Festa Campanile, Pasquale
Regista cinematografico, sceneggiatore e scrittore, nato a Melfi (Potenza) il 28 luglio 1927 e morto a Roma il 25 febbraio 1986. Sceneggiatore con Massimo Franciosa di alcuni film di grande successo degli anni Cinquanta e Sessanta, prodotti dalla Titanus, tra cui Poveri, ma belli (1957) di Dino Risi, passò poi alla regia divenendo uno dei rappresentanti di quella generazione di registi italiani con una marcata propensione per la commedia erotica. Le sue numerosissime opere non mancarono di suscitare un certo interesse critico in Francia. Ottenne il premio per la migliore sceneggiatura nel 1958 al Festival di Cannes per il film Giovani mariti di Mauro Bolognini e nel 1964 una nomination all'Oscar, condivisa con Franciosa, Vasco Pratolini e Carlo Bernari, per Le quattro giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy.
Laureato in giurisprudenza, iniziò l'attività di scrittore e di giornalista divenendo redattore di uno dei più importanti settimanali letterari, "La fiera letteraria", e collaboratore di riviste prestigiose come "Paragone". Nel 1955, anno in cui vinse il premio Re degli amici e il premio Corrado Alvaro per il romanzo umoristico La nonna Sabella (dal quale trasse poi il soggetto per l'omonimo film del 1957 di D. Risi), F. C. debuttò nel cinema come sceneggiatore con Gli innamorati di Bolognini. Il film, quattro storie d'amore ambientate nel microcosmo popolare di una piazza romana, segnò l'inizio della collaborazione con Franciosa. Sulla falsariga del film precedente, ma accentuando situazioni e tipologie di personaggi in direzione di una più marcata caratterizzazione da commedia, F. C. scrisse con Franciosa e con il regista Risi Poveri, ma belli, e i successivi Belle, ma povere (1957), uno dei maggiori incassi dell'anno, e Poveri milionari (1959). Frattanto aveva continuato la sua collaborazione con Bolognini, scrivendo con il regista, Franciosa, Enzo Curreli e Pier Paolo Pasolini, Giovani mariti, intelligente e delicato affresco della provincia italiana, cui fece seguito, nel 1961, il melodramma La viaccia, tratto da L'eredità di M. Pratesi. Sceneggiatore di fiducia del produttore Goffredo Lombardo della Titanus, nel 1960 F. C. aveva avuto modo di collaborare con Luchino Visconti, partecipando con Franciosa alla realizzazione della sceneggiatura di Rocco e i suoi fratelli, ispirato ai racconti di Il ponte della Ghisolfa di G. Testori, al fianco di Suso Cecchi d'Amico ed Enrico Medioli, su soggetto dello stesso regista, della Cecchi d'Amico e di Vasco Pratolini. Tre anni dopo collaborò con lo stesso gruppo alla sceneggiatura di Il Gattopardo (1963), tratto dal romanzo omonimo di G. Tomasi di Lampedusa. Ancora con Franciosa e con Tonino Guerra, F. C. aveva scritto L'assassino (1961), debutto nella regia di Elio Petri, originale e felice commistione tra realismo italiano e thriller francese, che si snoda attraverso un raffinato gioco narrativo. La sua ultima collaborazione di rilievo come sceneggiatore fu per il paradossale apologo di Una storia moderna: l'ape regina (1963) di Marco Ferreri.
In quello stesso anno iniziò la sua attività di regista, dirigendo, in collaborazione con Franciosa, Un tentativo sentimentale, cui seguì, l'anno successivo, Le voci bianche, ambientato nella Roma del Settecento, che ottenne un notevole successo di pubblico e di critica e rivelò la vena malinconica (soprattutto nel personaggio interpretato da Vittorio Caprioli, un castrato alla fine della carriera) e ironica che avrebbe caratterizzato buona parte del lavoro di F. C. regista. Dopo aver realizzato un film di derivazione letteraria come La costanza della ragione (1964), tratto dal romanzo di V. Pratolini e sceneggiato da Fabio Carpi, diresse il farsesco La cintura di castità (1967) che, nonostante l'ottimo cast (Tony Curtis, Monica Vitti e Ivo Garrani), non ottenne il successo sperato, e La ragazza e il generale (1967), sceneggiato dal regista con Franciosa e Luigi Malerba, e interpretato da Virna Lisi, Umberto Orsini e Rod Steiger, in cui, sullo sfondo della Prima guerra mondiale, si narra una storia senza vinti e vincitori.
La vena malinconica di F. C. tornò ad affiorare in Cara sposa (1977) e Il ritorno di Casanova (1978), tratto dal romanzo di A. Schnitzler e scritto da Piero Chiara. Il film, che non fu mai proiettato nei cinema e apparve in televisione solo molto tempo dopo, descrive la fine di un mito, l'angoscia di un uomo che assiste impotente al proprio inarrestabile declino. Da allora in poi F. C. abbandonò temi più sfumati e intensi e optò decisamente per le commedie erotiche che tanto successo avevano presso il suo pubblico, assecondando un approccio più prosaico. Tra queste si ricordano Scacco alla regina (1969), da un romanzo di R. Ghiotto, sceneggiato da Brunello Rondi e Tullio Pinelli, storia di un rapporto di sudditanza che si stabilisce fra un'attrice di successo e la sua dama di compagnia; Dove vai tutta nuda? (1969), sceneggiato dallo stesso F. C., Malerba, Ottavio Jemma, Sandro Continenza, e Il merlo maschio (1971), che ebbe un buon successo di pubblico. Con il film Il ladrone (1980), tratto da un suo romanzo, F. C. tentò di discostarsi dalle tematiche abituali, pur conservando toni da commedia, per narrare la storia dell'ingenuo Caleb (interpretato da Enrico Montesano) che, abituato a vivere di espedienti e convinto che Gesù sia solo un abile mago, finirà per morire sulla croce accanto a Cristo. Negli anni Ottanta firmò i suoi maggiori successi di pubblico: Nessuno è perfetto (1981) con Renato Pozzetto e Ornella Muti, Bingo Bongo (1982) con Adriano Celentano e Carole Bouquet, e Il petomane (1983) con Ugo Tognazzi, commedia più strutturata e originale rispetto alle precedenti. L'ultimo film girato dal regista fu Uno scandalo perbene (1984), sceneggiato da Cecchi d'Amico, ennesimo lungometraggio ispirato al caso dello smemorato di Collegno il cui protagonista, Ben Gazzara, aveva già interpretato per F. C. il film drammatico La ragazza di Trieste (1982), tratto dal suo omonimo romanzo.
R. Fegatelli, Pasquale Festa Campanile, Roma 1982; Commedia all'italiana: parlano i protagonisti, a cura di P. Pintus, Roma 1986, pp. 69-73; G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano, 4° vol., Roma 1993, pp. 391-93 e passim.