parti del corpo
Le parole relative al corpo umano hanno un’importanza specifica nella lingua in quanto occupano un posto di rilievo in una varietà di ambiti specialistici, come la medicina (e più latamente le scienze biomediche; ➔ medicina, lingua della), la cura della persona, lo sport; nel contempo però rappresentano una significativa porzione del ➔ lessico comune e fondamentale, connesso con la quotidianità. Studi recenti hanno insistito sulla centralità semiotica del vocabolario anatomico umano (Casadei 1996: 235; Veland 2003; Ruthrof 2000). Il corpo rappresenta infatti una realtà di comune percezione, organizzata secondo principi strutturali universali. L’unità corporea può dunque costituire un insieme di nozioni delle quali l’uomo si serve per definire e organizzare il mondo che lo circonda (Cardona 1976: 108; Cuturi 1981: 26).
La nomenclatura anatomica principale può essere raggruppata in insiemi strutturati secondo la relazione ‘parte di’, quindi seguendo l’articolazione fisica del corpo (gli esempi seguenti sono tratti per lo più dai due dizionari dell’uso VIT 20083 e GRADIT 1999-2007): testa (di cui fanno parte, per es., orecchio, zigomo, fronte, tempia, occhio, naso, bocca, mento, collo); tronco (con spalla, seno, ascella, capezzolo, torace, addome, ombelico, bacino, anca, inguine, pube, pene, scroto, vulva, ecc.); arti, a loro volta suddivisi in arti superiori (con braccio, gomito, avambraccio, polso, mano, dito, ecc.) e arti inferiori (con gamba, ginocchio, polpaccio, caviglia, piede, tallone, ecc.).
Internamente si distinguono: i muscoli (per es., temporale, occipitale, trapezio, deltoide, bicipite, ecc.); i tendini; i legamenti; lo scheletro (composto da ossa: cranio, osso frontale, mascella, mandibola, vertebra, clavicola, sterno, omero, costola, colonna vertebrale, ulna, radio, ileo, osso sacro, carpo, metacarpo, falange, femore, rotula, tibia, perone, tarso, metatarso, ecc.); gli organi interni (cervello, vena, arteria, faringe, laringe, trachea, esofago, bronco, polmoni, cuore, fegato, stomaco, cistifellea, milza, intestino, rene, vescica, ecc.), e così via.
Gran parte dei nomi delle parti del corpo proviene dal latino, per trafila ereditaria o tramite reintroduzione successiva in forma di ➔ cultismi. Il campo lessicale delle parti del corpo tuttavia ha subito notevoli ristrutturazioni nel passaggio dal latino all’italiano, molte delle quali avvenute attraverso allargamenti e/o trasformazioni di significato per vicinanza o contiguità, come il caso di bŭcca, originariamente «guancia», passato a indicare (dopo il declino di os) «bocca». In altri casi i cambiamenti hanno riguardato la formazione delle parole, come orecchio da auriculum, diminutivo del lat. auris. Talvolta il vocabolo assurto a termine anatomico poteva in origine non designare una parte del corpo, com’è il caso di testa «vaso, recipiente» (accezione conservatasi in alcuni dialetti), passato poi a indicare, per metafora, «capo» (Aprile 2005: 80-82).
Nel corso dei secoli diversi ➔ grecismi sono penetrati in questo dominio (per es., il settecentesco prostata o l’ottocentesco perone; Serianni 2005: 168), ma è soprattutto il latino a imporsi dando origine, insieme al greco, a doppioni lessicali che si riflettono specialmente nella terminologia clinica (del tipo fegato / epatico, orecchio / otite, rene / nefrite, ecc.).
Nella stratificazione del lessico corporeo l’apporto esogeno è raro, ma non assente, e si registra soprattutto in alcuni momenti della storia linguistica italiana; si pensi, per es., agli ➔ arabismi, circolanti nel lessico anatomico medievale, pochi dei quali tuttavia giunti fino a noi (per es., nuca, i calchi pomo d’Adamo e vena safena; Serianni 2005: 176).
Nel linguaggio comune alcuni termini anatomici risultano colpiti da interdizione (➔ tabu linguistico). Si tratta in genere di parti del corpo connesse alla sfera sessuale e, anche, alle funzioni biologiche.
I termini sostitutivi, o eufemismi, si dispongono lungo una gradazione di ➔ registro che può andare dal recupero colto alla forma popolare (spesso di matrice dialettale) e volgare, passando per sfumature colloquiali impiegate in contesti familiari e infantili. Così, per es., l’organo maschile può essere indicato da cultismi come membro maschile o virile, fallo, asta e verga, termini volgari come cazzo, minchia, nerchia, ecc., eufemismi metaforici come banana, fava, piffero, pisello, uccello, ecc., voci infantili come pipino e pisellino (Galli de’ Paratesi 1964: 87-97; ALI 1995-: vol. I, Il corpo umano: c. 63 pene).
Gli approcci linguistici con cui si indagano i termini del corpo si realizzano in tre principali ambiti: «lo studio del vocabolario del corpo e dei nomi delle parti del corpo; lo studio delle estensioni simbolico-metaforiche del vocabolario del corpo […]; lo studio delle metafore che legano domini astratti al dominio corporeo e fisico-percettivo» (Casadei 1996: 235-236).
Molti termini presentano ambiguità, o polisemia, ovvero hanno significati secondari e metaforici che si aggiungono a quello anatomico letterale: per es., collo, oltre a designare una parte del corpo umano, indica per estensione la parte di una camicia (stirare bene il collo con l’appretto), per similitudine la parte superiore di un oggetto (il collo di una bottiglia), e così via. In molte lingue, infatti, la terminologia delle parti di oggetti e cose si avvale spesso di metafore corporee (Cardona 1976; Cuturi 1981: 26): espansioni di significato (figurato o esteso) si aggiungono al valore letterale mediante i noti meccanismi della ➔ metafora e della similitudine (braccio di mare, gamba del tavolo, cuore della notte, la testa del treno). La sfera del corpo (insieme a quella relativa allo spazio, a cui appare strettamente connessa) presenta infatti una notevole potenzialità di riutilizzazione metaforica.
I termini corporei sono particolarmente produttivi nella costituzione di unità fraseologiche ed espressioni idiomatiche in cui il corpo e le sue funzioni sono usati per metaforizzare domini non corporei (Casadei 1996: 235-324). Molte di queste espressioni rappresentano lo scambio metonimico tra l’evento corporeo e l’evento metaforico (allungare le mani, alzare il gomito, chiudere gli occhi, ficcare il naso, mettere piede), oppure tra l’effetto fisiologico di un’emozione e l’emozione (allargare il cuore, avere / sentirsi il cuore in gola, battere i denti, lasciare a bocca aperta) e, anche, tra l’agitazione fisica e le emozioni intense (avere il fuoco sotto i piedi, avere il pepe nel sedere, saltare la mosca al naso).
Piuttosto frequente la metonimia dell’organo per la facoltà: avere cervello (cervello per «intelligenza»), avere cuore (cuore per «affetti»), avere fegato (fegato per «coraggio»), vendere cara la pelle (pelle per «vita»). I termini connessi ai sensi generano numerose metafore percettive; anzitutto la vista che, come maggiore fonte di dati sul mondo esterno, rappresenta la metafora («conoscere è vedere») percettiva più estesa: avere / tenere gli occhi aperti, essere sotto gli occhi di tutti, non perdere d’occhio, ecc.; poi, l’udito («recepire è ascoltare»): aprire / allungare / drizzare / tendere le orecchie, ecc.; l’odorato («intuire è annusare»): andare a lume di naso, avere naso, ecc.; il gusto («esperire è assaggiare»): avere / restare con l’amaro in bocca, fare la bocca, rifarsi la bocca, rivoltare lo stomaco, ecc.; il tatto («capire è afferrare»): avere la mano leggera o pesante, toccare con mano, urtare i nervi, ecc.
Da un punto di vista strutturale-semantico (semplificando lo schema proposto da Veland 2003) è possibile distinguere i seguenti tipi di unità fraseologiche contenenti un termine anatomico:
(a) combinazioni costituite da un termine somatico + aggettivo o complemento: doppio mento, pelle liscia e anche occhio di falco o di lince, mani da pianista (anche in senso fig. come testa calda, testa dura, duro d’orecchi e nervi d’acciaio); i termini corporei usati in senso figurato si legano frequentemente a un verbo, sotto forma di ➔ sintagma preposizionale: accogliere a braccia aperte, armarsi fino ai denti, parlare a cuore aperto;
(b) combinazioni che condividono due livelli semantici, ossia offrono descrizioni referenziali di gesti e posture corporee ma nel contempo hanno un significato simbolico decodificabile in base al contesto culturale: abbassare la testa, allargare le braccia, aggrottare le (soprac)ciglia o la fronte, battere i denti, restare a bocca aperta, scuotere il capo o le spalle, stare a capo chino; talvolta il significato puramente referenziale può esaurirsi in seguito al declino della pratica sociale o del gesto emblematico a cui l’espressione era connessa; in tali casi resta solo l’espressione figurata, come, ad. es., per strapparsi i capelli e coprirsi il capo di cenere;
(c) combinazioni sintatticamente e semanticamente inscindibili, come ugola d’oro, a mezza bocca, fuori dai denti, da leccarsi le dita, anche con due termini corporei come dalla testa ai piedi, tra capo e collo; ma soprattutto sintagmi fissi, composti da un verbo e un altro elemento richiamato automaticamente, molti dei quali cristallizzati in modi di dire: avere grilli per la testa, avere la testa tra le nuvole, avere un diavolo per capello, cadere in piedi, chiudere gli occhi, essere un osso duro, non avere peli sulla lingua, toccare il cielo con un dito.
ALI (1995-) = Atlante linguistico italiano, diretto da M.G. Bartoli et al., Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato.
GRADIT (1999-2007) = Grande dizionario italiano dell’uso, diretto da T. De Mauro, Torino, UTET, 8 voll.
VIT (20083) = Vocabolario della lingua italiana Treccani, diretto da A. Duro, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 5 voll.
Aprile, Marcello (2005), Dalle parole ai dizionari, Bologna, il Mulino.
Cardona, Giorgio Raimondo (1976), Introduzione all’etnolinguistica, Bologna, il Mulino.
Casadei, Federica (1996), Metafore ed espressioni idiomatiche. Uno studio semantico sull’italiano, Roma, Bulzoni.
Cuturi, Flavia (1981), Metafore, proiezioni e rideterminazione nella terminologia anatomica, «La ricerca folklorica» 4, pp. 25-32.
Galli de’ Paratesi, Nora (1964), Semantica dell’eufemismo. L’eufemismo e la repressione verbale con esempi tratti dall’italiano contemporaneo, Torino, Giappichelli.
Ruthrof, Horst (2000), The body in language, London - New York, Cassell.
Serianni, Luca (2005), Un treno di sintomi. I medici e le parole. Percorsi linguistici nel passato e nel presente, Milano, Garzanti.
Veland, Reidar (2003), Strutture lessico-semantiche dei nomi di parti del corpo, «Studia neophilologica» 75, 2, pp. 126-132.