PATOLOGIA
(XXVI, p. 509).
Patologia vegetale (XXVI, p. 512).
Enormi sono stati i progressi della p. e della terapia vegetale nell'ultimo venticinquennio.
Le malattie da carenza di elementi micronutritivi sono state riscontrate molto più frequenti di quanto si credeva, poiché non raramente gravi disturbi di eziologia e terapia incerte risultarono manifestazioni di carenze. Oltre queste carenze dette manifeste, vi sono quelle occulte, nelle quali mancano sintomi patogeni e si hanno prodotti quasi normali, ma la somministrazione di microelementi aumenta la produzione. Si è inoltre constatato che raramente in natura si ha carenza di un solo elemento (monocarenza), ma in genere di due o più elementi (policarenza). Particolare importanza tra i microelementi ha assunto il boro che è apparso necessario nei meristemi, nei tessuti giovani e nei fiori e che, se carente, dà luogo ad alterazioni cromatiche delle foglie e fessurazioni di tessuti, a riduzioni di sviluppo e di prodotto e talora a morte di gemme o di organi o di piante. Più recentemente si è constatato che il molibdeno interviene nel fenomeno della fissazione dell'azoto ed è particolarmente necessario alle leguminose che, in carenza di esso, producono tubercoli piccoli, grigiastri e poveri di batterî. Recentissimamente anche il cobalto, prima ritenuto necessario solo per gli animali erbivori, è apparso elemento utile alla fissazione dell'azoto nelle leguminose che incrementerebbe notevolmente, collegato a particolari composti contenuti nei tubercoli.
Notevolissimi sono stati i progressi nel campo delle virosi, malattie tra le più gravi per le piante coltivate non solo per la rapidità con cui si diffondono, ma specialmente per l'impossibilità nella quale oggi ci si trova di combatterle in modo pratico e sollecito. È ormai certo che i virus fitopatogeni sono proteine anomale (virus-proteine) di origine ancora sconosciuta, ma che si trasmettono in diversi modi. La trasmissione per polline è rara e forse presente in qualche virosi di fruttiferi, quella per seme è meno rara (virus del mosaico del fagiolo, virus del mosaico della lattuga, ecc.) e spesso viene ora riscontrata in virus per i quali prima non era nota. Gli animali sono i più attivi vettori di virus; agli insetti (afidi, cicadine, tripidi e cocciniglie, ortotteri e coleotteri), oggi si aggiungono alcuni aracnidi (Aceria ficus e Aceria tulipae, vettori del mosaico del fico e del mosaico striato del grano) e dei nematodi che trasmettono virus presenti nel terreno, ad es. Xiphinema index, vettore di virus della vite.
L'innesto (naturale ed artificiale, epigeo o sotterraneo) e lo strofinio fra parti di piante malate con piante sane sono mezzi frequenti e sicuri di trasmissione di virus. Nel 1939 C. W. Bennet scoprì che specie di Cuscuta, collegando piante malate con piante sane, permettevano il trasferimento dei virus, specialmente mosaici ed alcuni giallumi, nelle piante sane.
La determinazione dei virus si esegue studiandone le caratteristiche fisiche e chimiche e le reazioni che essi dànno su specie vegetali dotate di particolare suscettibilità (indicatori). Tali reazioni possono essere lesioni locali o infezioni sistemiche, clorosi, necrosi, gommosi, ecc. L'impiego di un adeguato numero di indicatori diversi permette di determinare i virus più comuni, stabilire se si tratti di virus nuovi o latenti e chiarire se si tratti di complessi di virus.
Alcuni virus che hanno proprietà sierologiche si determinano per mezzo della sierodiagnosi, nella quale si utilizza l'anticorpo che si forma nel siero del sangue (antisiero) di un animale (generalmente coniglio o cavallo) cui sia stato inoculato un virus fitopatogeno. L'anticorpo è una precipitina. Messo a contatto l'anticorpo di un determinato virus con il succo di una pianta contenente lo stesso virus si hanno precipitazioni o agglutinazioni di proteine che invece si avrebbero in quantità assai minori se si impiegasse succo di una pianta sana. Gli antisieri reagiscono con tutti i ceppi di un medesimo virus perché essi contengono gli stessi antigeni, ma non reagiscono con virus che, pur dando sulle piante sintomi uguali, siano tra loro differenti. Alcuni virus sono sierologicamente attivi, come il mosaico del tabacco, i virus X, Y, S ed M della patata, altri sierologicamente inattivi come il giallume dell'astro, la virescenza ipertrofica del pomodoro, ecc.
Ogni virus fitopatogeno sarebbe rappresentato, oltre che dal virus tipo, anche da ceppi, associati o no, più o meno differenti tra loro e dal tipo. Le differenze tra i ceppi possono interessare tutte le loro caratteristiche. Di tali ceppi se ne conoscono moltissimi e, per il solo virus del mosaico del tabacco, alcune centinaia.
I virus possono spontaneamente originare mutanti, naturalmente costanti, che si differenziano per proprietà fisiche o chimiche o per i sintomi cui dànno luogo. Secondo alcuni studiosi non si tratterebbe di mutazioni, ma di isolamento o predominio di uno dei ceppi, costituenti il virus, con inibizione delle manifestazioni degli altri.
Fin dal 1931 era noto il fenomeno della preimmunità (T. H. Thung) oggi largamente utilizzato negli studî sulla immunità o resistenza acquisita ai virus. In linea di massima la preimmunità consiste nella mancata comparsa di sintomi patogeni in piante nelle quali, dopo un ceppo normale o attenuato di un virus, sia inoculato altro ceppo dello stesso tipo, anche se virulento. La pianta così trattata ha acquistato una notevole resistenza agli altri ceppi dello stesso virus (preimmunità). Nonostante molte ipotesi, questo fenomeno non è ancora pienamente chiarito.
Di notevole aiuto nello studio dei virus è stato il microscopio elettronico oggi impiegato nella osservazione e fotografia delle particelle dei virus fitopatogeni purificati e nella osservazione diretta e fotografia dei virus in sezioni sottilissime di piante virosate, ottenute con tecnica particolare. Le particelle dei virus sono di dimensioni varianti da pochi μμ a 300-500 μμ, e di forme diverse: bastoncini allungati, bastoncini tozzi, sferette o poliedri isolati o variamente riuniti, ecc. Si sta tentando un raggruppamento dei virus a seconda della forma delle particelle.
Per la classificazione dei virus non vi è ancora accordo; alcuni usano numerare i diversi virus di una specie vegetale (es. virus n. 1 della patata), altri li indicano con lettere dell'alfabeto (es. virus X, virus S della patata), altri infine (F. O. Holmes) hanno elaborato una classificazione analoga a quella delle piante o degli animali, nella quale ogni virus è indicato con un binomio che richiama una caratteristica del virus, o i sintomi indotti, o il nome della pianta malata, ecc. (es. Marmor mite, mosaico latente dei gigli, Chlorogenus persicae, giallume del pesco, ecc.).
Le virosi fino ad ora note sono centinaia e ogni specie coltivata può essere colpita da una o più virosi. Tra le specie più danneggiate sono: tabacco, patata, pomodoro, bietola, gli agrumi, i fruttiferi di tutte le zone climatiche, i cereali (grano, avena, riso, mais, Setaria italica, in Cina); molte piante da fiore e perfino una felce del genere Asplenium. Anche le virosi delle piante spontanee sono molte ed importanti come riserva di virus per le piante coltivate.
Lo studio più profondo della genetica dei parassiti ha portato alla migliore conoscenza della specializzazione fisiologica di essi. Di particolare interesse pratico sono le razze fisiologiche di alcuni funghi parassiti di specie agrarie largamente coltivate. Si ricordano: circa 300 razze di Pucciniagraminis var. tritici (ruggine nera del grano), una dozzina di Phytophthora infestans (peronospora della patata e del pomodoro), e una, recentemente scoperta, di Synchytrium endobioticum (agente della rogna nera della patata), molto più virulenta di quelle già note.
La creazione di nuove razze avviene in natura per ibridazione fra razze preesistenti, per mutazione e per eterocariosi. Quest'ultimo modo, ancora poco noto, si ritiene largamente diffuso in natura e assai interessante dal punto di vista cariologico.
Nel campo della fisiopatologia progressi vi sono stati per esempio nelle conoscenze sulla penetrazione del parassita nell'ospite, sui rapporti tra ospite e parassita, sulla ipersensibilità dell'ospite (talora praticamente sfruttata) e sulle tossine elaborate da parassiti.
Tra le molte tossine oggi conosciute e chimicamente individuate si ricordano l'acido alternarico e l'alternarina da Alternaria solani, la licomarasmina da Fusarium lycopersici, l'acido fusarico e la vasinfuscarina da F. lycopersici, F. vasinfectum, F. heterosporum e Gibberella Fujikuroi, la tabtossina da Pseudomonas tabaci, la diaportina e la schirina da Endothia parasitica, ecc. Altri prodotti tossici sono stati ottenuti da Verticillium albo-atrum, da Nectria cinnabarina, Dothichiza populea, ecc. Le tossine possono determinare sull'ospite clorosi, necrosi, gommosi, ecc., sia nelle immediate vicinanze del luogo di formazione in natura, o di inoculazione in via sperimentale, come l'alternarina, oppure anche in punti lontani come nel caso delle tossine dei funghi degli avvizzimenti. Così la causa degli avvizzimenti non sarebbe né l'occlusione dei vasi per opera del micelio o delle tille, né la riduzione dei nitrati in nitriti tossici. Alcune tossine vengono chelate con il ferro, come per esempio la licomarasmina, e diventano tossiche per la cessione successiva di ferro ai tessuti.
Le tossine possono essere sostanze proteiche, come la licomarasmina e la vasinfuscarina, polisaccaridi, come una tossina da Verticillium albo-atrum, sostanze organiche più complesse o, ancora, secondo alcuni, enzimi, come le pectasi. Benché gli studiosi non siano in pieno accordo sulla importanza delle tossine nei fenomeni patologici, è certo che ulteriori studî riveleranno fatti di notevole interesse.
Nella terapia sono stati realizzati progressi veramente notevoli. Le conquiste più brillanti sono quelle della scoperta di composti organici sintetici con attività pari o superiore a quella degli antichi anticrittogamici. I nuovi prodotti appartengono a varî gruppi chimici e manifestano ciascuno proprietà particolari sia verso i parassiti che verso gli ospiti: ricordiamo i pentacloronitrobenzeni, i benzochinoni, i naftochinoni, alcuni sali dell'acido tiocarbammico, il gruppo delle ftalimidi, l'alcole allilico, un fenilmetilcrotonato, ecc.
Questi anticrittogamici, scelti opportunamente, evitano alcuni effetti fitotossici che erano provocati dai vecchi prodotti. Così i pentacloronitrobenzeni nella concia delle sementi, specie del grano, evitano i danni che i composti di rame e di mercurio organico possono causare all'embrione. Di uso analogo sono i benzochinoni ed i naftochinoni, anche utilizzati per irrorazione nella prevenzione di varie malattie sulle piante giovani e adulte. Di largo impiego pratico sono i seguenti tiocarbammati: etilenbisditiocarbammato di zinco (Zineb), etilenbisditiocarbammato di manganese (Maneb), dimetilditiocarbammato di zinco (Ziram), tetrametiltiuramdisolfuro (Thiram) e una ftalimide l'N-triclorometiltiotetraidroftalimide (Captan), che hanno tutti anche azione stimolante sulla pianta ospite e che possono essere impiegati su specie per le quali il rame era tossico (ad es. pesco in vegetazione). Il Vapam (N-metilditiocarbammato di Na) e l'alcole allilico, solo o in formulazioni più complesse, possono utilmente sostituire la formaldeide, la cloropicrina o altri fumiganti anticrittogamici nella disinfezione dei semenzai. Nella lotta contro gli oidî, un fenilmetilcrotonato si affianca con vantaggio, per la sua elevata azione antioidica, ai varî tipi di zolfo.
Gli antibiotici, benché spesso attivi anche contro funghi, sono più usati contro i batterî fitopatogeni, e sono già entrati nella lotta pratica contro alcune batteriosi (es. batteriosi del pero da Erwinia amylovora).
La terapia interna ha le sue prime applicazioni, specie nella lotta alle carenze, con risultati veramente soddisfacenti; quando è possibile l'uso di chelati degli elementi carenti rende più sicura e duratura la loro azione terapeutica.
La lotta diretta è oggi condotta con efficacia anche contro cause meteoriche che solo pochi anni addietro sembrava impossibile combattere. Particolari progressi sono stati fatti nella difesa dai freddi tardivi, sia con il riscaldamento, mediante stufette, degli strati più bassi della atmosfera, sia con la irrigazione a pioggia, sia infine con il movimento dell'aria per mezzo di ventilatori, meno economico e meno diffuso. Ognuno di questi metodi è più adatto a particolari colture e in determinate località, anche in rapporto alle possibilità economiche.
In Italia è particolarmente diffuso il metodo della irrigazione a pioggia per le nostre possibilità idriche. Tuttavia tali impianti debbono avere caratteristiche particolari per poter riversare sulla coltura da difendere, in breve tempo, l'acqua necessaria a conseguire buoni risultati, che è molto superiore a quella della normale irrigazione. Di assai modesti risultati è la produzione di fumi. Le conquiste già realizzate per la produzione artificiale della pioggia e gli studî in corso per dominare la formazione della grandine, lasciano sperare che in un tempo più o meno lontano l'uomo possa regolare a suo vantaggio queste due meteore.
Circa la lotta indiretta con specie o varietà resistenti, si è purtroppo acquistata la certezza che le conquiste realizzate con questo metodo non possono essere definitive. Infatti è ormai dimostrato che in natura le specie parassite, attraverso mutazioni, ibridazioni ed eterocariosi, producono nuove razze tra le quali qualcuna di virulenza superiore a quella delle preesistenti e tale da vincere la resistenza di varietà o specie agrarie create dall'uomo.
Questo fenomeno si è constatato dal 1950 in poi sui grani coltivati nel Nord-America a seguito della comparsa della razza 15B di Puccinia graminis var. tritici, e fatti consimili, di portata economica minore, si verificano in varietà di patata resistenti a peronospora. Il caso più recente è la comparsa di una nuova razza fisiologica di Synchytrium endobioticum che attacca varietà di patata già immuni alle razze precedentemente note.
Di conseguenza le piante resistenti, pur portando notevolissimi vantaggi nella lotta contro le malattie, non debbono essere considerate come eternamente resistenti. Perciò gli studiosi sono alla ricerca di altre caratteristiche che diano più sicuri affidamenti, come potrebbe essere la tolleranza, specie se accoppiata a resistenza.
Bibl.: C. W. Bennet, Acquisition and transmission of viruses by dodder (Cuscuta subinclusa). Paper prsented at the thirty-first annual Meeting of the American phytopathological Society, Columbus, Ohio, 27-30 dicembre 1939; T. H. Thung, Smetstoff en plantencel by enkele virusziekten van de tabaksplant, in Handelingen, 6 Ned. Indie. Naturwetensch. Congr., 1931, pp. 450-463; F. O. Holmes, Handbook of phytopathogenic viruses, Minneapolis 1939.