DESTRA, Partito di
I partiti di Destra sono i partiti conservatori e reazionarî: la loro è la storia, viva sempre nel seno di ogni età della vita umana, della tendenza a conservare gli ordinamenti del passato, che, dinnanzi alle tendenze rinnovatrici, può talora, nei momenti più gravi, porsi anche come reazionaria.
In Europa e in America la storia dei partiti di Destra è dunque, e non può esser altro, che la storia dei partiti conservatori. Pure, in Italia la Destra ebbe una sua vicenda originale dall'inserirsi che avvenne in essa sugl'ideali conservatori delle tendenze nazionali e unitarie. L'Italia è il solo paese in cui il nome di partito di Destra risponda a una concreta realtà storica. Le sue lontane origini sono nel pensiero storicista con cui l'Italia della Rivoluzione francese e dell'Impero reagì alle larghe influenze illuministiche che avevano corso anche il Settecento italiano: reazione che era insieme una ripresa della tradizione politica italiana da Machiavelli a Vico. In essa confluiscono le prime tendenze unitarie e i primi accenni a un problema nazionale italiano, che sono della stessa età. Queste tendenze maturano intere nel federalismo neoguelfo del 1848 e arrivano a una migliore coscienza di sé proprio nel fallimento pratico degl'ideali loro.
Dalle critiche del Cuoco alla rivoluzione napoletana del 1799, alla revisione che il Gioberti fa dopo il 1849 delle premesse del suo Primato, è precisamente tutta una preparazione remota e prossima della mentalità rinnovatrice che darà alla Destra l'agilità per dominare gli avvenimenti del decennio cavourriano. Essa si forma storicamente nell'esperienza del 1848 e del 1849, soprattutto dinanzi ai conati di rivolta sociale che corsero in quell'anno anche l'Italia, e di fronte ai quali i democratici sentirono di dover tornare alla logica conservatrice che era nella posizione strettamente politica della loro azione. La Destra esce da questa fusione di democratici e moderati, che nel 1848 erano restati divisi su una pura lotta di forme politiche: monarchia o repubblica, unità o federalismo; dopo qualche anno, Daniele Manin, il repubblicano del '49, potrà aderire al programma del Cavour.
È la formazione della Destra storica: crolla tutta la soprastruttura del programma moderato col suo moderatismo neoguelfo; e se in una parte di essa si scopre il contenuto conservatore, dall'altra, dinanzi al potere temporale della Chiesa, si viene affermando la necessità di una posizione liberale: si delineano già, in questi incerti inizî, i due problemi che saranno più tardi quelli fondamentali della Destra: l'organizzazione del nuovo Stato italiano, il suo atteggiamento di fronte alla Chiesa cattolica.
Tra il 1849 e il 1859 la formazione di questo grande partito si compie sotto la guida abile del Cavour: i diversi elementi della vecchia democrazia e del fallito neoguelfismo s'incontrano nella comune fede in casa Savoia, che ha saputo difendere le concesse istituzioni liberali. In questa Destra, con le differenze naturali dei temperamenti e con la differenza storica delle tradizioni, confluiscono i vinti della rivoluzione napoletana, uomini formati dalla cultura vichiana e hegeliana del Mezzogiorno a un sicuro concetto dell'eticità dello stato; i moderati toscani, con le loro preoccupazioni di sincerità religiosa, aspri verso la Chiesa temporale quanto rispettosi dei valori spirituali del cattolicesimo; i moderati degli stati pontifici, i più incerti a trovare nel loro moderatismo la via per arrivare a una soluzione nazionale del problema italiano; i democratici che sentono ormai di non perder più nulla delle loro premesse nell'aderire a un programma politicamente concreto. Momenti salienti di questa storia che segnano il distacco deciso da ogni tendenza schiettamente conservatrice dei vecchi ordinamenti piemontesi, ormai rinnovati per sempre dallo Statuto, e l'avviamento concreto verso l'attuazione del programma nazionale, sono il connubio del Cavour col Rattazzi e l'adesione di Daniele Manin al programma piemontese.
Ricca di rappresentanti formati alla politica, la Destra fornì all'Italia i suoi uomini per il governo anche dopo la morte di Cavour e seppe con la presa di Roma condurre a termine l'opera ormai fondata dallo statista piemontese. Ancora sei anni durò il governo dopo il 1870, quando una nuova Sinistra, in cui partecipavano alla lotta politica tutti i fermenti di lotta sociale soffocati nel 1848, ne prese il posto nella direzione dello stato.
Le opere che la Destra lasciava erano un'organizzazione centralizzata dello stato, creata dal Ricasoli, e che rispondeva alla concezione autoritaria dello stato, che fu degli uomini della Destra, e più rispondeva alle necessità di organizzazione del giovine popolo, che ora si sperimentava per la prima volta agli ordinamenti di un paese moderno; e una soluzione fermamente liberale dei rapporti fra Stato e Chiesa, determinata giuridicamente nella legge delle guarentigie.
Con il 1876 non s'interrompe l'opera e ideale e concretamente politica della Destra, ma continua nella sua opposizione. Essendo al potere la Sinistra, che usciva da un corpo socialmente e politicamente meno omogeneo, e che naturalmente tendeva a fare dello stato l'amministratore e il protettore degl'interessi privati del corpo elettorale nuovo, in cui trovava la sua forza, la Destra ha una sua missione rinnovata nella lotta politica. A essa il governo delle Sinistre, con l'intrusione prepotente del partito nell'amministrazione dello stato, apparve in tutta la sua realtà immorale: contro la Sinistra mossero i suoi migliori uomini: il Minghetti proponendo, oltre al rigido accentramento, che richiedeva per l'amministrazione una classe politica sceltissima, il self government all'inglese; lo Spaventa propugnando una rigida codificazione e un inflessibile rispetto del diritto pubblico, la responsabilità degli amministratori, l'istituzione di una quarta sezione giurisdizionale del Consiglio di stato. La lotta degli uomini di Destra non fu vana, e la loro critica preparò nel campo dell'amministrazione proposte che la Sinistra, con Crispi, più tardi riprese.
Dinanzi alla Chiesa cattolica, con l'affermazione dello Stato italiano come Stato laico, legò alla nuova Italia un monumento di sapienza politica: la legge delle guarentigie, che né l'estremismo delle Sinistre né il reazionarismo di qualche nucleo di Destra riuscirono a far tornare in discussione. Qui, più che nella costituzione dello stato, che talora tendeva a divenire autoritario, si rileva il fondo liberale della dottrina della Destra. A parte ogni varia interpretazione degli uomini stessi della Destra, nella legge delle guarentigie si vide una divisione politica dello Stato dalla Chiesa, non una divisione morale del cittadino dal credente. Anche per coloro che dal hegelismo erano, come lo Spaventa, più portati a estendere la sfera d'azione dello stato su tutti i valori morali della vita umana nel suo attuarsi storico, si finì col riconoscere che la questione era risoluta per l'acquiescenza del paese che, benché il capo del cattolicesimo non riconoscesse il nuovo stato, restava cattolico e non più discuteva il fatto compiuto di Roma italiana.
La storia della Destra è la storia di una generazione: formata nel 1848, la sua azione si smorza dopo i primi anni di governo della Sinistra. Il suo patrimonio ideale, che sembrò allora disperdersi, restò invece fermento di vita che corre anche oggi nella vita italiana.
Bibl.: A. Brofferio, Storia del parlamento subalpino, Torino 1866; F. Ruffini, La giovinezza del conte di Cavour, Torino 1912; E. Treitschke, Cavour, Firenze 1921; P. Matter, Cavour et l'unité italienne, Parigi 1922-26; S. Spaventa, La politica della Destra, Bari 1901; M. Minghetti, Stato e Chiesa, 2ª ed., Milano 1878; id., I partiti politici e l'ingerenza loro nella giustizia e nell'amministrazione, Milano 1885; A. De Meis, Il sovrano, Bari 1927.