Galluppi, Pasquale
Filosofo (Tropea, Calabria, 1770 - Napoli 1846). Fece i suoi studi prima nel seminario di S. Lucia del Mela (Messina), poi a Tropea, sotto la direzione di G.A. Ruffa e di I. Barone; dal 1831 fu prof. nell’univ. di Napoli. Scarsa la sua partecipazione alla vita pubblica: fu controllore delle imposte sotto il dominio francese, e pubblicò due opuscoli sulla libertà individuale quando (1820) fu concessa la Costituzione. Nella sua concezione filosofica, dove si avvertono influssi da un lato di Leibniz e di Condillac e dall’altro di Kant, si propose di individuare «una strada media fra il razionalismo e l’empirismo»: il criticismo kantiano, sotto questo profilo, rappresentava ai suoi occhi soltanto un punto di partenza, giacché ricadeva inevitabilmente nello scetticismo. Credendo di non poter pervenire a nessuna affermazione obiettivamente valida una volta concepita l’esperienza, con Kant, come sintesi a priori, dove il dato sensibile è recato in forme soggettive, ideali, G. negò i giudizi sintetici a priori conoscitivi; ritenne l’esperienza primitiva tutta costituita di giudizi sintetici a posteriori, oggettivi; e riflettendo sul dato dell’esperienza interna – il sentimento del ‘me’ (autopercezione), in quanto inseparabile dal sentimento del ‘fuori di me’ (eteropercezione) – ritenne di poter salvare l’obiettività del mondo esterno, e in partic. l’oggettività delle idee di sostanza e di causalità, che permettono di dimostrare, a posteriori, l’esistenza di Dio. Considerò invece soggettive le idee di identità e diversità, che esprimono relazioni ideali che lo spirito pone tra le cose quando con esse, oltre che con le relazioni reali, si forma la sua esperienza secondaria o comparata. G. svolse questa filosofia dell’esperienza nei sei tomi del Saggio filosofico sulla critica della conoscenza (1819) e negli Elementi di filosofia (1820-27) presto divenuti un testo diffusissimo per l’insegnamento della filosofia; inoltre la giustificò storicamente nelle Lettere filosofiche su le vicende della filosofia, relativamente a’ principi delle conoscenze umane da Cartesio sino a Kant inclusivamente (1827), che Gentile giudicò come «il primo degno saggio di storia della filosofia in Italia». Un fondamentale consenso con la filosofia pratica di Kant esprimono i quattro tomi della Filosofia della volontà (1832-40). Negli ultimi anni il pensiero di G. mostrò più evidenti preoccupazioni teologiche, in partic. nelle critiche rivolte tanto al panteismo di Schelling e di Hegel quanto di Lamennais; e alla teologia e alle cosmogonie degli antichi è dedicato il primo volume di quell’Archeologia filosofica che nel disegno dell’autore avrebbe dovuto aprire la sua grande Storia della filosofia, opera che rimase però incompiuta. Tra gli altri scritti si ricordano inoltre: Memoria apologetica (1795); Sull’analisi e la sintesi (1807; rist. 1935); Filosofia della volontà (1832-40).