ADRIANO, patriarca di Mosca
Il decimo ed ultimo patriarca di Mosca e di tutta la Russia. Nacque nel 1636. Era archimandrita del monastero di Čudov, quando cominciò ad esercitare una notevole azione in mezzo ai dirigenti della chiesa russa. Nel 1686 fu consacrato metropolita di Kazan e di Sviazk. Il patriarca Gioacchino, che validamente aveva aiutato Pietro I a rovesciare la reggente Sofia (agosto 1689), moriva pochi mesi dopo quel colpo di stato (27 marzo 1690). Uomo di mediocre energia, era lealmente sottomesso al sovrano legittimo, ma repugnava dal profondo alle idee, alle istituzioni, alle fogge europee e ne contrastava con ogni forza la diffusione. Tuttavia dovette, senza possibilità di resistenza, piegarsi ai nuovi regolamenti, che ledevano i grossi interessi del clero o che offendevano il sentimento tradizionalista (p. es., il famoso taglio delle barbe, intorno a cui A. scrisse un breve trattato). L'occidentalismo che progrediva in Russia, appoggiato dall'imperatrice Sofia e dal suo favorito Golicyn, aveva ripercussioni anche nel campo dogmatico. Fortemente impregnato di influenze polacche, esso favoriva infiltrazioni cattolico-romane mentre l'illuminismo tedesco di Pietro implicava ravvicinamenti con il protestantesimo. Attaccata da due parti, la chiesa ufficiale si irrigidiva e si formalizzava nella resistenza. A. ebbe a combattere soprattutto la tendenza cattolicizzante, che nel letterato Simeone di Polock e nel suo discepolo Silvestro Medvjedev, igùmeno di Zaikonospassk, aveva trovato capi autorevoli. Un sinodo convocato nel 1697 condannava il prete Micheiev per la sua interpretazione dei sacramenti; quello del 1698 dovette occuparsi di Pietro diacono, il quale apertamente affermava il primato della Sede romana sull'intera cristianità. Ma le discussioni continuarono: specialmente quella che durava fin dal tempo del patriarca Gioacchino, predecessore di Adriano, sul momento preciso della Messa, in cui avviene la Transustanziazione. I fratelli Lichudes, sostenitori della tesi della epiclesi (v.) da lui ufficialmente approvata, rimasero in esilio per volontà dello zar. Fra le atroci repressioni della rivolta che gli "strelzi" avevano tentato in nome dell'"antica Russia", dopo aver dovuto accettare l'introduzione del nuovo calendario civile (coll'inizio dell'anno, spostato dal settembre al gennaio), finiva il pontificato di Adriano. Alla sua morte (26 ottobre 1700), Pietro tenne la sede patriarcale vacante sine die, finché nel 1721 fu abolita la dignità stessa, ed al capo unico della chiesa russa si sostituì il burocratico congegno del Santissimo Sinodo.