PASTOFORO
. I pastophori (παστοϕόροι) erano i membri di un collegio di sacerdoti mendicanti egizî, così detti perché portavano per le vie della città le immagini della divinità protettrice entro una specie di piccola edicola (παστάς = thalamus), o sopra una piccola ara, arrestandosi ogni tanto per inginocchiarsi ed esporre agli sguardi dei passanti le sacre immagini e ottenere un'elemosina (cfr. Apul., Met., XI, 17,20,30; Plin., Nat. Hist., VIII, 71).
In Alessandria e nelle altre città dell'Alto Egitto, quando i Greci prima e poi i Romani ebbero eretto in più luoghi altari a Iside, a Serapide e alle altre divinità egizie, si ebbero pastofori nelle associazioni religiose formate dai loro adoratori, costituendo un ordine distinto, che veniva nella gerarchia subito dopo il gran sacerdote e i decurioni. Per essere ammesso fra i pastofori era necessario aver percorso tutti i gradi inferiori dall'iniziazione in poi. Appena eletto, il nuovo pastoforo doveva farsi rasare completamente il capo, secondo il rito del sacerdozio egiziano.
A Roma si ebbe un ordine di pastofori fino dal tempo di Silla; alcune iscrizioni ci fanno conoscere il nome di personaggi che esercitarono questo sacerdozio in diverse città d'Italia e della Gallia (Corpus Inscr. Lat., V, 2806, 7468; XII, 714, 10, ecc.).
Bibl.: G. Lafaye, in Dict. des ant. grecques et rom., IV, i, p. 340 seg.; id. Hist. du culte des divinités d'Alexandrie, Parigi 1884, pp. 174 segg., 233.