patria
Nella cultura latina di epoca imperiale il termine p. ebbe un duplice valore. Da un lato conservò il significato originario di luogo natìo, terra di origine dei propri antenati («terra patria»), da cui discendevano i caratteri identitari di una specifica comunità (lingua, usanze e tradizioni), dall’altro si identificò con l’idea di Roma, p. per eccellenza di chiunque godesse della cittadinanza romana. Come nel più antico pensiero greco (condensatosi attorno al concetto di polis), la difesa dell’impero, che aveva unificato innumerevoli piccole patrie, divenne un valore supremo. La polarità tra «piccola» e «grande» p., sia pur variamente coniugata, rimase caratteristica della cultura europea, per buona parte dell’Età medievale e moderna. Venne meno solo nel corso del 19° sec., quando il concetto di p. incontrò pienamente e durevolmente quello di nazione, attraverso la nascita dello Stato-nazione e di una concezione volontaristica della p. (alternativa a quella etnico-naturalistica, tramandata dalla tradizione). Un nuovo culto della p. caratterizzò pertanto i decenni a cavallo tra 19° e 20° sec., assumendo proporzioni estreme a opera dei maggiori regimi totalitari. La più recente riflessione politica, filosofica e sociologica sul futuro dello Stato-nazione si mostra incline al recupero e alla rielaborazione dell’idea di p. in chiave sub-nazionale o sovranazionale.
Si veda anche Da patria a nazione