Partito nazionale fascista (PNF)
(PNF) Partito politico italiano fondato l’8 novembre 1921 al teatro Augusteo di Roma durante il 3° Congresso nazionale dei Fasci italiani di combattimento fondati da Benito Mussolini a Milano il 23 marzo 1919. Inizialmente a carattere rivoluzionario e con vocazione antipartitica, il movimento fascista aveva da tempo cominciato a mutare pelle con l’immissione di elementi che guardavano a esso come a uno strumento utilizzabile in chiave antisocialista e antipopolare. Da fenomeno prevalentemente «urbano» il fascismo era diventato un fenomeno «rurale» e si era rapidamente espanso sull’intero territorio nazionale, caratterizzandosi, attraverso lo «squadrismo», come una forza che raccoglieva ormai anche settori della piccola e media borghesia intellettuale e impiegatizia e che era divenuta funzionale agli interessi sia degli agrari e degli industriali zuccherieri preoccupati di ristabilire l’ordine nelle campagne sia dei nuovi proprietari, già affittuari e mezzadri, che avevano acquistato terre svendute per paura. La trasformazione in un vero e proprio partito, il PNF, comportò la creazione di una struttura organizzativa definita nello Statuto-Regolamento generale approvato dal congresso. Il documento disegnava un modello di partito, per un verso simile a quelli operanti in Parlamento (organi dirigenti ne erano il Consiglio nazionale, il Comitato centrale, la Direzione, la Segreteria generale) e per altro verso con una impronta militare evidente negli articoli che definivano le modalità di costituzione dei fasci (le sezioni locali del PNF) dotati di un proprio «gagliardetto di combattimento» e di «squadre di combattimento» e raggruppati in Federazioni provinciali. In seguito lo statuto del PNF sarebbe stato rivisto più volte, nel 1926, nel 1929, nel 1932, nel 1938. Primo segretario generale del PNF fu eletto M. Bianchi , che rimase in carica per un anno fino al momento in cui entrò a far parte del governo Mussolini costituito dopo la marcia su Roma. Gli successero prima N. Sansanelli (nov. 1922-ott. 1923) e F. Giunta (ott. 1923-apr. 1924) poi un quadrumvirato composto da R. Forges Davanzati, C. Rossi, A. Melchiori, G. Marinelli (apr. 1924-febbr. 1925). Dopo il delitto Matteotti e la svolta autoritaria annunciata con il discorso del 3 genn. 1925, Mussolini decise di mettere ordine nel partito, dove si erano manifestate forze centrifughe e dissidenze, e chiamò a reggerne la segreteria R. Farinacci (febbr. 1925-marzo 1926). Questi, convinto che al partito dovesse spettare un ruolo prioritario nella vita del Paese anche nei confronti delle istituzioni, riportò in esso disciplina e compattezza potenziandone le strutture. L’idea che Farinacci aveva del partito era opposta a quella di Mussolini che riservava allo Stato una funzione di supremazia sul partito. Per questa ragione, una volta riconquistato il controllo del partito grazie al suo potenziamento, Mussolini provvide alla sostituzione di Farinacci con A. Turati (marzo 1926-ott. 1930) e fece approvare un nuovo statuto del partito (ott. 1926) che, tra l’altro, ne limitava l’autonomia e aboliva ogni forma di elezionismo. La segreteria di Turati fu caratterizzata, anche attraverso l’epurazione dei suoi quadri, dalla trasformazione del PNF in un corpo sempre più burocratico e sempre più inquadrato nel regime. Pur cercando di eliminare il dualismo partito-Stato a favore di quest’ultimo, Turati si batté per la valorizzazione del partito concepito come fucina di elementi destinati a costituire il nucleo di una nuova classe dirigente di uno Stato sempre più presente nella vita del Paese. Sotto la sua guida fu ampliata, nel quadro del più generale progetto di fascistizzazione della società italiana, la sfera delle iniziative e delle attribuzioni del partito in molti campi, da quello assistenziale a quello sportivo, da quello scolastico a quello sindacale. A succedere a Turati fu chiamato G. Giuriati (ott. 1930-dic. 1931), il quale proseguì l’opera di epurazione (furono espulsi dal partito circa 120.000 iscritti) e potenziò il ruolo del partito in settori della società (mondo giovanile, universitario, femminile e via dicendo) meno curati dal predecessore. La segreteria successiva, affidata ad A. Starace (dic.1931-ott. 1939), fu la più lunga dell’intera storia del PNF. Starace portò avanti la devitalizzazione politica del partito anche attraverso l’esasperazione di aspetti coreografici e militareschi e attraverso l’accentuazione del culto del duce. Al tempo stesso, nelle sue intenzioni e dello stesso Mussolini col quale egli lavorò all’unisono, il partito, soggetto alla piena subordinazione politica del duce, doveva diventare centro propulsore di larghi settori della vita nazionale: di qui una serie di provvedimenti come la riapertura delle iscrizioni al PNF in occasione del decennale e l’adozione di regolamenti rigidi per le organizzazioni (giovanili, femminili, scolastiche, di lavoratori ecc.) dipendenti dal partito. In questa stessa ottica si inserisce la concessione, nel 1937, del rango di ministro al segretario del PNF. Dopo Starace si susseguirono alla segreteria del partito E. Muti (nov. 1939-ott. 1940), A. Serena (nov. 1940-dic. 1941), A. Vidussoni (dic. 1941-apr. 1943), C. Scorsa (apr. 1943, luglio 1943), senza alcun sostanziale mutamento dalla linea seguita da Starace. Dopo la caduta del fascismo, Badoglio decretò lo scioglimento del PNF il 27 luglio 1943. Il 13 settembre Mussolini costituì un nuovo Partito fascista repubblicano, che cessò la sua esistenza il 28 aprile 1945.