De Santis, Pasqualino
Direttore della fotografia, nato a Fondi il 24 aprile 1927 e morto a L′viv (Ucraina) il 23 giugno 1996. Fratello minore del regista Giuseppe De Santis, è stato un grande talento della fotografia cinematografica, animato da una vena intimista e notturna, spesso alla ricerca delle più morbide sintonie di colore, capace di lavorare su sfumature assai delicate, ma anche su forti contrasti. Uomo schivo e appartato nel panorama del cinema italiano, seppe ritagliarsi uno spazio importante nell'orizzonte europeo del cinema d'autore, diventandone l'operatore di maggiore riferimento fra gli anni Settanta e Ottanta. Fu il primo direttore della fotografia italiano a vincere l'Oscar, per le immagini del film di Franco Zeffirelli Romeo e Giulietta (1968): un premio sorprendente se si considera che D. S. era soltanto al suo terzo film.
Dopo un'adolescenza turbolenta entrò al Centro sperimentale di cinematografia, dove ottenne il diploma da operatore nel 1949. Compì i primi passi della carriera professionale al fianco del direttore della fotografia Piero Portalupi per il film Non c'è pace tra gli ulivi (1950), diretto dal fratello Giuseppe. Cacciato dal set di Bellissima (1951) di Luchino Visconti a causa del sabotaggio da parte di un collega, e poi anche da quello di Aida (1953) di Clemente Fracassi, dovette lavorare per qualche tempo come consegnatario macchina, al fianco di alcuni tra i più affermati direttori della fotografia italiani, da Carlo Montuori a Gabor Pogany, da G.R. Aldo a Enzo Serafin. Nel 1955, sul set del film Gli sbandati di Francesco Maselli, conobbe Gianni Di Venanzo, direttore della fotografia che avrebbe affiancato per quasi un decennio ‒ dapprima in qualità di assistente e poi di operatore di macchina ‒ negli anni della sua maturità artistica, quando Di Venanzo lavorava con la luce riflessa, ottenuta con lampade particolari (photofloods) montate in gruppi e puntate su panni bianchi o superfici di polistirolo. La lezione di Di Venanzo, improntata al realismo, risultò fondamentale per D. S. quando esordì come direttore della fotografia, dapprima portando a termine con Ajace Parolin il film di Francesco Rosi Il momento della verità (1965) e poi quando fu chiamato a completare le riprese del film di Joseph L. Mankiewicz The honey pot (1967; Masquerade), in seguito alla morte dello stesso Di Venanzo. Con il quasi coetaneo Rosi D. S. intrattenne un rapporto di strettissima e amichevole collaborazione sin dai tempi in cui era operatore alla macchina per il suo maestro, che gli aveva affidato anche la responsabilità della fotografia durante le ultime settimane di riprese di Salvatore Giuliano (1962) e di Le mani sulla città (1963). Dopo la scomparsa di Di Venanzo firmò così le immagini di tutti i film di Rosi, a cominciare dal kolossal a colori C'era una volta… (1967) fino a La tregua (1997) ‒ sul cui set sarebbe morto per un attacco cardiaco ‒, raggiungendo risultati di grande raffinatezza nel gelido bianco e nero di Uomini contro (1970), nel cromatismo lugubre di Cadaveri eccellenti (1976) e nell'esplosione gioiosa di Carmen (1984). Per circa un decennio fu anche il direttore della fotografia di Visconti, acquistando la fama di 'principe delle tenebre' grazie alla drammaticità teatrale delle figure immerse nel buio di La caduta degli dei (1969), e restituendo un insuperato esempio di morbidezza dei contrasti cromatici negli esterni del finale di Morte a Venezia (1971); seguì poi il regista milanese fino alla sua ultima prova, L'innocente (1976), dove esaltò le bellissime luminescenze degli esterni. Assolutamente contrario alle prese di posizione 'autoriali' di alcuni colleghi, D. S. fu tra i più accesi sostenitori di una fotografia 'invisibile', funzionale alle necessità narrative contingenti. Eppure nel suo lavoro si può rintracciare un filo rosso che si manifesta nel saper guardare dentro ai personaggi, con una straordinaria capacità di introspezione, fondata sull'uso di una luce mai diretta. Egli realizzò nel campo del colore quello che Di Venanzo aveva fatto con il bianco e nero, attraverso l'uso della luce diffusa, riducendo ulteriormente la quantità di energia luminosa messa in gioco e diffondendola ancora di più, con l'applicazione di porzioni di tessuto sui contenitori delle photofloods. A volte una sola photoflood, diffusa da una superficie riflettente, bastava a creare l'emozione, come appare negli esterni di Lancelot du Lac (1974; Lancillotto e Ginevra) di Robert Bresson, dove attraverso la penombra di un fitto bosco l'immagine materializza il senso del pericolo incombente. D. S. lavorò molto anche sulla desaturazione cromatica, soprattutto nel film di Ettore Scola Una giornata particolare (1977), nel quale governò il colore, prima in fase di ripresa e poi in fase di stampa, con un processo che sottraeva le punte più squillanti del croma, ingrigito, così come doveva apparire la realtà dell'Italia fascista agli occhi dei due perdenti Sophia Loren e Marcello Mastroianni, protagonisti del film. Al principio degli anni Ottanta, dopo il successo internazionale del suo lavoro per il kolossal televisivo Marco Polo (1982) di Giuliano Montaldo, lavorò negli Stati Uniti per Jerry Schatzberg in Misunderstood (1984; Incompreso ‒ L'ultimo sole d'estate) e per John Guillermin in Sheena (1984; Sheena, regina della giungla). Nello stesso periodo firmò anche la fotografia delle prime settimane di lavorazione di Rambo: first blood part II (1985; Rambo 2 ‒ La vendetta) di George Pan Cosmatos, abbandonando però il set dopo la quarta settimana di riprese, sostituito dall'inglese Jack Cardiff. Tra gli altri registi con i quali ebbe modo di collaborare, vanno ricordati Joseph Losey, Luigi Comencini, Vittorio De Sica. Tenne un diario filmato della lavorazione della maggior parte dei suoi film, dapprima in 8 mm, poi in super 8, creando in tal modo documenti di straordinaria importanza, perché realizzati prima della diffusione delle pratiche del making of. Nel 1999 gli è stato dedicato il documentario La luce al lavoro: Pasqualino De Santis di Vittorio Giacci.
D. McGillivray, Pasqualino De Santis, in "Focus on film", 1972, 11, p. 10.
L. Codelli, Entretien avec Pasqualino De Santis, in "Positif", 1980, 230, pp. 17-26.
S. Consiglio, F. Ferzetti, Pasqualino De Santis. Il sole, probabilmente, in La bottega della luce, Milano, 1983, pp. 45-63.
J.A. Gili, Pasqualino De Santis, in "Positif", 1996, 428, pp. 58-59.