EUSTACHI, Pasino
Nacque a Pavia attorno al 1360, da una famiglia di pescatori e piccoli commercianti di pesce, che risiedeva in Porta Pertusio, presso uno degli scali mercantili del porto sul Ticino. Verso la fine del secolo era uno dei rappresentanti del paratico dei pescatori pavesi e possedeva alcune fornaci lungo il corso del fiume. Iniziò anche a collaborare al governo della flotta ducale e della darsena e nell'ottobre del 1401 fu nominato dal duca Gian Galeazzo Visconti capitano generale della flotta.
Uomo d'azione, l'E. fu coinvolto nei turbamenti politici che interessarono la sua città nei mesi seguiti alla morte del duca, avvenuta il 3 sett. 1402. Non risulta ben chiara la sua collocazione all'interno degli schieramenti cittadini, ma la fazione vincente pretese da Filippo Maria Visconti, quando si insediò a Pavia, un declassamento dell'E., che dovette dividere la responsabilità della flotta con un altro capitano. Nel 1403 gli eredi di Gian Galeazzo lo confermarono capitano generale del naviglio. Di nuovo nel 1407 l'E. fu coinvolto nelle lotte politiche cittadine e in seguito a ciò fu temporaneamente allontanato dall'incarico, ma negli anni successivi egli riprese il suo posto: fu confermato nella carica il 9 ott. 1412 e fino alla morte fornì ai Visconti una preziosa collaborazione nelle guerre di quegli anni.
Nel corso del 1425 numerose sono le lettere a lui indirizzate dal duca relative al trasporto di truppe, armi e vettovaglie in Romagna, dove l'esercito visconteo combatteva. Nei primi mesi del 1426 ebbero luogo i preparativi del primo scontro tra Milano e la Repubblica veneta. Secondo i compiti del suo officio, l'E. provvide a reclutare i guastatori e "navaroli", che le Comunità del dominio avevano l'obbligo di fornire, e coordinò i lavori per rafforzare le fortificazioni fluviali del Po, specialmente attorno a Cremona. Il ruolo della flotta fluviale si rivelò particolarmente importante nelle guerre tra le due potenze padane, che si combatterono nel territorio fra il Po, l'Adda e l'Oglio: gli scontri navali si susseguirono numerosi e spesso il loro esito fu decisivo per le sorti del combattimento.
Nel marzo del 1427 la flotta comandata dall'E. si oppose alle navi veneziane che avevano risalito il Po. Ottenuta la resa di Casalmaggiore, le forze viscontee di terra e d'acqua procedettero in un'azione coordinata per conquistare Brescello, ma un contrasto sorto tra l'E. e N. Piccinino, comandante dell'esercito, pregiudicò la riuscita dell'azione: i Veneziani riuscirono a sbarcare a Brescello e a infliggere gravi perdite all'armata milanese. Nell'agosto i Veneziani si spinsero nuovamente fin sotto Cremona e l'E. tentò una manovra ardimentosa per circondare la flotta nemica: il tentativo però fallì e il capitano si vide costretto a impegnare battaglia in condizioni di svantaggio. Anche le forze terrestri del duca di Milano subirono una grave sconfitta a Maclodio e così si giunse alla fine della guerra e alla stipulazione del trattato di pace - rovinoso per i Milanesi - nell'aprile del 1428.
Negli anni successivi l'E. fu di nuovo attivamente impegnato fra Pavia, Cremona, Locarno e le località del lago di Como nella preparazione dei galeoni, delle difese fluviali e nel reclutamento di guastatori e "navaroli". Alla ripresa degli scontri con i Veneziani, nel 1431, la flotta da guerra allestita e comandata dall'E. era composta da 28 galeoni armati e da altrettante navi da carico. Nel giugno del 1431 l'E. fu protagonista di uno scontro sul Po che si rivelò decisivo per le sorti della guerra. La flotta veneta si portò sotto le mura di Cremona e le forze navali milanesi si avviarono ad affrontare i nemici ampiamente sostenute dalla parallela avanzata delle armate condotte da F. Sforza e dal Piccinino. Al contrario, F. Bussone detto il Carmagnola, capo dell'esercito di Venezia, non sostenne adeguatamente la sua flotta, che affrontò lo scontro in condizioni di inferiorità e dovette subire la distruzione di gran parte delle navi. Terminata questa seconda fase dello scontro, l'E. convinse il duca a smobilitare parzialmente la costosa flotta di galeoni ricoverata nella darsena di Pavia, ed egli stesso procedette all'operazione nel corso del 1432.
I servigi dell'E. come capitano del naviglio ducale, responsabile dei cantieri navali e commissario della navigazione fluviale, furono ampiamente ricompensati dal duca Filippo Maria, che già nel 1420 gli aveva donato le ragguardevoli entrate del porto del Tovo, due grandi tenute nel Pavese e nel Cremonese e che gli accordò anche in seguito concessioni e favori. Nel 1436 e nel 1437 l'E. curò nuovamente l'armamento dei galeoni e l'apprestamento delle difese fluviali in vista di una ripresa dello scontro con Venezia. Particolarmente interessato a un rafforzamento delle forze navali milanesi era il marchese di Mantova, che - recente alleato del Visconti - temeva un attacco da parte della Repubblica e chiamò perciò presso di sé l'E. nell'agosto del 1438, incaricandolo di allestire la flotta fluviale mantovana.
In quell'epoca i lavori nei cantieri della darsena di Pavia erano seguiti dall'E. insieme col figlio Antonio. Le maggiori difficoltà incontrate dagli Eustachi nei preparativi di guerra concernevano le contribuzioni obbligatorie in denaro e uomini dovute dalle Comunità del Ducato. Sottoposti a una dura pressione fiscale, i Comuni lombardi opponevano forti resistenze ma l'E., come di solito quando si trattava di obbligare e condannare i renitenti, procedette con grande energia.
Nel 1438 riprese la guerra tra Milano e Venezia e nel settembre del 1439 ebbe luogo uno scontro navale sulle acque del lago di Garda, nel quale le forze milanesi prevalsero e distrussero la flotta nemica. L'E. capeggiò le navi viscontee anche nelle successive vicende della guerra, che non furono altrettanto favorevoli ai Milanesi: la flotta veneta fu presto ricostruita e i nemici riconquistarono le posizioni perdute. Nel 1441 l'E. fu presente a Cremona alla pubblicazione del trattato di pace tra il duca di Milano, lo Sforza e la Repubblica veneta.
Oltre al governo militare della flotta l'E. servì il duca di Milano anche in incarichi di diversa natura: coordinò la sorveglianza dei passi fluviali in tempi di peste, fu incaricato della costruzione di un edificio destinato all'abitazione del duca nel parco del castello di Pavia (ma la costruzione non fu realizzata), presenziò a cerimonie e occasioni ufficiali.
Non meno importante era la posizione dell'E. all'interno degli organi rappresentativi della sua città: nel 1443 ebbe dai suoi concittadini l'incarico di effettuare i lavori di contenimento delle acque del fiume che correvano presso le mura di Pavia. Fu spesso nominato arbitro in cause giudiziarie e interpellato nelle più importanti decisioni civiche. Il suo palazzo in porta Pertusio era, per magnificenza, pari a una residenza principesca, degna di ospitare, nel 1441, il marchese Niccolò (III) d'Este, signore di Ferrara. Non solo a Pavia fu tra i cittadini più eminenti, ma anche a Cremona, dove aveva un'altra residenza e dove era ricoverata parte della flotta ducale.
Le sue attività mercantili furono assai dinamiche e differenziate e la sua intraprendenza lo condusse a interessarsi di ogni traffico legato alle comunicazioni fluviali: al commercio del pesce aggiunse la gestione di fornaci situate lungo il corso del fiume, il monopolio dell'estrazione dell'oro dalle ghiaie del Po e del Ticino, il commercio di legname, panni e altre merci. Col passare del tempo le sue attività economiche si orientarono prevalentemente agli investimenti fondiari e all'attività di finanziamento e prestito. Il peso crescente delle attività finanziarie è dimostrato dagli atti notarili che rogano vendite fittizie e trasferimenti mascherati e dal considerevole patrimonio in valuta da lui tesaurizzato. Lo stesso duca si valse dell'E. per alcuni grossi mutui: in cambio di un prestito gli concesse in usufrutto la tenuta di Spinadesco, presso Cremona, del valore di oltre 20.000 fiorini.
Le prerogative spettanti all'E. in virtù della sua carica ufficiale gli procurarono non pochi vantaggi nelle sue attività di commerciante e imprenditore: come capitano del naviglio, capitano della darsena e commissario dei navaroli di tutto il Ducato godeva dell'immunità dai dazi, disponeva di basi equipaggiate in diversi punti dei fiumi, interveniva nella manutenzione delle vie fluviali, dei porti e degli attracchi, sorvegliava il traffico navale e aveva la facoltà di intercettare e controllare le navi commerciali di passaggio. Anche il controllo sul mercato del pesce faceva parte dei suoi compiti. Entrando in contatto con Stati e signori forestieri, non mancava di stipulare vantaggiosi contratti: nel 1435 firmò un accordo con gli agenti del signore di Ferrara per la fornitura di anguille e pesci delle valli ferraresi.
Grazie alla sua intraprendenza e al suo fiuto negli affari, in un cinquantennio egli accumulò una sostanza enorme, pur partendo da origini modeste, e in una città che non offriva troppe occasioni di rapido arricchimento. I beni e le suppellettili contenuti nella "domus" pavese, che l'E. lasciò in eredità al figlio minore Bernardo, sono sorprendenti per pregio e varietà e indicativi di uno stile di vita assai sfarzoso: vi erano vesti e tessuti preziosi, armature, argenterie, gioie, libri e codici miniati, e i magazzini erano colmi di merci e derrate. Presso le mura di Pavia egli possedeva inoltre un esteso giardino detto "il Paradiso" che valeva oltre 10.000 fiorini.
Fece testamento l'11 giugno 1445 e vi appose poi delle piccole modifiche nel settembre; morì pochi giorni dopo, a Pavia, e fu sepolto nella cappella di famiglia in S. Teodoro. Lasciò la maggior parte delle sue sostanze al secondogenito Antonio, ma ricchi lasciti erano riservati al figlio minore Bernardo. Il primogenito Giovanni gli era premorto.
Fonti e Bibl.: Iohannis Simonetae Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium ducis Commentarii, in Rerum Ital. Script., 2 ed., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 28, 36, 189; L. Osio, Documenti diplom. tratti dagli archivi milanesi, III, Milano 1872, pp. 151, 166; Gli atti cancellereschi viscontei, II, Carteggio extradominium, a cura di G. Vittani, I, Milano 1929, ad Indicem; L. Rossi, La flotta sforzesca nel 1448-49, in Boll. d. Soc. pavesedi storia patria, XII (1912), pp. 3-6; Id., Gli Eustachi di Pavia e la flotta viscontea e sforzesca nel secolo XV, ibid., XIV (1914), pp. 30-70, 1147-193, 362-400 passim; XV (1915), pp. 155-227 passim; XXIV (1924), pp. 29 s., 40; F. Cognasso, Ilducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, ad Indicem; G. C. Zimolo, Canali e navigazione interna dalle origini al 1500, ibid., VII, ibid. 1957, pp. 885 s., 888 n.; G. Aleati, Una dinastia di magnati medioevali: gli Eustachi di Pavia, in Studi in onore di A. Sapori, II, Milano 1957, pp. 747-753.