, il corredo cromosomico delle cellule somatiche del maschio è aploide e nella spermatogenesi non avviene riduzione del numero dei cromosomi. Casi analoghi sono stati trovati in parecchi altri Imenotteri e in diversi altri insetti.
La partenogenesi telitoca è così chiamata perché dà origine a femmine (dal gr. ϑῆλος "femmina" e τόκος "figlio") oppure ai due sessi (p. deuterotoca). Nella partenogenesi ciclica generazioni partenogenetiche e generazioni anfigoniche si alternano più o meno regolarmente (eterogonia; v. generazione: Generazione alternante). Si trova soprattutto fra i Rotiferi, i Cladoceri, i Rincoti, i Nematodi. Nella Hydatina senta (rotifero) il Maupas constatò che vi sono due categorie di femmine, alcune depongono uova che, sviluppandosi partenogeneticamente, dànno origine a maschi, altre invece depongono uova, del pari partenogenetiche, da cui nascono femmine. Le madri di uova maschili, se vengono fecondate, dànno le cosiddette uova durevoli, o uova d'inverno, che non si sviluppano subito, ma richiedono un periodo di riposo più o meno lungo, e dànno poi origine a femmine. Esistono quindi femmine partenogenetiche obbligatorie, che mettono al mondo soltanto femmine (partenogenesi telitoca) e femmine chiamate sessupare, che possono dare origine a maschi, per partenogenesi (partenogenesi facoltativa arrenotoca) o a femmine, se vengono fecondate.
Nei Cladoceri (Crostacei Entomostrachi) invece v'è un sol tipo di femmine, che depongono uova partenogenetiche, da cui nascono normalmente femmine. In certe condizioni d'ambiente, da queste uova nascono maschi, e le stesse femmine che erano partenogenetiche dànno uova fecondate, durevoli o invernali, che, accolte nella cavità incubatrice, le cui pareti s'ispessiscono e si pigmentano a costituire una capsula a forma di sella (efippio), attendono le condizioni opportune per svilupparsi. Tanto nel caso dei Rotiferi quanto in quello dei Cladoceri si possono avere più cicli all'anno, e, come caso estremo, anche l'assenza della generazione anfigonica e la riproduzione partenogenetica telitoca indefinita (Bdelloidi fra i Rotiferi, certe razze dei grandi laghi di Daphnia longispina, Bosmina coregoni, fra i Cladoceri).
Molte ricerche sono state eseguite per tentare di stabilire l'influenza delle condizioni ambientali sul modo di riproduzione. A. Weismann considerava l'alternanza di generazioni come un fenomeno ereditario del tutto indipendente dall'ambiente; ma molti esperimenti hanno ormai chiaramente dimostrato, tanto per i Rotiferi quanto per i Cladoceri, l'influenza dell'ambiente sulla comparsa dei maschi e la possibilità di alterare il ciclo normale della specie, prolungando le generazioni partenogenetiche con l'allevamento di popolazioni poco affollate e ben nutrite, in grandi recipienti, e provocando invece la comparsa dei maschi con l'allevamento di numerosi individui in piccoli recipienti e con scarsa alimentazione. E evidente perciò che il ritmo normale, ereditario, può modificarsi entro certi limiti, diversi secondo le specie, per reazione alle condizioni d'ambiente.
Fra i Rincoti la partenogenesi è soprattutto diffusa nelle tre famiglie Afidi, Fillosseridi e Chermesidi. Negli Afidi o Gorgoglioni, lo schema del ciclo è il seguente: durante la stagione calda la specie si riproduce partenogeneticamente e le femmine sono vivipare (ovovivipare) e partoriscono soltanto femmine. All'approssimarsi dell'inverno le femmine dànno origine a maschi e a femmine alquanto diverse dalle prime, che si riproducono soltanto se fecondate e depongono uova durevoli o d'inverno, dalle quali a primavera nascono femmine partenogenetiche, le fondatrici, che ricominciano il ciclo. Spesso un ulteriore polimorfismo (presenza di individui atteri e alati, dell'uno e dell'altro sesso) e la migrazione su diversi ospiti complicano ancora il ciclo (v. afidi).
Anche per gli Afidi si è riconosciuta l'importanza dei fattori esterni per la modificazione del ciclo: con condizioni di temperatura e di nutrizione opportune si è potuta ottenere una successione di generazioni partenogenetiche molto più numerosa del normale. Le varie specie reagiscono diversamente e la norma di reazione è determinata ereditariamente.
Nei Fillosseridi e nei Chermesidi le femmine sono sempre ovipare, non mai vivipare. I cicli sono più complicati che non negli Afidi e decorrono o per intero sulla stessa pianta (sulle radici e sulle parti aeree, per esempio, nella Fillossera) oppure su due ospiti di specie differente. Talvolta una delle due generazioni (solitamente l'anfigonica) può mancara e non di rado s'inseriscono nel ciclo principale cicli secondarî che permettono al parassita di persistere indefinitamente sull'ospite definitivo o sull'ospite intermedio (v. fillossera).
La pedogenesi (K. E. v. Baer, 1865, dal gr. παῖς, παιδός "fanciullo") è una riproduzione partenogenetica, che avviene, anziché nell'adulto, in una forma larvale. È stata trovata in diversi gruppi animali, ma è ben conosciuta soprattutto negl'Insetti (Cecidomyidae), dove fu scoperta da N. Wagner nel 1861. Il genere in cui questo modo di riproduzione è meglio conosciuto è Miastor. Le larve che vivono nel legno fradicio, hanno ovarî bene sviluppati, le cui uova si sviluppano partenogeneticamente dando origine ad altre larve, che poi escono per rottura del corpo materno. Casi simili si trovano in altri Ditteri (Chironomidi), fra gli Anellidi (Syllis), e probabilmente anche la formazione delle redie e delle cercarie dei Trematodi (v.) deve considerarsi come un fenomeno di pedogenesi.
La partenogenesi facoltativa si ha quando le uova, che normalmente vengono fecondate, sono capaci di svilupparsi anche senza fecondazione, e possono dare origine o soltanto a femmine (p. telitoca) o ai due sessi (p. deuterotoca). Molti casi sono conosciuti, soprattutto fra gl'Insetti, gli Acari, e particolarmente tra i Fasmidi, i Coccidi (v. cocciniglie), in varî Lepidotteri, ecc.
La partenogensi dei Nematodi, che si riscontra nelle famiglie Anguillulidi, Rabdonemidi e Mermitidi, merita di essere considerata a parte, perché è di un tipo speciale, che rappresenta, in certo modo, un grado di passaggio fra la riproduzione anfigonica e quella partenogenetica: infatti, almeno in molti casi, lo spermio penetra nell'uovo e ne determina l'attivazione, senza poi fondersi col nucleo femminile né prender parte altrimenti alla formazione dello zigote. I casi meglio conosciuti sono quelli offerti da varie specie del genere Rhabditis. Simile modo di comportarsi dello spermio può ottenersi artificialmente, con varî mezzi, in altre uova (v. sotto: La partenogenesi sperimentale). Le specie di Nematodi partenogenetiche possono essere sia ermafrodite sia bisessuate e la successione di diverse forme larvali e adulte può complicare notevolmente il ciclo.
Col nome di partenogenesi geografica s'indica poi l'esistenza di specie dello stesso genere, o di razze di una stessa specie, di cui una è bisessuata, l'altra partenogenetica, e il nome deriva da ciò, che in generale le due specie, o razze, hanno aree di diffusione ben distinte. Uno dei casi meglio conosciuti è quello del Crostaceo Branchiopode Artemia salina, che vive nelle acque a concentrazione salina molto elevata, di cui si conoscono diverse razze o biotipi, bene delimitati dalle ricerche di C. Artom. Una razza anfigonica, diploide (42 cromosomi) vive nelle saline di Cagliari; una partenogenetica pure diploide in quelle di Sète (Francia); una partenogenetica tetraploide (84 cromosomi) vive nelle saline di Capodistria. Varî altri casi analoghi sono conosciuti, specialmente fra gli Artropodi, e, in generale, si osserva che le razze partenogenetiche hanno tendenza alla poliploidia. Ciò fa supporre che si siano originate da razze diploidi, per fenomeni automittici o per altri meccanismi, su cui sono state formulate varie ipotesi.
Origine e significato della partenogenesi. - Queste osservazioni pongono in campo la questione dell'origine della partenogenesi e del suo significato per l'economia della specie. Molte sono le ipotesi che si sono fatte su tali argomenti. È molto probabile che lo sviluppo partenogenetico sia derivato dallo sviluppo anfigonico, di cui rappresenta una semplificazione, della quale, in molti casi, si possono osservare i gradi di passaggio; ma è difficile intendere quale possa essere l'utilità che la specie ricava da tale modo di riproduzione, e più ancora conoscere le cause che lo hanno determinato. In certi casi, e specialmente nella partenogenesi ciclica, sembra come se la natura volesse profittare delle condizioni favorevoli, sfruttando al massimo la capacità riproduttiva della specie e consentendole di abbreviare e semplificare il processo della riproduzione, per poi tornare all'anfigonia non appena le condizioni divengono meno propizie e si richiedono uova capaci di resistere a condizioni avverse. Ma questa interpretazione non ha valore che in alcuni casi, e non è immune da obbiezioni: in molte specie, ad esempio, si è visto che il ciclo è abbastanza strettamente predeterminato e non può venire alterato dalle condizioni ambientali.
Numero dei cromosomi nella partenogenesi. - Nella fecondazione (v.) il numero dei cromosomi caratteristico della specie risulta dall'unione dei gameti, ognuno dei quali ne porta la metà (numero aploide o n). Nella partenogenesi naturale diversi espedienti sono messi in atto per la conservazione del numero dei cromosomi. La partenogenesi arrenotoca è generalmente aploide, cioè lo zigote inizia lo sviluppo con n cromosomi. Il maschio ha perciò nuclei aploidi, e nella spermatogenesi non si ha la riduzione (meiosi) che avviene normalmente, sì che gli spermatozoi hanno il numero aploide, normale, di cromosomi. Tale è secondo ogni probabilità, come si disse, il caso dell'ape e di altri Imenotteri; in altri casi (Rotiferi) avviene probabilmente, nel corso dello sviluppo del maschio, una regolazione del numero dei cromosomi delle cellule somatiche, da n a 2n. Anche in altri tipi di partenogenesi e specialmente nella partenogenesi facoltativa e geografica, si ha generalmente una regolazione, così che gl'individui nati per partenogenesi sono diploidi. Questo risultato si ottiene in diversi modi, e soprattutto: o per la mancanza di divisione riduzionale nell'uovo ed emissione di un sol globulo polare, o per fusione del secondo globulo polare con l'uovo (automissi), ambedue in condizione aploide; in tal caso il globulo polare ha una funzione simile a quella dello spermatozoo nella fecondazione normale. Questi processi, che avvengono con modalità diverse, possono ritrovarsi tutti anche in una stessa specie o razza, come ha mostrato C. Artom per l'Artemia salina.
La partenogenesi sperimentale. - Nel 1866 A. Tichomirov, sfregando con spazzole o panni le uova vergini di baco da seta, ottenne circa il 6% di uova che iniziavano lo sviluppo, e in seguito poté stabilire anche l'analoga azione di certi reattivi, come l'acido solforico concentrato. Tali studî non attirarono però molto l'attenzione, ed è a J. Loeb che spetta il merito d'avere portato la partenogenesi sperimentale in primo piano nelle ricerche biologiche, benché altri autori, come R. Hertwig (1895) e Th. H. Morgan (1896) avessero già fatto esperimenti in proposito. Le prime ricerche del Loeb sono del 1899, e da quell'epoca gli studî si sono moltiplicati ed estesi a quasi tutti i gruppi animali. La partenogenesi sperimentale costituisce infatti un prezioso mezzo d'analisi dei fenomeni della fecondazione (v.) e dei primi momenti dello sviluppo.
Per ottenere lo sviluppo partenogenetico delle uova di Echinodermi, il Loeb elaborò un metodo in due tempi, consistente nel trattamento delle uova vergini con una soluzione di acido butirrico, e poi con acqua di mare ipertonica. Dopo l'azione dell'acido butirrico (altri acidi grassi e numerose altre sostanze si dimostrarono in seguito egualmente attivi) le uova, rimesse in acqua di mare, sollevano la membrana di fecondazione, come uova fecondate, ma non progrediscono poi nello sviluppo: in generale si osserva la comparsa di mitosi monocentriche e tentativi di segmentazione che abortiscono e conducono l'uovo alla citolisi in breve tempo. Dopo il secondo trattamento (ipertonico) invece una buona percentuale delle uova si segmenta e si sviluppa più o meno regolarmente e come risultato finale si possono avere larve (plutei) partenogenetiche.
Il Loeb ritenne che l'acido butirrico eserciti un'azione citolitica, che, se viene arrestata al momento opportuno, interessa soltanto la regione corticale dell'uovo. Come conseguenza si solleva la membrana di fecondazione, mentre aumenta notevolmente il tasso delle ossidazioni nell'interno dell'uovo. Il trattamento ipertonico corregge tale azione, arresta il procedere della citolisi e delle ossidazioni, e consente così all'uovo di svilupparsi regolarmente. Anche nella fecondazione perciò sarebbero da distinguersi due momenti: l'attivazione, che culmina con il sollevamento della membrana ed è una citolisi corticale prodotta da lisine introdotte con lo spermio, e la regolazione, le cui cause sono meno chiare.
Y. Delage (1902-04-07), partendo dal principio che nello sviluppo dell'uovo si ha un succedersi di coagulazioni e di liquefazioni del plasma, cercò d'indurre lo sviluppo partenogenetico, applicando successivamente agenti coagulanti e liquefacenti. Applicando su uova vergini di Strongy locentrotus (Echinoderma) successivamente un acido e una base, in ambiente leggermente ipertonico, ottenne attivazione e sviluppo delle uova, ogni volta che i due reattivi fossero fatti agire in quell'ordine, e soltanto allora. Al trattamento coagulante (acido) corrisponde il sollevamento della membrana, la comparsa dei centrosomi, dell'aster e del fuso; alla liquefazione (base) la scomparsa della membrana nucleare, e successivamente la scomparsa dell'aster e del fuso. È notevole il fatto che poté ottenere lo sviluppo di alcuni individui partenogenetici anche oltre lo stadio larvale, fino a piccoli ricci di mare.
I tentativi per indurre lo sviluppo partenogenetico in uova di Vertebrati (Pesci e Anfibî) con mezzi analoghi a quelli usati per gl'Invertebrati diedero dapprima soltanto risultati incompleti. Nel 1909 J.-E. Bataillon trovò un altro metodo per la partenogenesi delle uova di rana: la puntura con uno stiletto finissimo, di platino o di vetro. Tutte le uova punte reagiscono emettendo il secondo globulo polare e orientandosi, come quelle fecondate: una certa percentuale si segmenta più o meno regolarmente e, fra queste, poche (2-10‰) si sviluppano ulteriormente dando origine a girini, alcuni dei quali possono anche superare la metamorfosi (J. Loeh, C. L. Parmenter, R. Goldschmidt). Il Bataillon poté dimostrare che la puntura semplice induce nell'uovo soltanto la reazione membranogena, analogamente al primo tempo del metodo del Loeb: le uova semplicemente attivate non si sviluppano; l'inoculazione di frammenti di materiale organico, e specialmente di leucociti, interi o frammentati, agisce come il trattamento correttore del Loeb, iniziando lo sviluppo, che, quando le mitosi che ne risultano siano equilibrate, può procedere fino all'embriogenesi ed oltre. Fenomeno essenziale dell'attivazione, comunque ottenuta, è, secondo il Bataillon, una contrazione dell'uovo e la permeabilizzazione della membrana, con l'emissione dei prodotti del catabolismo, specialmente CO2 di cui l'uovo maturo è saturo, e per effetto dei quali il nucleo femminile è bloccato in metafase della seconda divisione di maturazione. Dopo questa reazione epuratrice s'inizia un ciclo di mitosi monocentriche che, se non interviene un processo correttivo (ipertonia o inoculazione di materiale nucleare), conduce l'uovo alla citolisi. Uno dei fenomeni essenziali della "correzione" è la sincronizzazione dei ritmi nucleare e citoplasmatico (ciclo nucleare e ciclo degli aster) che, per effetto della sola attivazione, decorrono asincroni. Il fisiologo R. S. Lillie riconobbe la possibilità di ottenere la partenogenesi negli Echinodermi con la sola azione del calore e negò che si debbano distinguere, nella partenogenesi come nella fecondazione, due tempi, come volevano Loeb, Bataillon, ecc. L'attivazione è un fenomeno unitario e le forze che mettono in movimento l'uovo sono soprattutto elettriche, generate dalle cariche degli elettroliti contenuti nell'uovo e nel liquido ambiente: azione comune di tutti gli agenti attivanti è essenzialmente quella di aumentare la permeabilità della membrana, permettendo agli ioni di attraversarla, nell'uno o nell'altro senso, secondo la loro carica.
F. R. Lillie, invece, soprattutto con ricerche su uova di Echinodermi e di Nereis (Anellide) creò la teoria della fertilizzina (v. fecondazione).
Sperimentando con i raggi X sulle uova e sugli spermî, O. Hertwig (1911) osservò che è possibile, irradiando gli spermî di rana, danneggiarli tanto da non consentire loro di prender parte alla formazione dello zigote: essi penetrano nell'uovo attivandolo, poi rimangono inerti, e lo sviluppo procede partenogeneticamente. G. Hertwig (1924) ottenne risultati simili trattando gli spermî con tripaflavina. Allo stesso risultato si giunge con certe ibridazioni eterospecifiche: spermî di specie differente, anche sistematicamente molto lontana, possono penetrare nell'uovo e indurlo a svilupparsi, senza poi prender parte alcuna alla costituzione dello zigote, che è quindi un falso ibrido, in realtà un partenogenetico. Tale è il caso in molte ibridazioni fra specie diverse di Echinodermi, e particolarmente negl'incroci di E. Godlewsky (1906) fra Echinidi e Crinoidi, fra Echinidi e Anellidi, e in quelli fra Echinidi e Molluschi (Kupelwieser, 1909-1912), ecc. (v. embriologia: Embriologia sperimentale).
Un modo particolare di partenogenesi è poi quello che fu realizzato da G. Hertwig (1911) irradiando con raggi X le uova (di rana) vergini e fecondandole con spermî normali: con dosi opportune il pronucleo femminile è danneggiato tanto che non può più prendere parte allo sviluppo e perciò il solo pronucleo maschile forma i nuclei dello zigote (androgenesi).
Le numerose ricerche fatte negli ultimi trent'anni hanno dimostrato che moltissimi agenti, di natura sia fisica sia chimica (sfregamento, pressione, puntura, calore, bassa temperatura, irradiazione, shock elettrico, pressione osmotica, acidi, basi, sali di metalli pesanti, solventi dei grassi, varî liquidi organici, ecc.) sono capaci di smuovere l'uovo dallo stato di torpore e di asfissia in cui si trova avanti la fecondazione e di condurlo più o meno innanzi nello sviluppo. E quindi caduta la primitiva interpretazione di un'azione specifica di certe sostanze (fecondazione chimica) e si è visto che, sempre che sia trattato con stimoli adeguati, l'uovo reagisce nell'unico modo che gli è possibile: sviluppandosi. Le teorie esposte considerano, più o meno unilateralmente, alcuni degli aspetti fisiologici del processo, ma nessuna può dirsi così completa da dar ragione di tutti i fatti: piuttosto che per il loro valore interpretativo, devono essere prese in considerazione perché, tutte insieme, esprimono il risultato dell'analisi del complesso fenomeno dell'attivazione.
Molti sono ancora i punti oscuri nelle varie tappe del processo: la preesistenza o la formazione ex novo della membrana, l'importanza della membranogenesi per lo sviluppo ulteriore, la irreversibilità dei processi dell'attivazione (ricerche di R. S. Lillie, e di Tyler [1933] sembrano negarla), ecc.; ma due soprattutto sono i problemi che le ricerche attuali cercano di risolvere: 1. l'origine della dicentria, cioè la formazione di mitosi dicentriche, equilibrate, che avviene normalmente in seguito alla fecondazione e dopo certi trattamenti nella partenogenesi (ipertonia, inoculazione di sostanza nucleare, ecc.), laddove la sola attivazione ha come conseguenza mitosi monocentriche; 2. la regolazione del numero dei cromosomi nelle larve ottenute partenogeneticamente. Buona parte di queste, infatti, sono diploidi, e talvolta posseggono anche cellule triploidi.
In conclusione, dalle ricerche sulla partenogenesi sperimentale è risultato che anche all'uovo si applica la legge di J. Müller, delle reazioni specifiche (v. irritabilità), e, mentre si è spinta l'analisi dei processi fisiologici della fecondazione e dei suoi meccanismi fisici e chimici, si è dimostrata ancora una volta l'inanità degli sforzi fatti per interpretare questo fenomeno in termini esclusivamente meccanicisti.
Bibl.: Per la partogenesi naturale v. H. Winkler, Verbreitung und Ursache der Parthenogenesis im Pflanzen- und Tierreiche, Jena 1920; A. Vendel, La Parthénogénèse, Parigi 1931; C. Artom, L'origine e l'evoluzione della partenogenesi attraverso i differenti biotipi di una specie collettiva (Artemia salina L.), in Memorie della R. Accademia d'Italia, Cl. sc. fis. mat. e nat., II (1931). Sulla partenogenesi artificiale v. J. Loeb, Artificial parthen. and fertilization, Chicago 1913; Y. Delage e M. Goldsmith, La parthén. naturelle et expérimentale, Parigi 1913; F. R. Lillie, Problems of fertilization, Chicago 1919; F. R. Lillie e E. E. Just, Fertilization, in E. V. Cowdry, General cytology, ivi 1924; E. B. Wilson, The cell in development and heredity, 3ª ed., New York 1925; A. Dalcq, Les bases physiol. de la fécondation et de la parthén., Parigi 1928.
Botanica.
In botanica il termine di partenogenesi è adoperato dalla maggior parte degli autori nel più stretto significato etimologico per indicare lo sviluppo senza fecondazione di un gamete femminile normalmente e abitualmente fecondabile, il cui nucleo possegga cioè un numero di cromosomi aploide e in cui perciò la mancata fecondazione non sia preordinata da una precedente mancata riduzione cromatica (vera partenogenesi, Strasburger, 1907; partenogenesi aploide, Hartmann, 1909; partenogenesi generativa, Winkler, 1908 e 1920; partenogen.esi gamofasica, Winkler, 1934). Vengono perciò esclusi dal concetto di partenogenesi quei casi in cui le oosfere che si sviluppano senza fecondazione posseggono un numero diploide di cromosomi e nelle quali perciò in linea generale è esclusa a priori la fecondabilità: questi casi vengono più propriamente chiamati dai botanici col nome di apogamia (ooapogamia Strasburger, Juel, ecc.; apogamia goniale, Chiarugi; partenogenesi diploide, Hartmann; partenogenesi somatica o zigofasica, Winkler; v. apomissia).
L'apogamia è necessariamente collegata, in un ritmo regolare d'alternanza, con l'aposporia (v.), cioè con la soppressione, in vario modo conseguita, della riduzione cromatica (apomeiosi) ed è perciò insieme a questa un fenomeno ricorrente (come ricorrenti sono nel ciclo ontogenetico delle piante normali la fecondazione e la meiosi); la vera partenogenesi è, al contrario, un fenomeno non ricorrente, puramente accidentale, che trova il suo determinismo in condizioni eccezionali, naturali o sperimentali.
Nelle alghe, sulle oosfere di Fucus, furono potuti ripetere gli esperimenti eseguiti sulle uova di Echinodermi (Overton); gameti femminili di altre specie furono veduti svilupparsi senza fecondazione (Cutleria, Vaucheria, ecc.), ma i fatti citologici non sono conosciuti, e quindi permane il dubbio se si tratti di vera partenogenesi. Furono veduti anche svilupparsi partenogeneticamente gameti maschili (efebogenesi: Spirogyra, Ectocarpus, Vaucheria).
Nelle piante superiori furono osservate mitosi nelle oosfere aploidi di Gastrodia (Kusano) e di Oenothera (Haberlandt), in condizioni però eccezionali o per traumi e senza che fosse raggiunto lo sviluppo completo di uno sporofito aploide. Solo da pochissimi anni si conoscono con sicurezza numerosi casi di partenogenesi nelle Angiosperme: non si tratta di partenogenesi abituale, ma di partenogenesi indotta durante esperimenti genetici, citologicamente controllati, che portano alla creazione di nuove razze aploidi.
La segmentazione dell'oosfera aploide può essere determinata: 1. da condizioni ambientali eccezionali; così, ad es., basse temperature durante il periodo dell'impollinazione determinarono la comparsa di quei mutanti aploidi di Datura stramonium, sui quali per la prima volta fu sicuramente ammessa la partenogenesi nelle piante superiori (Blakeslee e altri, 1922); 2. da insufficiente impollinazione di un ovario, seguita dalla fecondazione di un numero molto scarso degli ovuli in esso contenuti; le poche fecondazioni avvenute stimolano le altre oosfere del medesimo ovario, ancora vergini, a segmentarsi partenogeneticamente. In questo caso però il più delle volte gli embrioni aploidi partenogenetici, più deboli, sono sopraffatti nell'accaparramento del nutrimento dagli embrioni normali. Anche l'accidentale fusione di ambedue i nuclei del tubetto pollinico col nucleo secondario del gametofito può portare alla segmentazione dell'oosfera aploide, e alla nascita di un mutante aploide (Triticum compactum, Gaines e Aise, 1926); 3. da impollinazione di un ovario non seguita da nessun atto fecondativo: l'accrescimento dei tubetti pollinici è sufficiente a stimolare lo sviluppo vegetativo dell'ovario in frutto (partenocarpia stimolativa) e costituisce uno stimolo anche per la segmentazione dell'oosfera; forse le condizioni ambientali come il freddo, piuttosto che agire direttamente sulla segmentazione dell'oosfera, agiscono sui tubetti pollinici arrestandone o rallentandone l'accrescimento, in modo che essi arrivino all'oosfera quando il tempo di attesa per la fecondazione è per questa già sorpassato, e in modo che si dissociano così le due proprietà fondamentali del polline: cioè lo stimolo per l'accrescimento dell'ovario che è determinato dalla sua germinazione sullo stimma e le sue proprietà fecondanti; 4. da impollinazione di un ovario di una specie col polline di un'altra specie, geneticamente incompatibile con la prima, ma il cui polline sia capace (come ai n. 2 e 3) di determinare su di essa la partenocarpia stimolativa. Il nucleo spermatico entra nel citoplasma dell'oosfera, ma non si fonde col pronucleo femminile, bensì degenera nell'oosfera, mentre questa si segmenta (ginogenesi), ovvero si sostituisce nell'oosfera in segmentazione al nucleo femminile degenerato (androgenesi).
Lo sviluppo dell'oosfera non fecondata con la conseguente degenerazione nel suo citoplasma del nucleo spermatico, fu seguito in tutti gli stadî dallo Joergensen (1928), in Solanum nigrum, impollinato con S. luteum. Nelle altre piante la mancata fecondazione fu dedotta dal fatto che i giovani sporofiti partenogenetici sono di mole ridotta, hanno un numero aploide di cromosomi e somigliano nei caratteri esterni o alla madre (ginogenesi) o al padre (androgenesi).
Col metodo delle impollinazioni col polline di specie geneticamente incompatibili sono stati ottenuti mutanti aploidi partenogenetici in parecchie Angiosperme (Datura, Nicoiiana, Solanum, Crepis, Oenothera, ecc.). Gli sporofiti aploidi, oltre ad essere più piccoli e più deboli dei normali, presentano un'altissima mortalità durante le fasi più critiche dello sviluppo embrionale e postembrionale, e sono in alto grado sterili. Assai interessante è lo studio del loro processo meiotico, in quanto che dal comportamento dei cromosomi dell'unico corredo aploide del mutante durante la profase eterotipica (formazione di gemini o di univalenti) si può aver modo di giudicare se la specie è autopoliploide o allopoliploide, ovvero se possiede un numero di cromosomi uguale al numero cardinale caratteristico del genere al quale appartiene (Bleier). Sono frequenti fenomeni di duplicazione gametica, in conseguenza di cui si ripristinano alla generazione successiva le condizioni normali della specie.
Può del resto accadere assai spesso che, durante gli esperimenti di impollinazione col polline di specie geneticamente incompatibili, possano sorgere insieme agli individui aploidi individui diploidi, assolutamente simili alla madre (falsi ibridi): questo fenomeno è spiegato embriologicamente col fatto che la prima divisione nucleare dell'oosfera aploide non è seguita dalla divisione cellulare e i due nuclei figli si fondono (endoduplicazione) per formare cellule ed embrioni diploidi. Questo processo precoce di regolazione del numero dei cromosomi (duplicazione somatica), analogo a quello illustrato dal Loeb nelle rane partenogenetiche, porta alla formazione di piante diploidi perfettamente omozigote.
Vi è ragione di credere per le modalità con le quali la partenogenesi può essere provocata, che essa si verifichi anche in natura abbastanza frequentemente, sia nelle piante dioiche, sia in quelle autosterili, sia al limite dell'area geografica delle specie. Tuttavia due condizioni genetiche sembrano limitare la possibilità della partenogenesi e cioè: in primo luogo che la pianta non sia fortemente eterozigota, ma omozigota o quasi, affinché il mutante aploide possa, nell'unico corredo cromosomico che possiede, trovare tutte le condizioni genotipiche necessarie per la vita; in secondo luogo che la specie possegga già nel suo genotipo una definita predisposizione a produrre una discendenza partenogenetica: tale predisposizione è analoga a quella che alcuni autori (Holmgren, ecc.), suppongono a ragione essere il determinismo anche dell'apogamia (o partenogenesi diploide; v. apomissia), in quanto la mancanza della riduzione cromatica non è in sé stessa stimolo sufficiente alla segmentazione verginale dell'oosfera, pure essendone in quei casi la necessaria premessa.
Bibl.: H. Winkler, Über Parthenogenesis und Apogamie im Pflanzenreiche, in Progressus Rei Bot., II (1908); E. Strasburger, Zeitpunkt der Bestimmung des Geschlechtes, Apogamie, Parthenogenesis und Reduktionsteilung, in Hist. Beitr., VII, Jena 1909; M. Hartmann, Autogamie bei Protisten und ihre Bedeutung für das Befruchtungsproblem, in Archiv. Protistenkunde, XIV (1909); A. Ernst, Bastardierung als Ursache der Apogamie im Pflanzenreich, Jena 1918; H. Winkler, Verbreitung und Ursache der Parthenogenesis im Pflanzen- und Tierreiche, ivi 1920; A. F. Blakeslee, J. Belling, M. E. Farnham e A. A. Bergner, A haploid mutant in the Jimson Weed, Datura stramonium, in Science, LV (1922); C. A. Joergensen, The Experimental Formation of Heteroploid Plants in the Genus Solanum, in Journ. of Genetics, XIX (1928), p. 133; R. R. Gates e K. M. Goodwin, A New Haploid Oenothera, with Some Considerations on Haploidy in Plants and Animals, in Journal of Genetics, XXIII (1930), p. 123; E. Kuhn, Pseudogamie und Androgenesis bei Pflanzen, in Der Züchter, II (1930), fascicolo 5°, p. 124; O. Rosenberg, Apogamie und Parthenogenesis bei Pflanzen, in Handbuch der Verebungswiss., Berlino 1930; C. D. Darlington, Recent Advances in Cytology, Londra 1932; H. Bleier, Die Meiosis von Haplodiplonten, in Genetica, XV (1933), p. 129; H. Winkler, Fortpflanzung der Gewächse. 7. Apomixis, in Handwörtertbuch der Naturwissensch., Jena 1934; A. Chiarugi, La partogenesi sperimentale nelle piante superiori e la sua importanza per le indagini sulla loro costituzione genetica, in Bull. Soc. it. di biol. sperim., IX (1934).
Etnologia religiosa.
In etnologia religiosa si chiama partenogenesi o parto verginale la nascita di una creatura umana senza previo contatto sessuale. Si noti tuttavia che questa parola ha un senso molto lato e si limita ad affermare la procreazione senza fecondazione: partenogenesi in senso rigoroso si ha soltanto nel dogma cattolico relativamente a Maria, vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto.
Il concetto di partenogenesi è frequente nelle popolazioni primitive e si ricollega in parte alle loro concezioni animistiche, in parte all'errata idea che esse hanno delle leggi fisiologiche che regolano la riproduzione umana.
Così le tribù Arunta dell'Australia centrale ritengono, senza escludere l'atto sessuale, che il concepimento sia la reincarnazione dell'anima di uno degli antenati del clan, naturalmente contraddistinto dal medesimo totem, nel seno di una donna la quale, secondo le leggi esogamiche, potrebbe essere la sua legittima madre. Questa reincarnazione avviene in due modi: o è un "embrione di bambino", ratapa, appollaiato su un albero speciale, che s'introduce nell'alvo di una donna che passa, o è l'antenato medesimo che lancia sulla donna un bastoncino sacro detto namatuna e così la feconda.
Il folklore di tutti i popoli registra casi di fecondazioni asessuali. Uno dei motivi più frequenti è quello in cui la donna si trova incinta per aver inghiottito qualche cosa: un frutto, una foglia, un animaletto, o per aver bevuto un'acqua portentosa. Altri casi sono l'essersi la donna bagnata entro un'acqua consacrata o l'aver baciato un animale o l'essere stata investita dal vento, la cui funzione fecondatrice (non soltanto sulle cavalle, come afferma Virgilio, Georg., III, 274) trova conferma nella mitologia greca in Efesto nato da Era e dal vento. Mezzi di fecondazione sono anche la pioggia (Montezuma); il profumo di un fiore, di un erba aromatica; droghe appositamente preparate; i raggi solari (Perseo e Genghiz Khān).
Si capisce che leggende di questo genere si formano attorno a figure che hanno un'importanza speciale per il gruppo: capi di dinastie, eroi civilizzatori, fondatori di religioni; in quanto il gruppo ritiene che colui il quale è stato investito di una così grande virtù rappresentativa debba essere sfuggito alla sorte comune e il meraviglioso debba aver presieduto alla sua vita fin dal momento della concezione. Così il Buddha, secondo la leggenda canonica, entrò nell'alvo della regina Māyā sotto forma di un elefante bianco a sei zanne e nacque all'improvviso mentre la madre si appoggiava a un albero carico di fiori nel parco di Lumbim.
Bibl.: P. Saintyves, Les Vierges-mères et les naissances miraculeuses, Parigi 1908; A. van Gennep, Religions, moeurs et légendes, I, ivi 1908, pp. 14-25 (Lucina sine concubitu).