FIORE, Pasquale
Nacque a Terlizzi (Bari) l'8 apr. 1837 da Annibale e da Marianna Salvemini. Dopo aver compiuto gli studi secondari nel seminario di Molfetta, si iscrisse alla facoltà giuridica dell'università di Napoli, ove ebbe come maestri il liberale G. Pisanelli in diritto civile. G. Manna in diritto amministrativo ed E. Pessina in diritto penale, anche lui liberale.
Conseguita la laurea, nel 1860 divenne professore di liceo a Napoli. L'anno successivo il F. si trasferì per due anni a Cremona, dove insegnò filosofia al liceo e pubblicò, nel 1862, la sua prima opera giuridica, gli Elementi di diritto costituzionale.
Nel 1863, posta a concorso la cattedra di diritto internazionale nell'università di Urbino, egli ottenne la nomina a professore ordinario. Nel 1865 si trasferì all'università di Pisa come professore straordinario della stessa materia. Qui pubblicò il Nuovo diritto pubblico internazionale (1865) e il Diritto internazionale privato (1869); entrambe le opere furono tradotte in francese ed annotate da P. - L. - E. Pradier-Fodéré.
Il decennio di permanenza nella città toscana si concluse con gli scritti Del fallimento secondo il diritto internazionale privato (Pisa 1873) e il primo volume degli Effetti internazionali delle sentenze e degli atti (ibid. 1875).
Il secondo volume di quest'ultima opera (ibid. 1877) venne steso a Torino, dove il F. si era trasferito da due anni, e beneficiò della frequentazione della ricca Biblioteca nazionale della città.
La risposta che il F. diede al quesito discriminante fondamentale - se si dovesse considerare la sentenza come un atto della sovranità dello Stato- lo portò a concludere per l'ammissibilità dell'esecutorietà extraterritoriale della sentenza civile. La novità dell'impianto dello scritto su questo punto consisteva nell'aver introdotto una differenza tra il potere di giudicare, che naturalmente incarnava la sovranità come ogni altro potere dello Stato, e la sentenza emanata dal magistrato che atto di sovranità non era. La sentenza fu considerata allora conoscenza di un fatto e applicazione della legge che regolava quel rapporto giuridico e quindi, contemporaneamente, autorità del fatto e autorità dei diritto, e la sua portata non si sarebbe potuta ridurre a causa dei cambiamento del paese in cui la si doveva eseguire rispetto al luogo di emanazione.
Allo stesso modo fece emergere la differenza ontologica tra la sentenza come giudicato e la competenza, quest'ultima considerata come una delle espressioni della sovranità. Il giudice competente per l'esecuzione, non sarebbe dovuto dunque essere necessariamente lo stesso competente secondo l'ordinamento dello Stato in cui la sentenza era stata emanata.
Diversa la soluzione che il F. propose nel secondo volume per il giudicato penale; trattandosi qui di un atto volto a rimediare alla lacerazione prodotta dalla violazione della legge penale, esso avrebbe perduto efficacia in un luogo diverso da quello in cui il reato si era consumato, perché un'esecuzione all'estero non sarebbe servita alla ricomposizione del quadro sociale, scopo primario della sentenza di condanna. La negazione dell'exceptio rei judicatae in materia penale fu tuttavia corretta dal F. con la proposta di predisporre, nei casi in cui una sentenza fosse stata comunque eseguita, una sottrazione della durata della pena dalla pena irrogata dalla seconda sentenza emanata dal giudice di un altro Stato sullo stesso reato.
Nel 1875 il F. aveva vinto per concorso la cattedra di diritto internazionale all'università di Torino, ed era stato nominato professore ordinario nello stesso anno. A Torino pubblicò numerosi scritti: Sul probkma internazionale della società giuridica degli Stati, del 1878, Esame critico del principio di nazionalità e il Trattato di diritto internazionale pubblico, entrambi del 1879. A Torino acquistò notorietà anche come avvocato.
Nel 1882 il F. si trasferì all'università di Napoli, dove insegnò per trentadue anni, dapprima come professore di diritto privato comparato e poi di diritto internazionale. In quegli anni pubblicò l'edizione definitiva del Trattato di diritto internazionale (Torino 1887-88).
Frattanto il F., giunto ormai al culmine della carriera accademica, svolgeva anche un'intensa collaborazione con i maggiori penodici dell'epoca. I suoi articoli comparvero numerosi su Il Digesto italiano, La Legge, Il Filangieri, la Rivista di diritto internazionale, l'Annuario dell'Istituto di diritto internazionale e anche su riviste straniere come il Journal de droit international privé, la France judiciaire, la Revue de droit international, la Revista de derecho internacional e la Revista de legislation y lunsprudentia de Madrid.
Nel 1890 l'editore Marescq Ainé di Parigi pubblicò l'opuscolo del F. Un appel à la presse et à la diplomatie.
In quello scritto avanzava alla diplomazia internazionale la proposta ardita del superamento dello strumento dell'arbitrato con l'istituzione di un congresso che esercitasse le funzioni di tribunale arbitrale supremo, le cui decisioni fossero eseguite, se necessario, mediante procedure giuridiche e mezzi coercitivi, e nel quale fossero rappresentati tutti gli Stati europei e le province direttamente interessate da questioni pendenti con voto, queste, solamente consultivo all'Assemblea. La sanzionabilità del diritto internazionale come punto nodale per eliminare il ruolo della guerra e dell'arbitrio fu un tema ricorrente nell'opera del Fiore.
Analoga era la preoccupazione che traspare da una delle più importanti opere del F.: Il diritto internazionale codificato e la sua sanzione giuridica, uscito nello stesso anno e ripubblicato quattro volte fino a giungere alla veste definitiva con l'edizione torinese del 1909.
Eglì considerò che i congressi internazionali fossero l'unico strumento valido al fine di elaborare un tessuto di regole comuni e di garantime la tutela. Sebbene fosse prematura la riunione a congresso di tutti gli Stati per compilare un completo digesto di leggi internazionali, tuttavia si sarebbe potuto procedere gradualmente con la progressiva risoluzione delle questioni pendenti. Formato l'ordinamento, sarebbe stato poi lo strumento dell'arbitrato, cui gli Stati in conflitto avrebbero dovuto obbligatoriamente sottoporsi, a garantire autoritativamente l'applicazione delle regole giuridiche.
Quest'opera si rivelò importante nella domina giuridica italiana anche per la configurazione che vi si dava del ruolo dello studioso. Il giurista è qui delineato come figura di intellettuale militante, non solamente colui che studia il fenomeno del diritto, ma anche uno specialista che contribuisce alla formazione dei principi, e quindi, mediatamente, delle regole giuridiche che compongono l'ordinamento internazionale.
Fedele a questa impostazione, il F. volle strutturare l'opera in forma di codice nel quale venivano sintetizzate le regole desumibili dalla realtà dei rapporti tra Stati e, appunto, non solamente queste, ma anche quelle "intorno alle quali puossi dire che siansi già formate le convinzioni popolari ed inoltre a quelle che rappresentano il pensiero comune degli scienziati e dei giuristi più illuminati" (ibid., p. 47).
Il F. prese anche parte, con lo scritto Sulla controversia del divorzio in Italia (Torino 1891), alle polemiche sorte intorno alle proposte per l'introduzione del divorzio.
Già nel febbraio 1881 T. Villa, ministro guardasigilli, aveva proposto un disegno di legge che introduceva il divorzio prevedendone come cause le condanne penali di estrema gravità e la separazione personale protratta per cinque anni se vi erano figli e per tre anni se non vi erano. Il disegno di legge nel 1891 non era stato ancora discusso. Nel settembre dello stesso anno si tenne un congresso giuridico a Firenze, in cui si confrontarono aspramente le due opposte fazioni, quella dei divorzisti, capeggiati dal Villa, e quella degli antidivorzisti, raccolti intorno a R. Bonghi e a C.F. Gabba.
Il F., che al congresso aveva espresso un parere contrario alla riforma, contribuì con il suo opuscolo a costruire un clima di moderato possibilismo. Egli rifiutava l'impostazione che basava l'ammissibilità dello scioglimento del matrimonio sulla natura contrattuale di esso, pur sostenendo che la regola di diritto comune sarebbe dovuta essere quella dell'indissolubilità: comunque sosteneva che la legge avrebbe dovuto far fronte alla situazione eccezionale in cui la comunione morale tra i coniugi fosse divenuta impossibile, ammettendo, solo in quei casi, lo scioglimento del vincolo.
Nel 1899 il F. tenne un ciclo di dieci conferenze sul diritto internazionale all'Institut des hautes études di Bruxelles.
Egli fu anche membro del Consiglio del contenzioso diplomatico presso il ministero degli Affari esteri e il 30 dic. 1909 rappresentò l'Italia come delegato tecnico, insieme con G. Cerrina Feroni, allora governatore reggente del Benadir (Somalia), e con il ministro plenipotenziario L. Bonin Longare, alla conferenza internazionale di Bruxelles per il regime delle armi e delle munizioni in Africa, alla quale parteciparono quattordici potenze.
Il 26 genn. 1910 il F. fu nominato senatore, ma non lasciò l'insegnamento, anzi il 29 ott. 1911 il Consiglio superiore per l'istruzione pubblica deliberò che egli potesse rimanere ordinario di diritto internazionale anche dopo aver superato il settantacinquesimo anno d'età. Il F. morì a Napoli il 17 dic. 1914.
Del F. vanno ricordati anche i discorsi pronunciati al Senato, in particolare quelli sulla legge di cittadinanza (19 giugno 1911) e sul trattato di pace di Losanna tra l'Italia e la Turchia (14 dic. 1912), in cui propose l'istituzione di commissioni di studio sullo sviluppo agricolo della Libia appena conquistata.
Il F. aveva iniziato, a partire dal 1886, la stesura dell'opera Il diritto civile italiano secondo la dottrina e la giurisprudenza, continuata poi da B. Brugi.
Fonti e Bibl.: Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, fascicoli professop universitari, serie I e II, ad nomen; necr. in Il Mattino, 18-19 dic. 1914; Il Corriere di Napoli, 18-19 dic. 1914; L'Illustraz. italiana, 27 dic. 1914, p. 570; A. Nemi (pseudonimo di A. Grilli), P. F., in Nuova Antologia, 1° gennaio 1915, p. 151; E. Catellani, P. F., in Riv. di diritto internaz., s. 2, IX (1915), pp. 341-351 (contiene una bibliogr. delle opere del F.); Journal des tribunaux, Bruxelles, 21 apr. 1899, p. 3; F. Contuzzi, rec. a Diritto internaz. codificato e la sua sanzione giuridica, in Arch. giuridico, XLV (1890), pp. 585 ss.; Id., rec. a Un appel à la presse et à la diplomatie, ibid. pp. 590-593; G. Vapereau, Dictionnaire universel des contemporains, Paris 1893, p. 585; O. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi moderni e contemp., Trani 1904, pp. 359 ss.; A. De Gubernatis, Dictionnaire intemat. des écrivains du monde latin, I, Firenze 1905, pp. 607 s.; E. Catellani, La codificazione del diritto internaz., in Nuova Antologia, 16 genn. 1910, pp. 319 ss.; rec. all'ed. postuma (Torino 1915) del Diritto internaz. codificato e la sua sanzione giuridica, in Riv. di diritto pubblico e della pubblica amministrazione in Italia, VII (1915), parte I, pp. 560 s.; O. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi moderni e contemporanei. Nuove addizioni, Napoli 1920, pp. 83 s.; D. Giusto, Diz. bio-bibliografico degli scrittori pugliesi, Bari 1929, p. 71; F.P. Gabrieli, F. P., in Nuovo Digesto italiano, VI, Torino 1938, p. 23; per le vicende legate al disegno di legge Villa si veda: O. Scazzocchio, Discorso sul divorzio. Italia prigioniera, Roma 1969, pp. 86 s.; A. Coletti, Storia del divorzio in Italia, Roma 1970, p. 48.