patire [nel pres. indic., III singol., il latinismo pate: cfr. Parodi, Lingua 252]
È È prevalente nell'uso di questo verbo il costrutto assoluto, anche nell'unico caso in cui è nel significato pregnante di " sostenere passione " (Buti): quando patì la supprema possanza, cioè quando Cristo fu crocifisso (Pd XXVII 36; per altri riferimenti allo stesso episodio, v. la voce PASSO, PASSURO).
In altri casi il senso del verbo è più aderente a quello del latino pati, " subire ", messo in particolare risalto dalla contrapposizione ad " agire ", là dove Stazio spiega che il sangue femminile si unisce al maschile nel natural vasello (la matrice), l'un disposto a patire, e l'altro a fare / per lo perfetto loco onde si preme (Pg XXV 47: " el sangue de la femina... è paziente, perché è materia di che si fa la creatura e riceve in sé la forma ", Landino; e cfr. Tomm. Sum. theol. III 32 4c " In generatione... distinguitur operatio agentis et patientis. Unde relinquitur quod tota virtus activa sit ex parte maris, passio autem ex parte foeminae "); e anche, con diversa contrapposizione: Pd IV 73 Se vïolenza è quando quel che pate / nïente conferisce a quel che sforza..., " idest substinet violentiam " (Benvenuto), " patisce ed è sforzato " (Landino). Con lo stesso significato, nel costrutto transitivo, in Pd XX 94 Regnum coelorum vïolenza pate / da caldo amore e da viva speranza, che riprende l'evangelico " regnum caelorum vim patitur " (Matt. 11, 12).
Come transitivo, p. significa " sopportare ", " sostenere " (l'occhio dell'aquila è la parte che pate il sole [Pd XX 31], " cioè regge e sostiene senza palpitare i raggi vivi del sole ", Cesari), o anche " tollerare ", " ammettere ", con riferimento a oggetti sia concreti che astratti: ‛ ricevuto ' col suo corpo nel cielo della Luna, D. osserva che qui, in terra, non si concepe / com' una dimensione altra patio (Pd II 38), " quomodo unum corpus sustinuit et permisit quod aliud corpus intraret ipsum sine laesione " (Benvenuto): vale a dire, " come il corpo della Luna, che ha le sue dimensioni, abbia potuto, nella sua compattezza (cfr. solida [v. 32]), comportare (patio, patì) la penetrazione del mio corpo, senza disunione delle sue parti " (Chimenz). Si veda poi Cv III XI 14 fine de la Filosofia è quella eccellentissima dilezione che non pate [" ammette ", Busnelli-Vandelli] alcuna intermissione o vero difetto (nel Tommaseo [Dizionario] è citato un passo del commento del Buti al Purgatorio: " Questa istoria è contro lo superbo, che non pate suoi pari "), e, seguito da proposizione, Pd XX 81 tempo aspettar tacendo non patio, " non tollerò " (Sapegno).