CELLULARE, PATOLOGIA (App. II, 1, p. 550)
Con l'approfondimento analitico delle catene di reazione metaboliche endocellulari (differenziabili anche a seconda delle diverse unità subcellulari oggi studiabili isolatamente) e con l'avvento del microscopio elettronico il quale ha posto la necessità di creare tutta una nuova citologia, la patologia cellulare sta subendo una profonda trasformazione. Mentre in effetti da una parte è prevedibile una nuova descrizione morfologica delle alterazioni subite dalle strutture cellulari nel corso di eventi patologici, dall'altra si va già costituendo una descrizione biochimico-dinamica degli eventi medesimi, la quale sola può in definitiva spiegare quelle alterazioni. Ciò che è più importante è che struttura morfologica e struttura fisico-chimica dei complessi organici organizzati nell'equilibrio dinamico di un sistema aperto, e cioè quindi forma e funzione, sono oggi sempre più riconosciuti come due aspetti di una stessa realtà, onde i due tipi di studio finiranno per avere larghe e fruttifere confluenze, sia nel campo normale, sia in quello patologico.
Le catene di eventi metabolici cellulari, differenziate per i varî tipi cellulari, ma in buona parte anche comuni a molti o a tutti i tessuti, sono oggi abbastanza delineate, anche se molti anelli debbono tuttavia completarsi o aggiungersi. Ne deriva che è possibile fare oggi una patologia cellulare causale, cioè osservare quali alterazioni morfologiche - di quelle note nella classica patologia cellulare - corrispondono a lesioni biochimiche esattamente (o quasi esattamente) localizzate, mentre all'opposto è possibile studiare quali alterazioni biochimiche corrispondono ai quadri classici della patologia cellulare, ottenuti con i mezzi classici e che sono d'altro canto quelli più corrispondenti alla patologia spontanea.
Secondo questo indirizzo di studio si è visto che spesso lo stesso quadro morfologico (almeno al livello microscopico) è comune a diversi tipi di guasto biochimico; ed anche che persino molte deviazioni metaboliche sono comuni a interventi (cioè a momenti etiologici) diversi: ciò è facilmente comprensibile quando si pensi che molte catene metaboliche confluiscono in canali collettori comuni e quindi le loro alterazioni possono produrre effetti in parte sovrapponibili (l'estensione di questa sovrapposizione dipende naturalmente molto dal livello a cui il guasto interviene). Occorre inoltre tener presente che la cellula, come l'organismo intero, è una macchina omeostatica e pertanto con una certa facilità conduce preferenzialmente la propria reattività su determinati e consueti binarî, attenuando ulteriormente le differenze.
In effetti, di fronte alla grande varietà (qualitativa e quantitativa) degli insulti che possono colpire una cellula viva e funzionante, sia nella patologia spontanea sia in quella sperimentale, noi rimaniamo con un limitato numero di quadri patologici (a meno che il microscopio elettronico non possa discriminare più finemente) e, in fondo, anche con un limitato numero di "effetti" biochimici (ma ciò in gran parte è dovuto alla modestia della nostra indagine analitica). Un esempio molto clamoroso di questo fatto è dato dalla patologia del tessuto muscolare, la quale è dominata morfologicamente e fisiologicamente dal coagularsi, spesso improvviso, del plasma cellulare, con morte definitiva dell'elemento colpito; questo fenomeno ha pertanto condizionato ogni ulteriore analisi biochimica e l'ha limitata molto anche nella sua fase genetica, fuorviando così, per la sua imponenza, la libera ricerca in tutti gli altri settori; la risposta della cellula muscolare è infatti estremamente monotona, specie morfologicamente, sia che si tratti di insulti meccanici, termici, tossinici, avitaminosici, ecc.
Il limite della patologia cellulare, classicamente intesa, va trovato proprio nella sua pretesa, che però è anche la sua forza euristica, di descrivere gli eventi morbosi "cellularmente" e soprattutto di esaurire in questo aspetto tutte le probabilità di informazione, il che è certamente errato: l'unità omeostatica dell'organismo con i suoi sistemi di correlazione umorale e nervosa, la dipendenza della vita cellulare da "pools" metabolici intercellulari, il ripetersi in cellule di disparata origine, natura e funzioni, di lesioni biochimiche coinvolgenti sistemi metabolici comuni e fondamentali (per es. nelle avitaminosi, nelle lesioni o inceppamenti delle catene respiratorie, in molte alterazioni mitocondriali, ecc.) sono altrettante realtà che invitano a prudente riflessione di fronte a ogni suggestivo tentativo di descrivere tutti gli eventi di un processo patologico in termini di patologia "cellulare"; è evidente che sia nella vita fisiologica sia in quella patologica questo termine "cellulare" ha significato diverso a seconda che si considerino cellule isolate (naturalmente o in coltura) o invece cellule di tessuti e quindi organismiche, anche se i due mondi che potrebbero risultare da una completa descrizione degli eventi relativi hanno una notevole parte in comune.
Anche la terminologia della classica patologia cellulare virchowiana mal si adatta alla natura degli eventi biochimici che sottostanno ai quadri morfologici cui quella terminologia si riferisce e per i quali è evidentemente congrua: una atrofia di un tessuto non sempre corrisponde a una diminuzione, al livello biochimico, della entità, numero o velocità delle operazioni biochimiche cellulari. Il trofismo cellulare e quindi il modo di essere normale delle cellule dipende anche dal modo di concatenarsi di quelle operazioni, onde alcune di esse possono anche rimanere immutate o addirittura esaltarsi in un sistema cellulare generale che va scadendo, proprio perché il guasto può essere nella capacità a utilizzare l'energia o i prodotti derivanti da quelle operazioni. È infatti facile vedere aumento di consumo di ossigeno da parte di tessuti anche in via di avanzata degenerazione sia perché il fatto patologico consiste nella deficienza di regolatori delle ossidazioni dei substrati (antiossidanti), sia perché esso invece sta nella perdita del controllo sulla utilizzazione delle predette ossidazioni (immagazzinamento dell'energia sotto forma di particolari legami chimici facilmente reversibili: fosforilazioni, ATP), sia infine perché il processo degenerativo stesso ha rotto la geometria delle posizioni enzimatiche, dei normali canali di avvio dei substrati verso quelle o perché ha fatto accumulare quantità eccessive di substrato per una determinata operazione.
Lo stesso dicasi per tutti gli altri settori del metabolismo cellulare; nei muscoli si può assistere ad una profonda alterazione delle proteine contrattili e a una loro graduale diminuzione che morfologicamente è bene descrivibile col termine di atrofia: ma se con il metodo degli isotopi marcati si studia in quelle fibre il ricambio proteico, si vede che esso è sensibilmente aumentato, indice di un lavorio più intenso da parte delle matrici, il quale ha carattere compensatorio (tentativamente). D'altronde occorre anche considerare che le informazioni che si traggono dallo studio dei tessuti patologici o delle cellule o parti di esse isolate in vitro possono non corrispondere a quelle che si ottengono o si otterrebbero studiando gli stessi elementi nell'organismo intero; un esempio semplice è il seguente: una sostanza chimica che impedisce l'immagazzinamento dell'energia ricavabile dalle combustioni (ossidazioni) quale il dinitrofenolo ha un'azione molto limitata in estensione e nel tempo se inoculata nell'organismo intero, che provvede a rapidamente smaltirla, mentre blocca le cellule o i mitocondri da esse isolati se è posta in contatto con essi e finisce col lesionarli se la permanenza è prolungata. Così alcune condizioni di "ipermetabolismo" riscontrabili nei tessuti isolati possono non essere documentabili nell'organismo integrato e viceversa: basti infatti pensare che le nostre conoscenze sull'inserimento degli ormoni nella macchina metabolica delle cellule sono ancora estremamente limitate.
Riferiamo ora i dati più interessanti acquisiti recentemente sulle singole metamorfosi cellulari riscontrabili, a guisa di eventi elementari, nei processi patologici:
Metamorfosi torbida o rigonfiamento torbido. - Con gli studî di patologia cellulare sperimentale (che spesso è una patologia artificiale e una tossicologia) si è giunti a non saper più bene distinguere cosa realmente sia il rigonfiamento torbido degli antichi e quanto veramente questo corrisponda ai quadri oggi riproducibili con lesioni note delle cellule. In ogni modo sembra che le principali lesioni in questa metamorfosi siano delle membrane cellulari e dei mitocondri, forse, anche qui, delle strutture limitanti di questi onde viene alterato il comportamento osmotico di tali organuli e della cellula in toto, che rigonfia per imbibizione: i granuli descritti dagli antichi morfologi non sarebbero che mitocondri rigonfiati, idropici per abnorme accumulo di fluido acquoso, dovuto a deterioramento dei sistemi energetici capaci di espellere l'acqua e di mantenere un certo gradiente osmotico. Ne consegue che tutti i processi patologici capaci al livello biochimico di deprimere la fornitura o la utilizzazione di energia sono in grado di produrre almeno una metamorfosi torbida (ipoossia, tossine, avvelenamenti). Esiste però anche un rigonfiamento torbido dovuto ad accumulo di proteine, sia proprie della cellula (ipertrofia, vicariante o meno), sia estranee ad essa (proteine riassorbite dai tubuli renali, nel rigonfiamento torbido di questi elementi).
Metamorfosi vacuolare. - Per alcuni (G. R. Cameron) è una varietà del rigonfiamento torbido. Per altri (E. Ciaranfi) è invece un evento distinto della patologia cellulare. D'altronde sembra che molti degli aspetti "vacuolizzati" delle cellule sofferenti sono in qualche modo artefatti poiché come tali si possono osservare solo nei preparati fissati e inclusi in paraffina: evidentemente la lesione citoplasmatica è substrutturale e si manifesta al livello microscopico solo dopo alcune manipolazioni, forse correlate alla disidratazione del tessuto. In ogni modo questa lesione, riscontrabile molto bene, per es., nei muscoli nella intossicazione difterica (che provoca anche metamorfosi torbida), sembra legata ad uno stato di acuta anossia delle cellule. In questa metamorfosi i mitocondri sarebbero meno profondamente compromessi, ma vi si osserva una minorazione delle sintesi proteiche endocellulari.
Metamorfosi grassa, steatosi. - A parte il fenomeno della lipofanerosi, cioè del mettersi in evidenza di lipidi prima occulti perché legati con le proteine ed altri componenti cellulari, il quale è fenomeno pre-mortale, un accumulo patologico dei grassi entro le cellule è indice di un disturbo del metabolismo cellulare che può avere varia origine. La distinzione tra degenerazione e infiltrazione grassa è così in gran parte caduta, quale un'espressione di un modo schematico e statico di vedere la biochimica cellulare. La cellula è infatti un laboratorio biochimico il cui stato in ogni istante è funzione sia di ciò che sta avvenendo al di dentro della membrana cellulare, sia di ciò che invece avviene all'esterno di essa. D'altra parte un accumulo di un determinato composto o gruppo di sostanze può tanto essere dovuto ad un ingresso delle sostanze come tali, che non sia sufficientemente compensato dalla relativa elaborazione metabolica, quanto ad una sintesi endocellulare da elementi diversi, anche qui senza possibilità di adeguata ulteriore elaborazione: in tutti e due i casi il fenomeno può esser visto come "infiltrazione", mentre l'aspetto "degenerativo" (almeno dal punto di vista biochimico) può essere rappresentato dalla insufficienza metabolica, che talora può anche essere solo parziale e relativa (ad un eccessivo apporto), ma in altri casi può essere invece di vero blocco per lesione biochimica.
È un fatto che steatosi, per es. del fegato, si ha quando l'organismo è alimentato con una dieta povera di proteine e eccessivamente ricca di grassi. si ha steatosi epatica anche nel digiuno prolungato, ove si mobilitano i grassi dei depositi; si ha pure con diete povere di proteine e prive di colina (importanza della sintesi di colina, utilizzando donatori di gruppi metili, per l'avvio dei grassi nella catena dei fosfatidi metabolici), con particolari trattamenti ormonici, nei cani spancreati, in alcune intossicazioni [fosforo, CCl4 (per es. nel fegato), tossina difterica (per es. nel cuore)], in gravi forme di anossia. L'uso di determinate sostanze tossiche, per la maggiore analizzabilità della loro azione, è stato particolarmente seguito negli ultimi tempi. Sembra che anche nella steatosi - la quale spesso segue il rigonfiamento torbido - i mitocondri siano i luoghi ove è più manifesto il guasto metabolico (i mitocondri sembrano essere impegnati normalmente nello svolgimento del metabolismo lipidico) e persino che i grassi si accumulino primitivamente in essi, insieme all'acqua.
Infiltrazione glicogenica. - È una condizione che spontaneamente si verifica nella così detta glicogenosi, malattia a fondo ereditario, in cui mancano uno o due degli assetti enzimatici necessarî alle cellule per metabolizzare convenientemente gli idrati di carbonio (situazione però diversa dal diabete, anzi i soggetti sono qui tendenzialmente ipoglicemici) e questi si accumulano in forma del polimero ubiquitario degli animali, il glicogeno. Forse si tratta anche di un glicogeno abnorme e le cellule (fegato, rene, cuore, muscoli) ne divengono replete fino a disfarsi. Una vera glicogenosi sperimentale non si è stati capaci di riprodurla.
Metamorfosi ialina. - Vi sono due tipi distinti di questa metamorfosi: quella che investe la sostanza fondamentale dei connettivi, e nella forma più benigna è spesso espressione di tendenza a sclerosi di questi, e quella che investe gli elementi epiteliali, soprattutto gli epitelî renali, ove è espressione di riassorbimento di proteine quantitativamente o qualitativamente abnormi. In questi casi la sostanza ialina si presenta in forma di goccioline endocitoplasmatiche. Anche alcune cellule mesenchimali, per es. le plasmacellule, possono presentare goccie ialine ed eosinofile nel citoplasma (in flogosi croniche, in iperstimolazioni immunitarie) fino a trasformarlo in una unica massa vitreo-ialina.
Metamorfosi amiloide. - È una particolare forma della ialina extracellulare, ma può presentarsi anche entro le cellule (fibre muscolari, epitelî renali). Si tratta di un glicoprotide abnorme che si deposita prevalentemente all'intorno dei vasi, nell'interstizio, facendo atrofizzare e degenerare (per es. steatosi) le cellule parenchimali. Si ha una forma primitiva di amiloidosi, assai più rara, ed una forma secondaria a condizioni di cachessia, lenta intossicazione, flogosi croniche (tubercolosi avanzata, artrite reumatoide, ascessi cronici); si riproduce mediante introduzione parenterale, a dosi ripetute, di proteine eterogene (per es. anche per iperimmunizzazione degli animali donatori di siero, cavalli) e sembra espressione di un esaurimento delle attività difensive e immunopoietiche del sistema mesenchimale attivo, il quale provvede normalmente alla formazione di importanti proteine e glicoproteine del sangue.
Bibl.: G. R. Cameron, New pathways in cellular pathology, Londra 1956; E. Ciaranfi, Atti Soc. Italiana di Patologia, III (1953); id., Enzimi e patologia cellulare, in Enzimi e Medicina, Pavia 1958; G. Vernoni, Trattato di patologia generale, Firenze 1954-1958; G. Favilli, Trattato di patologia generale, Milano 1958.