PASTICCIO
. Musica. - Furono così denominate durante il sec. XVIII le opere, serie e comiche, costituite da pezzi di autori diversi. Già nei secoli XVI e XVII s'erano avute favole pastorali e melodrammi, alla cui parte musicale avevano volentieri contribuito parecchi compositori. In altri casi gl'impresarî o i cantanti avevano arbitrariamente aggiunto o sostituito arie. Anche nel sec. XVIII s'ebbero melodrammi composti in concorde collaborazione, p. es. un Muzio Scevola, 1721, di cui A. Ariosti, G.M. Bononcini e G.F. Händel scrissero ciascuno un atto. Ma più propriamente il nome di pasticcio designa quelle opere comiche del'700, che, procedendo da un'altra opera comica, ne presentavano sostanzialmente cangiati i libretti e i personaggi, e, nella parte musicale, mescolavano arie, duetti, finali, sinfonie, d'un medesimo compositore o di più compositori. "Pasticciere" era sovente il capo della compagnia, sollecito nel fornire al pubblico i pezzi più prelibati. Un caso tipico è quello del Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno o Bertoldo alla corte di Ciampi, libretto di Goldoni, che ebbe successo verso il 1750 e fu imitato nella Ninette à la cour di Ch.-S. Favart, 1755, nella Löttchen am Hofe di I. N. Hiller, 1767. Intermezzi e opere comiche italiane, recati dagl'Italiani a Parigi, 1751, furono anche pasticciati. C.W. v. Gluck raccolse alcune sue arie, divenute popolari, in Piramo e Tisbe, 1746.
Pasticcio è esattamente la voce italiana corrispondente alla francese pot pourri (per la prima volta usata da Cramer), e ha, precedenti in italiano e nella terminologia musicale, i vocaboli messanza, misticanza, e quello di quodlibet ("come vi piace"), con i quali, nei secoli XV e XVI, s'indicarono pasticci umoristici di mottetti, madrigali, chansons, Lieder di varî autori.