passo, passuro
I due latinismi (dal participio passato e futuro di patior, " patire "; passo è attestato in Guittone Tutto 'l dolor 26) ricorrono in Pd XX 105 come attributo dei piedi di Cristo, i quali indicano " per sineddoche... la persona del Redentore medesimo " (Lombardi), con riferimento alla crocifissione. Rifeo e Traiano si salvarono, essendo morti non Gentili, ma Cristiani, in ferma fede / quel d'i passuri e quel d'i passi piedi: " e nota ‛ passuri ', temporis futuri, imperçò ch'el fo innanci lo avignimento de Cristo... e nota: ‛ passi ', temporis praeteriti, imperçò che ello fo dopo l'avignimento de Cristo " (Lana). Nota il Pézard (pp. 1709-1711): " On pouvait aussi bien nommer les mains que les pieds. Mais Dante ne choisit pas sans raison ses symboles: une tradition diffuse et tout au moins un auteur dont il admire la pensée lui ont enseigné ceci: ‛ Noto quod caput Christi spinis obvolvitur, manus et pedes clavis infinguntur, latus lancea perforatur. Caput Christi, scilicet, populi christiani sunt pontifices; manus, sacerdotes; pedes alii fideles in quibus oportet Christum iterum crucifigi et, quasi dominum, scalae generalis ecclesiae inniti ' [Gioacchino da Fiore] Commentaire sur Jérémie, XVIII 22; Cologne 1577, p. 269) ". Lo studioso fa inoltre notare che passurus e passus si trovano, a breve distanza l'uno dall'altro, nel racconto del noto episodio dell'incontro tra s. Pietro e Cristo sulla via Appia quale si legge nello Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais (IX 13-14). Ma si veda pure s. Tommaso (Exp. ad Rom. V 5): " Sicut enim nos credimus eum natum et passum, ita ipsi crediderunt nasciturum et passurum ".
Per il significato pregnante del verbo, v. PATIRE.