ROMANELLI, Pasquale
– Nacque a Firenze, nel quartiere di S. Jacopino, il 28 maggio 1812 da Luigi, operaio, e da Beatrice Chelazzi, della quale rimase presto orfano.
Dopo un primo apprendistato presso un laboratorio di alabastri entrò a quindici anni nella bottega del celebre scultore Luigi Pampaloni in piazza San Marco, specializzandosi nella lavorazione del marmo di Carrara.
Assistette il maestro nella realizzazione delle statue di Arnolfo di Cambio e Filippo Brunelleschi per la facciata del palazzo dei Canonici in piazza del Duomo (1830). Entrò poi nello studio di Lorenzo Bartolini in borgo S. Frediano, divenendone l’allievo prediletto e iscrivendosi su suo consiglio all’Accademia di belle arti di Firenze, presumibilmente nel 1839, quando Bartolini divenne professore e Romanelli lo ritrasse in marmo (il busto, esposto nel 1845 a palazzo Pitti, è noto in tre esemplari, due conservati a Prato, Museo di palazzo Pretorio e Galleria di palazzo degli Alberti, il terzo a Milano, Museo Poldi Pezzoli).
Nel 1840 presentò per la prima volta, all’esposizione dell’Accademia, una scultura di sua invenzione, Il figlio di Guglielmo Tell, che, alludendo al desiderio dell’indipendenza politica, ottenne un enorme successo, tanto da essere in seguito premiata all’esposizione di New York del 1854 e all’Esposizione nazionale tenutasi a Firenze nel 1861, dove fu acquistata dal re Vittorio Emanuele II. Del 1843 è il gruppo I figli del povero per il principe Nikolaj Demidov, commissione procuratagli da Bartolini. Nel 1847 lo stesso maestro gli fece ottenere la sua prima commissione pubblica: la statua di Francesco Ferrucci, antenato da parte di madre, per una nicchia del loggiato degli Uffizi.
Romanelli aprì quell’anno un proprio studio nell’ex convento di S. Barnaba.
Fervido patriota ascritto alla Giovine Italia, fu protagonista del Risorgimento, legandosi d’amicizia con i maggiori agitatori toscani e finendo incarcerato alle Murate nel 1845 per attività sovversiva. Arruolatosi volontario nella guerra d’indipendenza del 1848, dovette riparare in Maremma con la restaurazione dei Lorena, facendo ritorno a Firenze nel 1850. Alla morte di Bartolini, avvenuta quell’anno, acquisì lo studio in borgo S. Frediano e, su richiesta dei familiari del maestro, portò a termine diverse opere lasciate incompiute, prima fra tutte la traduzione in marmo, dal gesso, della Fiducia in Dio (San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage). Avrebbe proseguito a tradurre in marmo i modelli in gesso di Bartolini fino agli anni Settanta, realizzando nel 1858 il busto in marmo del maestro per il monumento funebre eretto nella basilica di S. Croce.
Scolpì in marmo nel 1853 due opere d’ispirazione patriottica, il Genio d’Italia e l’Italia delusa, che, presentate all’Esposizione universale di Parigi del 1855 insieme a La fidanzata, furono rifiutate all’Esposizione toscana del 1859. Il Genio d’Italia, riesposto nel 1859 a Parigi dove giunse vandalizzato da parte di terzi, non fu mai venduto dall’artista per ragioni affettive ed è tutt’oggi conservato presso lo Studio Romanelli a Firenze. Nel 1869 avrebbe scolpito il busto per la tomba dell’amico Giuseppe Dolfi (Firenze, cimitero delle Porte Sante), patriota che lo aveva introdotto nella loggia massonica Concordia.
Sposatosi il 27 luglio 1849 con Adelasia Mangoni, detta Elisa, ebbe da lei sei figli, il secondo dei quali, Raffaello (v. voce in questo Dizionario), avrebbe ereditato l’attività paterna. Vedendo incrementare le proprie commissioni, con richieste anche dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti, in seguito all’Unità d’Italia e all’avvento di Firenze capitale, aprì una galleria d’arte sul lungarno degli Acciaiuoli, la Galleria Romanelli, per la vendita al pubblico delle opere finite, acquisendo fama internazionale soprattutto per le copie in marmo dei capolavori del Rinascimento.
Della sua produzione monumentale si ricordano I figli di Mrs Whyte, La ninfa dell’Arno (1861), i busti del re Vittorio Emanuele II e del principe Alberto d’Inghilterra, il monumento a Vittorio Fossombroni per la piazza di S. Francesco ad Arezzo (1863) e il monumento del conte Alessandro Masi per la Certosa di Ferrara (1864). Nel genere romantico produsse Paolo e Francesca (1860), Ofelia, Giovanna d’Arco, Ruth, Napoleone bambino (presentato all’Esposizione universale di Parigi del 1867), Benjamin Franklin fanciullo e Washington fanciullo (quest’ultimo acquistato dal principe Amedeo di Savoia), Bianca Cappello e Pietro Bonaventuri.
Nel 1868 fu nominato professore di scultura all’Accademia di belle arti di Firenze. La commissione più importante rilevata da Bartolini fu il completamento dell’enorme monumento a Nikolaj Demidov, che venne inaugurato a Firenze nella piazza dedicata al principe nel 1871. Nel 1878 presentò all’Esposizione universale di Parigi La rosa di Sharon.
Morì a Firenze l’11 febbraio 1887 e fu sepolto nel cimitero delle Porte Sante.
Fonti e Bibl.: Firenze, Studio Romanelli, Inventario degli oggetti Mobili Biancheria etc. che il Signor P. R. dà al lui figlio Raffaello..., 31 luglio 1881; Ricordi della zia Letizia, 1927, pp. 3-13; Explication des ouvrages…, Paris 1855, nn. 2314-2316; T. Trollope, Notes on the most recent productions of Florentine Sculptors, in The Art Journal, 1861, n. 4, pp. 263 s.; Exposition universelle de 1867 à Paris…, Paris 1867, n. 70; Exposition universelle internationale…, Paris 1878, n. 140; G. Rosadi, In memoria di P. R. scultore 24 giugno 1922, Firenze 1923; G. Rosadi, P. R. (Allo studio di lui in S. Frediano a Firenze il 24 Giugno 1922), in Quel che disse Giovanni Rosadi, Roma 1930, pp. 379-384; A. Panzetta, Nuovo dizionario degli scultori italiani, Torino 2003, pp. 781, 815, fig. 1606; M. Gardonio, La scultura italiana all’esposizione universale del 1855, tesi di dottorato, Univeristà di Trieste, a.a. 2007-08, pp. 139, 145, 160, 169.