paterno
L'aggettivo ha nel Convivio il suo proprio significato, " del padre ": IV XXIV 15 naturalmente vedemo ciascuno figlio più mirare a le vestigie de li paterni piedi che a l'altre; i figli seguono cioè l'esempio del comportamento del padre, ed è dunque importante che il padre controlli il proprio comportamento; così al § 18 dal padre, o da quelli che loco paterno tiene, e in XXV 8 (anche accostato a padre).
Più estensivo è il significato nella Commedia, dove troviamo p. riferito a personaggio che D. sente affettuoso come un padre. In If XV 83 l'aggettivo è infatti riferito a Brunetto Latini: D. oppone al cotto aspetto (v. 26) del dannato, al suo viso bruciato e umiliato, l'immagine del maestro che gli era caro, così come gli è rimasta dentro: 'n la mente m'è fitta, e or m'accora, / la cara e buona imagine paterna / di voi quando nel mondo...
Le altre due occorrenze riguardano Cacciaguida, nel quale egli riconosce non solo il simbolo stesso della nobiltà della sua famiglia, ma il simbolo di un tempo che gli appariva favoloso e innocente; efficacissimo l'uso di questo aggettivo in Pd XV 84 non ringrazio / se non col core a la paterna festa, " idest, laetae gratulationi, quam mihi paterna affectione fecistis " (Benvenuto): la festosa accoglienza del beato viene definita da D. paterna prima ancora che egli si sia manifestato, prima dunque che D. sappia che si tratta di un suo antenato (ma si veda, prima, il paragone con Anchise e l'esclamazione O sangui: meus: cfr. vv. 25 ss.); di nuovo Cacciaguida è chiamato quello amor paterno (XVII 35) nella didascalia che introduce le parole della profezia, quindi con un particolare sentimento di affetto che colorerà di sé l'esposizione dei duri eventi che vengono previsti per Dante.