NAVONE, Pasquale
– Nacque a Genova il 5 gennaio 1746 da Cipriano e da Geronima. Fu registrato nel libro dei battesimi della chiesa di S. Vincenzo, ora presso l’Archivio della parrocchia di Nostra Signora della Consolazione (Alizeri, 1864, p. 173 n. 1; Franchini Guelfi, 1996, p. 542 n. 10).
Nulla si conosce della fase formativa, che dovette sicuramente avvenire, a partire dal secondo lustro del decennio centrale del secolo, in una delle botteghe degli scultori allevati, nel primo quarto del Settecento, da Anton Maria Maragliano: si potrebbe supporre un discepolato svolto con Pietro Galleano, con il quale sembra condividere certi accenti linguistici. Le prime opere note, in legno policromo – come il Crocifisso dell’oratorio di S. Michele Arcangelo a Celle Ligure, del 1767, l’Assunta collocata nel corso degli anni Sessanta sull’altare maggiore della chiesa di Nostra Signora degli Angeli a Genova Voltri e la ‘cassa’ processionale raffigurante S. Giacomo che sconfigge i Mori, terminata nel 1770 per la Confraternita di S. Giacomo delle Fucine a Genova, ora presso l’oratorio di S. Antonio Abate alla Marina – rivelano un’adesione al linguaggio della scuola maraglianesca (Sanguineti, 2011-12).
Benché nato dopo che Maragliano era morto, Navone è stato ritenuto spesso suo allievo diretto (Grosso, 1939) e le sue opere, anche a pochi anni di distanza dalla sua morte, sono state attribuite a Maragliano (Descrizione..., 1818, p. 291; Cappellini 1931). Federigo Alizeri (1864, pp. 173-175) gli riservò una singolare attenzione: il giudizio positivo nei confronti del suo operato, ancora basato su «reminiscenze del Maragliano», fu stimolato dalla progressiva osservazione di correzioni tipiche di un «uomo che tien gli occhi sul vero». Secondo l’erudito, lo scultore riuscì a distanziarsi da una formazione di bottega e da un’«epoca sconsigliata» colma di «scorrettezze», cercando all’interno dell’Accademia Ligustica un linguaggio caratterizzato da «compostezza e severità» ma non visse a lungo per «raggiunger l’epoca in cui le felici mutazioni si maturarono per senno altrui» (Id., 1847).
Nel 1779 vinse, con il bassorilievo in terracotta, ora perduto, raffigurante Sisifo condannato da Giove a rigirare eternamente nell’Inferno una gran pietra rotonda, il primo premio in scultura presso l’Accademia Ligustica (Avvisi, 11 settembre 1779; Alizeri, 1864, p. 173; Franchini Guelfi, 1996, p. 546 n. 20). Nell’aprile 1781 fu eletto accademico di merito della Ligustica (Staglieno, 1867; Franchini Guelfi, 1996, pp. 546 s. n. 22). A partire dalle sedute seguenti, comparve a tutte le riunioni (eccetto due), come è annotato nel Registro autentico (in Franchini Guelfi, 1996, p. 547 n. 23), sostenendo, insieme al coetaneo Andrea Casaregi, il linguaggio neoclassico contro le posizioni tardobarocche di altri accademici, quali Pasquale Bocciardo e Bernardo Pasquale Mantero: nonostante ciò, come già notava Alizeri, i due giovani «animosi» furono «incapaci d’una riforma» (Alizeri, 1865). Delle opere realizzate nell’ambito dell’ambiente accademico, tra le quali vi erano «getti o modelli» (Id., 1847) e un bassorilievo a soggetto allegorico, siglato e datato 1780 (Id., 1864, p. 173), nulla si è conservato. Riscosse molto successo l’esposizione di un grande Crocifisso in terracotta nelle sale della scuola di nudo della Ligustica, acclamato «come d’insolita meraviglia» (Avvisi, 3 dicembre 1785; Alizeri, 1864, pp. 174 s.).
Intanto dalla sua bottega continuavano a sortire, in una sorta di produzione sdoppiata, i gruppi processionali in legno policromo, tradizionalmente ancorati all’immaginario maraglianesco. Esemplati su questo eloquio sono il S. Antonio da Padova riceve Gesù Bambino dalla Madonna, eseguito nel 1781 per la chiesa francescana genovese di S. Maria della Pace (ora nella chiesa di S. Francesco in Gaggiola a La Spezia; Franchini Guelfi, 1996, pp. 548 s.; Sanguineti, 2011-12), e la Madonna del Rosario, firmata e datata 1785, scolpita per la parrocchiale di Baselica presso Borgotaro, in Emilia (Pighi, 2000; Sanguineti, 2011-12). La presenza di quest’ultima opera in ambito emiliano si può sicuramente connettere alla nomina, ottenuta proprio il 12 giugno 1785,di accademico presso l’Accademia Clementina di Bologna, ove presentò un bassorilievo marmoreo con Giove e Antiope (disperso). Anche presso l’Accademia di belle arti di Parma ottenne la stessa onorificenza, seguita, il 16 settembre 1787, dalla nomina presso l’Accademia delle arti del disegno di Firenze: queste notizie vennero divulgate in patria dagli Avvisi, che qualificavano l’artista come «scultore in marmo e in legno» (13 agosto 1785; 6 ottobre 1787; Alizeri, 1864, p. 174). A Parma esibì un bassorilievo in terracotta, firmato e datato 1784, con il Trionfo dell’Amore divino sull’Amor profano, ancora conservato presso l’istituzione accademica (Allegri Tassoni, 1979; Franchini Guelfi, 1996, pp. 550 s. nn. 31 s., 34).
Fu costante dunque la differenza tra il linguaggio tardobarocco delle sculture lignee e la cultura aulica e classicheggiante a cui l’artista si riferì, a partire dall’ottavo decennio del Settecento, per le onorificenze accademiche. Tra le sculture in legno a lui attribuibili si possono annoverare la Madonna Immacolatadi Albissola Marina (chiesa di Nostra Signora della Concordia), il Crocifisso di Casarza Ligure (chiesa di S. Michele Arcangelo; 1787), l’Annunciazione di Finalpia (abbazia di S. Maria; Sanguineti, 2010), la Madonna del Rosario di Genova San Quirico (chiesa dei Ss. Quirico e Giulitta, molto rimaneggiata; Cataldi Gallo - Sommariva, 1999) e il S. Matteo di Borghetto Santo Spirito (chiesa di S. Matteo; Sanguineti, 2000).
Per soddisfare le richieste di tradizionali sculture lignee e nel contempo partecipare al prestigioso clima accademico con composizioni classicheggianti in marmo o terracotta, Navone fu sicuramente coadiuvato da collaboratori, variamente impiegati nell’articolata produzione: tra questi vi furono suo fratello minore Giacomo, nato il 14 marzo 1750 e iscritto nel 1771 alla Ligustica (Franchini Guelfi, 1996, p. 546 n. 19), Giuseppe Anfosso e Carlo Castello. Quest’ultimo ricevette l’incarico di portare a termine le sculture del maestro incompiute al momento della sua morte.
Morì l’11 ottobre 1791 e venne sepolto nella chiesa parrocchiale di S. Vincenzo (Alizeri, 1864, p. 173 n. 1; Franchini Guelfi, 1996, p. 552, n. 36).
Il necrologio, comparso sugli Avvisi del 15 ottobre, lo definiva «eccellente Professore in scultura in legno». Dall’elenco delle opere rimaste in bottega e messe in vendita dagli eredi (ibid., 5 gennaio 1793), risulta che non abbandonò mai la redditizia produzione di ambito devozionale: compaiono, infatti, numerose sculture in legno policromo, tra cui Crocifissi, «diverse statuette di Madonne e Santi colorite e fatte a uso di custodia», «due sepolcri in legno, non coloriti fatti pure ad uso di custodia».
Fonti e Bibl.: Descrizione della città di Genova da unanonimo del 1818, a cura di E. Poleggi - F. Poleggi, Genova 1969, p. 291; F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, I, Genova 1846, p. LXXVI; II, 2, ibid. 1847, p. 833; A. Merli, Delle arti del disegno e dei principali artisti in Liguria, Genova 1862, p. 27; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalla fondazionedell’Accademia, I, Genova 1864, pp. 173-175, 231; II, ibid. 1865, p. 188; M. Staglieno, Memorie e documenti sulla Accademia Ligustica di belle arti, III, Genova 1867, p. 223; A. Cappellini, Iconografia antoniana. S. Antonio da Padova nel Genovesato, in Genova, XI (1931), 7, p. 533; M. Labò, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, Leipzig 1931, p. 367; O. Grosso, Le casacce genovesi e la scultura lignea sacra genovese del Seicento e del Settecento, Genova 1939, p. 46; F. Franchini Guelfi, Le casacce. Arte e tradizione, Genova 1973, pp. 145 s.; L’arte a Parma dai Farnese ai Borboni (catal., Parma), Bologna 1979, p. 201; G. Allegri Tassoni, ibid., p. 201 n. 386; F. Franchini Guelfi, Il Settecento. Theatrum sacrum e magnifico apparato, in La scultura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, II, Genova 1988, p. 287; F. Sborgi, L’Ottocento e il Novecento. Dal neoclassicismo al liberty, ibid., p. 324; F. Franchini Guelfi, P. N. dal theatrum sacrum tardobarocco all’Accademia, in Atti della Società ligure di storia patria, n.s., XXXVI (1996), 2, pp. 537-552; M. Cataldi Gallo - G. Sommariva, Il «Venerato Simulacro» dell’Immacolata Concezione nella basilica di S. Giovanni Battista a Finalmarina e il culto delle statue vestite in Liguria, in R. Collu et. al., L’Immacolata e i Finalesi, Finalmarina 1999, p. 51; Le trame della storia fra ricerca e restauro. Risultati di un censimento nel comune di Borgotaro, a cura di L. Fornari Schianchi - M. Giusto, Parma 2000, pp. 256 s.; S. Pigh, ibid., pp. 256 s.; D. Sanguineti, Problematiche e novità per la scultura lignea genovese fra Sei e Settecento, in Arte viva. Fimantiquari, 2000, nn. 20-21, p. 84; D. Sanguineti, Maragliano e maraglianeschi, in Han tutta l’aria di paradiso. Gruppi processionali di Anton Maria Maragliano tra Genova e Ovada (catal., Ovada), a cura di F. Cervini - D. Sanguineti, Torino 2005, p. 119; Id., in Abbazia benedettina di Finalpia. Restauri e studi 1995-2008, a cura di M. Bartoletti, Genova 2010, pp. 114-117 n. 3; Id., Scultura genovese in legno. Materiali per un repertorio dalla seconda metà del Cinquecento al Settecento, tesi di dottorato, Università degli studi di Udine, a.a. 2011-12.