TOLA, Pasquale
– Nacque a Sassari, quintogenito di sei figli, il 30 novembre 1800 da Gavino Tola Sussarello, avvocato, e da Maria Teresa Tealdi.
La famiglia paterna poteva vantare un’antica nobiltà le cui origini risalivano al XIV secolo. Nel 1815 conseguì la licenza in filosofia e arti e, l’anno successivo, ottenne il baccellierato in teologia; nel 1819 si laureò in teologia e nel 1821 in utroque iure. Nel 1823 partecipò senza successo al concorso per l’insegnamento delle istituzioni canoniche. Nel 1824 sposò la giovane nobildonna algherese Felicita Serra Boyl, da cui ebbe undici figli.
Nel 1825 con la nomina a sostituto dell’avvocato dei poveri nel tribunale della Reale Governazione di Sassari iniziava la carriera di Tola nella burocrazia e nelle magistrature del Regno; nel 1826 ricoprì l’ufficio di segretario dell’Amministrazione delle torri del Capo di Logudoro; nel 1827 fu nominato viceintendente generale di Sassari; venne poi promosso al grado di sostituto dell’avvocato fiscale e, infine, nel 1836 a quello di assessore (giudice) della Governazione sassarese.
Risale al 1827 il suo primo studio storico, il breve saggio Carattere nazionale dei sardi (in Mediterranea, VI (1932), 2, pp. 31-37) originariamente destinato al Giornale di Cagliari, nel quale con spirito romantico analizzava ciò che «meritò alla Sardegna un luogo distinto nelle moderne nazioni d’Europa», criticando quegli autori che «senza punto conoscerla» si erano abbandonati «ciecamente a relazioni vaghe e indeterminate» (p. 37). Il tono polemico non piacque al direttore del periodico, Stanislao Caboni (lo scritto fu pubblicato solo postumo da Sebastiano Deledda).
Nel 1833 il trentenne fratello Efisio, tenente dell’esercito, fu condannato per alto tradimento da un tribunale militare per aver aderito alla Giovine Italia e fucilato a Chambéry nella forma prevista dal codice penale militare. L’esecuzione di Efisio rappresentò un durissimo colpo per la famiglia Tola e, in particolare, per Pasquale che dovette cautelarsi, lui monarchico e conservatore, dai sospetti governativi.
Sin dalla fine degli anni Venti Tola aveva iniziato a raccogliere il materiale per un dizionario biografico dei sardi illustri. Il Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna fu pubblicato a Torino nel 1837 dalla tipografia Chirio e Mina (ora ristampa a cura di M. Brigaglia, I-III, Nuoro 2001) in tre volumi in una splendida edizione corredata da 60 ritratti disegnati dal sardo Salvatore Sini e incisi dal torinese Domenico Festa. L’intera opera costò 16.008,57 lire. L’alto numero di sottoscrittori sta a dimostrare l’impegno e la cura dell’autore e degli editori nella vendita e nella diffusione del Dizionario. Nel 1837 gli associati erano 849, di cui 96 in terraferma e 753 in Sardegna. Nel 1838 il numero sarebbe salito a 1063.
Il Dizionario contiene le biografie – sono tanti piccoli saggi storici in miniatura – di 858 sardi «illustri». Le sue carte conservano la straordinaria messe di appunti e di notizie e le numerose redazioni con correzioni e integrazioni delle voci biografiche che sono sempre redatte su documenti di prima mano, precise, dettagliate sui particolari della vita, sulle opere e sugli scritti. Nel Discorso preliminare – uno dei suoi contributi storiografici più significativi e maturi – Tola così spiegava le sue finalità: «Pure nacquero ancora in terra sarda uomini ed eroi, grand’ingegni vi allignarono, e se non tutta la gran pianta, alcuna fronda almeno dell’umano sapere vi crebbe onorata e rigogliosa – scriveva – [...]. Però un istesso acerbo fato che opprime gli uomini umilia talvolta le nazioni. Grande sventura per la Sardegna, non essere ben conosciuta, ed essere sempre ingiustamente giudicata!» (I, p. 14).
Il Dizionario collocò Tola, non ancora quarantenne, tra i più rinomati letterati della Sardegna. Nel 1839 fu nominato, su proposta di Giuseppe Manno, socio corrispondente dell’Accademia delle scienze di Torino. Nel discorso pronunciato nel 1841 nell’Accademia filologica di Sassari, Tola espose la sua concezione della storia ispirata al «terribile ingegno di Giambattista Vico» (Discorso accademico, Torino 1841, p. 11).
Nelle prime elezioni del 17 aprile 1848 fu candidato nel collegio Sassari I ed eletto con 229 voti su 255 votanti. Al Parlamento subalpino sollevò il problema dell’assenza nell’aula dello stemma della Sardegna. In novembre decadde da deputato per incompatibilità con la carica di presidente del Consiglio di amministrazione dell’Università sassarese. Fu ammesso alla Camera soltanto nella V legislatura (1853-57) come rappresentante del collegio di Nulvi: fra i temi seguiti durante il suo mandato parlamentare si segnalano quelli relativi al Consiglio dei giurati, al riordino dell’istruzione pubblica in Sardegna, al ‘gazogeno’ di Sassari, alle strade della Gallura, alla costruzione della rete ferroviaria nell’isola, alla revisione del codice civile albertino, alla soppressione della Corte di appello sassarese.
Tola svolse un ruolo determinante, come emerge dal carteggio del 1840-41, nel fornire a Manno la documentazione necessaria per la composizione della Storia moderna di Sardegna dall’anno 1773 al 1799, che sarebbe stata pubblicata in due volumi a Torino nel 1842 (A. Mattone, Giuseppe Manno magistrato, storico, letterato tra Piemonte della Restaurazione e Italia liberale, Napoli 2009, pp. 119, 123 s.). A quest’opera Tola avrebbe dedicato un’ampia rassegna critica (Storia moderna della Sardegna del barone Giuseppe Manno, in La Meteora, 30 settembre 1843, pp. 137-142) in cui, in stretta sintonia con l’ideologia conservatrice dell’autore, avrebbe affrontato tutte le grandi problematiche relative alla «sarda rivoluzione». Era consapevole che il suo articolo avrebbe suscitato le ire di parte liberale. Così ne scriveva a Salvatore Angelo De Castro, uno dei redattori del periodico: «So bene che molti lo malediranno, come maledicono la Storia moderna del Manno, perché non consona con le loro tradizioni, con le loro simpatie e con i loro principii» (T. Orrù, Il risveglio culturale sardo nel carteggio Tola-De Castro, in Nuovo bollettino bibliografico sardo, XV (1973), 84, doc. IX, p. 7).
Nell’ottobre del 1850 il tipografo cagliaritano Antonio Timon diffondeva un manifesto di associazione per la pubblicazione del Codice della Repubblica di Sassari di Tola.
Nella prefazione al volume Codice degli Statuti della Repubblica di Sassari (Cagliari 1850) sosteneva che «possiamo anche noi pretendere alla gloria dei Comuni italici del medio evo» (p. XI). Il codice comprendeva tre fonti: la «convenzione tra il Comune di Sassari e il Comune di Genova» del 24 marzo 1294, tratta dal manoscritto genovese dei Libri Iurium, dove si faceva menzione per la prima volta degli statuti e delle consuetudini sassaresi; il «Codice degli Statuti del Comune di Sassari» emanati in volgare logudorese nel 1316 dal podestà Cavallino de Honestis; i «frammenti del codice degli Statuti della Repubblica di Sassari» in latino.
Nel 1848 Tola, uno degli esponenti di punta dello schieramento monarchico-clericale, fu coinvolto nelle lotte tra conservatori e liberali. Il suo clericalismo non passò inosservato agli occhi del governo: accusato di essere troppo accondiscendente con l’arcivescovo e di aver difeso debolmente le leggi Siccardi sul foro ecclesiastico, nel 1850 venne collocato in aspettativa dall’ufficio di magistrato e dispensato dalla presidenza del consiglio di amministrazione dell’Università. Reintegrato in magistratura per intercessione di Manno, l’anno successivo fu trasferito come consigliere d’appello a Nizza e poi a Genova, dove concluse la carriera come presidente della corte d’appello.
L’opera più ambiziosa e importante di Tola è senza dubbio la grande raccolta documentaria del Codex Diplomaticus Sardiniae che ancor oggi costituisce, nonostante tutto, uno strumento indispensabile per lo studio della storia medievale e moderna della Sardegna. Era un progetto maturato già negli anni Quaranta: Tola aveva pubblicato in fascicoli nel 1845-1847 un’anticipazione del Codice diplomatico di Sardegna con altri documenti storici di 128 pagine. Nel 1850 il primo volume del Codice era già pronto per la stampa. Nel 1855 la Deputazione di storia patria di Torino (di cui dal 1857 Tola sarà membro) decise di allargare anche alla Liguria e alla Sardegna la collezione degli Historia Patriae Monumenta, accettando i due volumi del Codex Diplomaticus Sardiniae che sarebbero stati pubblicati rispettivamente nel 1861 e nel 1868 presso la tipografia regia (ora ed. anast. a cura di F.C. Casula, I-III, Sassari 1984-1985). Nell’introduzione al Codex Tola passava in rassegna, da Jean Mabillon a Ludovico Antonio Muratori, le «più note» e «più famose» raccolte diplomatiche ed epigrafiche, prevalentemente sei-settecentesche, da cui aveva tratto ispirazione per la sua opera, soffermandosi sulla collana della Deputazione subalpina e sulle recenti edizioni di documenti che aveva tenuto presenti, ignorando però la collezione dei Monumenta Germaniae Historica, le cui pubblicazioni di fonti erano incominciate nel 1826.
Il Codex comprende documenti inediti ed editi che vanno dall’XI al XVII secolo. I documenti sono suddivisi per secoli e ogni sezione temporale è introdotta da una dissertazione che si caratterizza come un puntuale e approfondito saggio storiografico. A sua volta ogni documento è preceduto da un sintetico regesto introduttivo che ne illustra il contenuto. La prima dissertazione, per esempio, che abbracciava un ampio arco di tempo, affrontava la controversa questione dell’origine dei quattro Giudicati: collocava il momento di formazione del «governo nazionale dei regoli», che risaliva «per antica origine al tempo dei Duci del greco impero», alla metà dell’VIII secolo, cioè «ai primi tempi delle incursioni saracinesche» (ibid., I, pp. 120, 169). I giudici – scriveva nella seconda dissertazione – «con autorità dinastica, e quasi regia, imperavano in ciascuno di questi grandi scompartimenti» (p. 141). Il legame con le tesi di Manno emerge nitidamente a proposito del giudizio incondizionatamente favorevole sulla «tutela paterna» esercitata dal «pontificato cattolico» sull’isola, rivolta sempre a «vantaggio della Sardegna e dei suoi abitatori», e del credito dato all’alta sovranità della Santa Sede, che era stata apertamente confutata dalle correnti laiche della storiografia italiana (p. 169). Il secondo volume del Codex raccoglie i documenti dal XV al XVII secolo: le dissertazioni di Tola esprimevano, in controtendenza, un giudizio equilibrato sul governo spagnolo, evidenziandone luci e ombre e soffermandosi in particolare sui Parlamenti che «fin dalla metà del secolo XIV costituivano per patto fondamentale la rappresentanza nazionale della Sardegna» (ibid., II, p. 239). Il terzo volume del Codex, che comprendeva documenti dei secoli XIII-XVI, rimase inedito, nonostante fosse pronto per la stampa sin dal 1872: lo storico del diritto Antonio Era, che ne analizzò il manoscritto per un’eventuale pubblicazione, ritenne che l’edizione sarebbe stata «affatto superflua» e nulla avrebbe aggiunto ai «meriti riconosciuti e celebrati del Tola» (Il terzo volume inedito del «Codex Diplomaticus Sardiniae» di Pasquale Tola, in Archivio storico sardo, XXIII (1946), 1-4, pp. 85-115).
Dotato di un notevole intuito filologico, il «Muratori sardo», secondo la definizione di Ettore Pais (1915), considerò false le celebri Carte d’Arborea. Nel 1856, nel momento in cui anche l’Accademia delle scienze torinese accreditava i documenti arborensi, era sempre più convinto della loro falsità: «Oggi ho visto il deputato Tola – scriveva Giorgio Asproni nel suo diario (Diario politico, 1855-1876, I, 1855-1857, a cura di C. Sole - T. Orrù, Milano 1974) – [...], mi ha parlato con scherno delle carte che Pietro Martini ha illustrato. Sono opere false di monachi oziosi» (p. 515). Nel 1861 nel primo volume del Codex affermò che un esame «coscienzioso e approfondito» di uno dei primi documenti editi da Martini gli fece «dubitare della sua autenticità e sincronismo» (Codex Diplomaticus Sardiniae, cit., p. 116).
Morì il 25 agosto 1874 a Genova, città dove era stato consigliere comunale (1865-70) e dal 1860 presidente della Società ligure di storia patria.
Fonti e Bibl.: Presso la Biblioteca comunale di Sassari è conservata nel Fondo Tola una ricca documentazione comprendente trentadue buste che raccolgono i manoscritti delle opere e i carteggi. Un primo inventario è la tesi di laurea di A. Podda, Le carte di Pasquale Tola nella biblioteca comunale di Sassari, Università di Sassari, facoltà di magistero, a.a. 1975-76. Inoltre: A. Manno, L’opera cinquantenaria della R. Deputazione di storia patria di Torino, Torino 1884, p. 412; E. Pais, Commemorazione di P. T. tenuta nella R. Università di Sassari, in Archivio storico sardo, XV (1915), 1-4, pp. 391-408; B. Donati, Echi vichiani in Sardegna nel terzo decennio del secolo XIX. I. Il giudizio del Vico su Carlo Buragna, e Id., Echi vichiani in Sardegna nel terzo decennio del secolo XIX. II. Il “Discorso Accademico” di P. T., entrambi in Studi sassaresi, s. 2, I (1921), pp. 139-150 e II (1922), pp. 55-74; A. Satta Branca, Rappresentanti sardi al Parlamento subalpino, Cagliari 1975, ad ind.; T. Orrù, Echi e riflessi della fucilazione di Efisio Tola a Chambéry nel 1833..., in Archivio storico sardo, XXXV (1986), pp. 275-319; Id., Dizionario biografico dei parlamentari sardi, in La Sardegna, a cura di M. Brigaglia, III, Cagliari 1988, p. 399; A. Accardo, Tra filologia e nazionalismo: il modello storiografico e il pensiero politico di P. T., in Studi e ricerche in onore di G. Sotgiu, I, Cagliari 1993, pp. 9-45; Id., La nascita del mito della nazione sarda, Cagliari 1996, pp. 167-210; A. Mattone, La storiografia giuridica dell’Ottocento e il diritto statutario della Sardegna medievale, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXVI (1996), 1, pp. 72-81, 89-91; Id., Le Carte d’Arborea nella storiografia europea dell’Ottocento, in Le Carte d’Arborea. Falsi e falsari nella Sardegna del XIX secolo, a cura di L. Marrocu, Cagliari 1997, pp. 35-37, 53 s., 107, 118 s.; A. Accardo - N. Gabriele, Scegliere la patria. Classi dirigenti e Risorgimento in Sardegna, Roma 2011, ad ind.; A. Mattone, T. P., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), diretto da I. Birocchi et al., II, Bologna 2013, pp. 1954 s.; G. Zichi, I cattolici sardi e il Risorgimento, Milano 2015, ad indicem.