CHÉREAU, Patrice
Regista teatrale e cinematografico francese, nato a Lézigné (Maine-et-Loire) il 2 novembre 1944 e morto a Clichy-la-Garenne (Hauts-de-Seine) il 7 ottobre 2013. Attore e regista teatrale, si dedicò anche alla regia cinematografica ottenendo successi di pubblico e di critica con La reine Margot, Premio della giuria al Festival di Cannes nel 1994, e Intimacy, Orso d’oro al Festival di Berlino nel 2001.
Cresciuto a Parigi, si cimentò nella regia teatrale già al liceo Louis-le-Grand, artisticamente influenzato dai genitori, entrambi pittori. Nel 1964 esordì con un testo di Victor Hugo, L’intervention, seguito l’anno dopo da Fuente ovejuna di Lope de Vega e L’héritier de village di Pierre Marivaux. Chiamato a dirigere il Théâtre de Sartrouville (1966-69), si trasferì poi a Milano invitato da Paolo Grassi al Piccolo Teatro nel 1970 a sostituire per tre anni Giorgio Strehler, allestendo Splendore e morte di Joaquín Murieta di Pablo Neruda, Toller di Tankred Dorst, La finta serva di Marivaux e Lulu di Frank Wedekind. Risale al 1969 il suo primo spettacolo d’opera, L’italiana in Algeri di Gioachino Rossini al Festival di Spoleto. Come codirettore del Théâtre de Villeurbanne dal 1972 al 1981, insieme a Roger Planchon e Robert Gilbert, affrontò Marlowe (Massacre à Paris), Marivaux (La dispute), Edward Bond (Lear) e Ibsen (Peer Gynt). Figlio del ‘maggio’ francese, la fisicità fu una delle sue cifre stilistiche in un momento in cui la riscoperta del corpo veniva rivendicata in ogni campo dalla cultura giovanile. Linguaggio che rimase identico anche quando cominciò ad affrontare con regolarità il teatro musicale: suscitò quindi scalpore la wagneriana Tetralogia messa in scena a Bayreuth tra il 1976 e il 1980. All’Opéra di Parigi, dopo i Contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach nel 1974, nel 1979 realizzò la prima esecuzione mondiale della versione integrale di Lulu di Alban Berg, poi portata anche al Teatro alla Scala di Milano. Dal 1982 al 1990 fu direttore artistico del Théâtre des Amandiers di Nanterre, insieme a Catherine Tasca: entrato in contatto con Bernard-Marie Koltès mise in scena in quegli anni la maggior parte delle sue opere (Combat de nègre et de chiens, Quai Ouest, Dans la solitude des champs de coton, Le retour au désert), oltre a Jean Genet, Marivaux, Heiner Müller, Anton P. Čechov e William Shakespeare. La strettissima affinità tra il mondo lucidamente disperato di Koltès e quello del Wozzeck di Berg furono evidenti allo Châtelet di Parigi nel 1992: un palcoscenico privo di oggetti, con i personaggi che vi accedono camminando su una stretta passerella di ferro che scavalca la fossa d’orchestra, quasi un ‘sacra rappresentazione’ centrata unicamente sui singoli personaggi, posti sullo sfondo di cubi e masse geometriche, che scivolano senza rumore componendo ogni scena in guisa di pittura cubista. Al contrario, il desiderio polimorfo di Marivaux si specchia in quello delle tre opere di Wolfgang Amadeus Mozart messe in scena da C. nel corso degli anni: Lucio Silla (1984 a Milano e poi a Nanterre e Bruxelles), Don Giovanni (1994 a Salisburgo) e Così fan tutte (2005 al Festival d’Aix-en-Provence e poi a Parigi e Vienna).
In ambito cinematografico si affermò definitivamente con L’homme blessé (1983, premio César per la sceneggiatura), seguito da Hôtel de France (1987) e Le temps et la chambre (1992); dopo La reine Margot, nel 1998, con Ceux qui m’aiment prendront le train, vinse il César per la regia. All’Orso d’oro per Intimacy seguì nel 2003 l’Orso d’argento per la regia di Son frère. Seguirono Gabrielle (2005) e Persécution (2009).
Più sporadicamente si dedicò al teatro di prosa negli ultimi anni (Phèdre di Jean Racine all’Odéon nel 2003; La douleur di Marguerite Duras a Nanterre nel 2008), e trasfuse la straziante fisicità che percorre il suo cinema nelle sue ultime regie d’opera, Da una casa di morti di Leóš Janáček (2007 a Vienna, Amsterdam e Aix-en-Provence, poi New York e Milano), Tristan und Isolde di Richard Wagner (2007 per l’inaugurazione della stagione della Scala di Milano) e la straussiana Elektra (2013 a Aix-en-Provence e poi Milano), ultimo spettacolo del regista in cui viene messo da parte l’antico mito miceneo, davanti alla dolorosa difficoltà di comprensione tra madre e figlia, una Clitennestra nient’affatto vecchia bensì donna che del sesso non può fare a meno, e un’Elektra che il sesso l’ha invece, proprio come Amleto, represso. Morì a Clichy mentre preparava lo shakespeariano Come vi piace per l’Odéon di Parigi e una riduzione del romanzo Des hommes di Laurent Mauvignier.