CELLULARE, PATOLOGIA
. Dottrina che fa risalire tutte le manifestazioni che caratterizzano lo stato di malattia a alterazioni nella struttura e nella funzione delle cellule componenti i nostri organi e i nostri tessuti. Questa dottrina, che ebbe a suo fondatore il celebre patologo tedesco Rodolfo Virchow, fece subire una radicale trasformazione a tutto il complesso delle precedenti costruzioni teoriche sui processi morbosi e specialmente alla vecchia patologia umorale. Con essa quindi s'iniziò veramente un'era nuova per la patologia e ad essa i cultori italiani dell'ultimo cinquantennio hanno portato numerosi e importanti contributi.
La patologia cellulare parte dal concetto fondamentale che in condizioni normali di vita gli elementi cellulari dell'organismo sono dotati della capacità di nutrirsi, di crescere, di riprodursi secondo determinate leggi. Nello stato di malattia queste proprietà sono bensì conservate, ma si compiono con modalità diverse e in grado variabile. Così l'attività nutritiva delle cellule può subire modificazioni quantitative e qualitative. Può accadere, cioè, che l'assorbimento del materiale nutritizio sia aumentato, di guisa che l'elemento cellulare aumenti più o meno considerevolmente di volume; può accadere invece l'opposto, che cioè si abbia un minore assorbimento nutritizio per parte della cellula, che subisce quindi una diminuzione più o meno accentuata di volume. I processi che ne risultano vengono rispettivamente distinti con i nomi di ipertrofia e di atrofia. È noto che, in condizioni normali, nella grandissima maggioranza dei casi, negli animali superiori, la moltiplicazione delle cellule avviene per divisione indiretta, ossia il nucleo, prima di dividersi, va incontro a complicate modificazioni di struttura (cariocinesi). Il risultato finale è l'esatta divisione della sostanza fondamentale del nucleo (cromatina) in parti uguali, destinate ai nuclei figli. A questo fatto si accompagna lo strangolamento del protoplasma e ne segue la divisione della primitiva cellula in due di eguale grandezza, ciascuna delle quali contiene uno dei nuclei figli e riproduce i caratteri della cellula dalla quale è derivata.
In condizioni patologiche, invece, il suddetto processo subisce perturbazioni più o meno prof0nde che possono, per esempio, avere come conseguenza ultima la divisione della primitiva cellula in tre, quattro, cinque e più cellule. Questo fatto si verifica specialmente in alcuni tumori di natura maligna e ci rende conto del rapido accrescimento di essi. Gli elementi dei tumori possono anche moltiplicarsi per una qualsiasi delle altre forme di partizione cellulare conosciute in istologia, ma che si allontanano sempre, più o meno, dalla norma. In conclusione, in condizioni patologiche ed essenzialmente nei tumori, è dato spesso osservare fatti di anomala, disordinata, tumultuosa moltiplicazione cellulare. In condizioni morbose accade anche spesso che i processi del ricambio degli elementi cellulari siano profondamente alterati. Come conseguenza di ciò possono aversi la produzione e l'accumulo dentro gli elementi stessi di sostanze abnormi, oppure cambiamenti strutturali e chimici del protoplasma, che conducono a tutte quelle alterazioni che vengono comprese sotto la denominazione generica di degenerazioni. Può inoltre accadere che, per effetto di stimoli patogeni, gli elementi cellulari possano modificare la loro attività funzionale e presentare un aumento o una diminuzione di detta attività o delle variazioni qualitative della stessa. Ciò si verifica, per esempio, nelle cellule delle ghiandole, in cui i fenomeni secretivi possono compiersi in misura maggiore o minore della norma e in cui possono aversi modificazioni della composizione del secreto.
Riassumendo, ogni manifestazione abnorme della vita, secondo la dottrina della patologia cellulare, deve essere prodotta da determinate anomalie delle cellule e dei tessuti e se vi sono malattie nelle quali la corrispondenza tra i fenomeni morbosi e le alterazioni delle cellule non è ancora ben dimostrabile, ciò può dipendere dall'insufficienza dei metodi tecnici a nostra disposizione.
Da quello che si è detto si comprende quanto sia vasto e importante il dominio della patologia cellulare.
Essa si propone lo studio e il riconoscimento di dette modificazioni valendosi dei più delicati metodi d'indagine istologica. Essa si occupa soprattutto delle anomalie dell'accrescimento delle cellule, dei processi di moltiplicazione di esse e della secrezione cellulare. Ha anche per oggetto lo studio dei fenomeni di rigenerazione delle cellule e dei tessuti, lo studio dei processi degenerativi, delle infiltrazioni, della morte cellulare. Essa giova altresì alla trattazione d'importanti problemi, come quelli che si riferiscono alle costituzioni e alle malattie del ricambio.
Certo, non tutte le questioni riguardanti i processi morbosi possono essere risolte al lume della dottrina della patologia cellulare, ma questa dottrina rimane pur sempre il fondamento centrale delle nostre cognizioni patologiche.
Bibl.: R. Virchow, Cellularpathologie, Berlino 1871; P. Ernst, Die Pathologie der Zelle, in L. Krehl e F. Marchand, Handbuch der algemeine Pathologie, Lipsia 1915; E. Veratti, Corso di patologia generale, Pavia 1921; A. Trambusti, La patologia della cellula, Torino 1922; A. Lustig, P. Rondoni e G. Galeotti, Patologia generale, Milano 1928.
La patologia cellulare e la dottrina moderna delle costituzioni. - Nessuna dottrina era più adatta di quella cellulare per far sentire ai medici che la malattia era fatta dall'organismo; infatti la lesione materiale era lesione di cellule e la lesione funzionale era deviazione di funzione cellulare. La dottrina virchowiana era dunque per eccellenza dottrina preparatoria della dottrina costituzionalista, e Virchow fu difatti un precursore del neocostituzionalismo odierno. Tuttavia nella seconda metà del secolo scorso con le grandi scoperte batteriologiche si verificò questo fatto per sé stesso paradossale, che la corrente delle idee virchowiane si sposò in pacifica convivenza a quella del più violento eziologismo esterno che ne era la negazione, e nelle malattie infettive tutto il quadro morboso parve illusoriamente doversi attribuire ai germi inlettivi, sia i sintomi, sia le lesioni anatomiche. Occorse mezzo secolo perché i patologi si accorgessero che i germi rappresentavano solo gli stimoli ai quali l'organismo poteva non rispondere (individui portatori di germi senza malattia), oppure rispondeva a modo suo fabbricando esso i sintomi e i prodotti anatomopatologici con le proprie cellule, secondo le proprie leggi e in modi variabilissimi da individuo a individuo. La malattia non era "fatta" dai germi, o dal "terreno" organico, ma era fatta solo dall'organismo.
La dottrina virchowiana presentava però due sostanziali manchevolezze: l'una di esse si riferisce al concetto della variabilità, l'altra al concetto dell'unità dell'organismo, come un tutto coordinato. Il concetto della variabilità ci dà ragione del vario rispondere delle cellule dei diversi individui ai medesimi stimoli e del variabile quantitativo funzionale individuale derivante dal variabile quantitativo cellulare. Il quantitativo cellulare può essere eccedente, come può essere deficiente per incompleto sviluppo e come tale essere fonte di morbilità. Quest'ultimo concetto per verità fu espresso nettamente da Virchow negli studî sulla clorosi.
È osservazione generale che dove un organo non raggiunga il suo sviluppo normale, e, considerato nel suo volume e nei suoi accessorî, rappresenti un difetto di sviluppo, indica una certa inclinazione a notevoli e frequenti manifestazioni morbose; in altre parole, la cosiddetta predispoeizione, che frequentemente viene intesa come una semplice debolezza funzionale, deve in molti casi essere attribuita a veri e tangibili difetti di formazione dei tessuti. Il Viola considera come un reale progresso della scienza il metodo di andare alla ricerca delle cause delle malattie di ciascun organo mediante l'esame delle condizioni loro originarie, e di svelare i rapporti che passano fra le malattie stesse e le singolari proprietà degli organi. Ognuno che senza pregiudizio scenda all'esame dei singoli casi, potrà sufficientemente convincersi come molte delle cosiddette predisposizioni possano essere collegate all'originaria organizzazione e da questa essere spiegate. Specialmente questa risalta ove da un lato esistano difetti di formazione, dall'altro eccessi di funzione di alcuni organi, quali necessarî predisponenti d'alterazioni patologiche.
Però l'idea della variabilità rimaneva incompleta, non fece parte del corpus doctrinae della patologia cellulare, non fu messa in relazione con la legge della variabilità biologica scoperta dal Quetelet (legge degli errori biologici) e non ebbe adeguato sviluppo.
Il concetto, poi, dell'unità dell'organismo fu avversato dal Virchow. La concezione virchowiana della patologia cellulare era contraria al concetto di unità dell'organismo, perché secondo Virchow ogni cellula era a sé stante, e l'organismo era una semplice somma di cellule indipendenti, non un'unità superiore coordinata in tutte le sue parti. La sintesi individuale era così distrutta, e furono i clinici i primi a risentire il danno, sotto la pressione dei problemi che con la concezione virchowiana rimanevano insoluti. Col risorgere delle dottrine costituzionaliste e del neovitalismo, tra la fine del 1800 e il principio del 1900, in Italia per opera del De Giovanni, in Germania, tardivamente, per opera specialmente del Kraus fu messa in evidenza l'importanza dei fattori coordinatori unitivi del complesso organico. Con tale movimento d'idee il tessuto interstiziale di sostegno, il quale nella dottrina cellulare era stato del tutto trascurato e considerato una sostanza a funzione cementante e inerte, assunse improvvisamente una grande importanza. Ma altri sistemi furono allora studiati dal punto dì vista unitivo: il sistema nervoso generale e quello vegetativo, il sistema vascolare, specie il capillare e precapillare, il sangue, il sistema reticolo-endoteliale, e finalmente gli umori circolanti, in specie i corpi immunitarî e le secrezioni endocrine.
Per le ripercussioni che ogni lesione del tessuto di sostegno ha su tutto il sistema stesso (e talvolta su tutti i varî sistemi derivanti dal mesenchima), in generale per la larga partecipazione in ogni caso dei sistemi unitivi dell'organismo alle lesioni cellulari localistiche, apparve sempre più chiara la manchevolezza della dottrina virchowiana, e la necessità di considerare nell'infiammazione, nella degenerazione, nella patologia, nel ricambio, ecc., non soltanto il fatto localistico, ma l'individuo totalitario e non soltanto il "fisico", ma anche lo "psichico": l'unità psico-fisica dell'individualità, la costituzione e la persona (v. costituzione).
Qualche patologo moderno si fece anzi oppositore di tutta la dottrina virchowiana. Il Ricker oppose alla "patologia cellulare" la "patologia di relazione". Per svalutare le cellule negò loro la irritabilità e la trasferì esclusivamente al sistema nervoso: le cellule non sarebbero sensibili per sé e non reagirebbero che per l'intermediario del sistema nervoso. Ma questo anticellularismo e questa svalutazione della cellula nei fenomeni biologici furono ripudiati dai patologi moderni si può dire all'unanimità. Le cellule reagiscono direttamente agli elettroliti, ai farmaci, agli ormoni, il tessuto di sostegno è esso stesso fatto di cellule, gli umori derivano dalle cellule, gli ormoni circolanti sono secreti dalle cellule delle ghiandole endocrine, le reazioni immunitarie sono funzioni cellulari degli endotelî e delle cellule avventizie (Rossle, Gerlach), insomma, come nota Herxheimer, la patologia moderna ha riconfermato sempre più e in tutti i suoi nuovi campi di studio il dominio della cellula. Essa ha completato l'idea virchowiana con lo studio della variabilità costituzionale e dei fattori unitivi e universali che coordinano le cellule, ma la cellula rimane la base di tutti i fatti biologici.
La patologia cellulare nelle piante. - Nelle piante, in modo più chiaro che negli animali, specialmente superiori, dominati dalla differenziazione e dall'accentramento delle funzioni, la malattia trova il suo fondamento elementare nella patologia della cellula (citologia patologica). Mentre taluni fenomeni di patologia cellulare possono coincidere con quelli che producono la morte naturale delle cellule (invecchiamento, necrosi, necrobiosi, ecc.), come nella formazione del legno, nella morte autunnale dei tessuti fogliari, ecc., altri costituiscono dei veri segni d'uno stato di anomalia o di malattia, di cui tuttavia, o la causa o il meccanismo di produzione (eziologia e patogenesi) spesso sfuggono alla nostra indagine, come fenomeni relativi alla fisiologia patologica, di cui appena qualche manifestazione ci è dato intravedere in un'accelerazione del tono respiratorio, nel prodursi di attività enzimatiche ed ormoniche, ecc. I segni morf0logici di malattia possono riferirsi, tanto al complesso della cellula, quanto ai suoi costituenti, e sono suscettibili di offrire singolarmente manifestazioni varie di natura patologica.
Possiamo notare tanto fenomeni di ipoplasia, sia quantitativa (riduzione di volume, di numero, ecc.) sia qualitativa (imperfetta differenziazione, ecc.), quanto fenomeni di ipertrofia e iperplasia, associati o no a modificazioni di forma. L'ipoplasia può anche riferirsi particolarmente alla sola membrana cellulare (riduzione nell'ispessimento, modificazioni chimiche, ecc.), oppure ai cromatofori (riduzione di numero, di colorazione, di attività, ecc.), oppure al contenuto vacuolare o plasmico, per insufficienza di formazioni cristalligene, amilifere, albuminoidiche, ecc. Così il nucleo può offrire anomalie sia nella forma, per ipoplasia o ipertrofia, sia nel suo contenuto cromatinico, sia nella capacità di produrre divisioni mitotiche o no. Il citoplasma, oltre i ben noti fenomeni di plasmolisi, può presentare fenomeni varî di degenerazione di tipo vacuolare e granulare, oppure grassa, glicogenica, idropica, ecc., nonché di contrazione e riduzione (plasmoschisi). Così le membrane cellulari possono subire modificazioni per ispessimenti e accrescimenti diversi, o degenerazioni, come quella mucosa e gommosa. I sintomi della morte cellulare (necrosi) sono varî, ma per lo più caratterizzati da rapida disorganizzazione del plasma, scomparsa del turgore, contrazione e colorazione bruna del contenuto cellulare, reazioni cromatiche particolari della membrana cellulare, ecc.
Bibl.: E. Küster, Pathologische Pflanzenanatomie, 3ª ed., Jena 1925.
Degenerazioni cellulari. - Sono le alterazioni chimiche, fisiche e strutturali che le cellule dei tessuti e degli organi subiscono per opera di agenti morbigeni della più svariata natura (calore eccessivo, freddo, sostanze chimiche, veleni batterici, ecc.) e che determinano come conseguenza la menomazione o la soppressione della funzione cellulare.
Si distinguono varie specie di degenerazioni: 1. Rigonfiamento torbido o degenerazione albuminoidea. Gli elementi cellulari sono rigonfiati; il protoplasma ha perduto la sua trasparenza normale ed è trasformato in una quantità di goccioline finissime; inoltre contiene una maggiore quantità d'acqua. 2. Degenerazione idropica o vacuolare, caratterizzata dalla comparsa nel protoplasma e nel nucleo di vacuoli o cavità ripiene di liquido. 3. Degenerazione mucosa, caratterizzata dalla comparsa nel protoplasma cellulare d'un materiale ricco di mucina. 4. Degenerazione colloide: esagerata produzione di sostanza colloide in cellule che normalmente ne producono. 5. Degenerazione grassa, caratterizzata dall'aumento di grasso in cellule che normalmente ne contengono in scarsa quantità, o dalla comparsa di grasso in cellule che normalmente non ne contengono. Quest'ultimo fatto può non essere accompagnato da rilevanti alterazioni cellulari. Si tratterebbe, secondo alcuni, d'un deposito di grasso proveniente dall'esterno e il grasso si presenterebbe in forma di grosse gocce. In questo caso dovrebbe usarsi piuttosto il termine di infiltrazione grassa, riserbando la denominazione di degenerazione grassa ai casi nei quali esistono alterazioni cellulari: in questi ultimi il grasso si presenterebbe sotto íorma di goccioline o di granuli minuti. Queste distinzioni non sono ammesse dai più e ai termini di infiltrazione e di degenerazione grassa da n40lti è stata sostituita la denominazione generica di metamorfosi grassa o steatosi. 6. Degenerazione ialina: nei tessuti appare una sostanza che ha una particolare trasparenza e nella quale non è riscontrabile alcuna struttura. 7. Degenerazione amiloide, caratterizzata dalla comparsa nei tessuti d'una sostanza che presenta alcune reazioni dell'amido, ma che ha una composizione simile a quella delle sostanze albuminoidi v. amiloidosi).
Alle degenerazioni sono anche da ascriversi l'infiltrazione glicogenica, caratterizzata dalla presenza in eccesso di glicogeno in cellule che normalmente ne contengono, o dalla comparsa di esso in cellule che di regola non ne presentano; le pigmentazioni patologiche, caratterizzate dall'esistenza nei tessuti di pigmenti che possono formarsi nell'organismo stesso o provenire dall'esterno; la calcificazione dei tessuti, consistente in una deposizione in essi di sali calcarei.