patronimici
Patronimico (il termine deriva dal gr. patronymikós, comp. di patro- «relativo al padre» e ónyma, variante di ónoma «nome», attraverso il lat. patronymicus) è detto il nome proprio, cognome, soprannome o attributo di persona che deriva dal nome del padre o di un avo; nell’uso comune odierno si riferisce principalmente al cognome che trae origine dal nome del padre (cognome patronimico) o, per estensione, dal nome di un avo che si è fissato come cognome. Occasionalmente viene utilizzato nel senso di patronimico anche il termine eponimo, propriamente «che dà il nome a una città, a una famiglia, a un popolo e simili».
Con patronimia si intende il processo per cui si identifica la persona con il nome del padre ma anche la consuetudine per la quale in certe società i figli derivano il nome da quello del padre. Quando un nome segue la linea onomastica femminile si parla di matronimico e matronimia. Patronimico può riferirsi sia a un nome proprio che a un nome comune ed essere adoperato oltre che come nome anche come aggettivo. In talune tradizioni linguistiche (tipicamente quella russa), il patronimico è un componente obbligatorio della formula nominale, che è costituita da nome + (aggettivo) patronimico + cognome: per es., Lev Nikolaevič Tolstoj «Lev figlio di Nikolaj Tolstoj».
Patronimici e, in misura minore, matronimici sono all’origine di moltissimi ➔ cognomi italiani, che riprendono l’uso di indicare i genitori della persona, come si fa ancora quando ci si riferisce alla provenienza familiare: «Alessando Manzoni, di Pietro [Manzoni] e Giulia Beccaria» (Serianni 1988: 285).
I cognomi italiani sono dovuti all’aggiunta, al nome di persona, di elementi vari, che nel tempo si fissano e diventano ereditari, segnando in tal modo il passaggio dal sistema onomastico uninominale o quello binominale (➔ onomastica). Tra questi elementi aggiunti vi sono i nomi di persona i quali, presumibilmente, riprendono in genere il nome del padre o quello della madre. La certezza che alla base ci siano questi nomi si ha solo se esiste documentazione che attesti la parentela: (figlio) di.
Rientrano in questa categoria cognomi come Fittipaldi, letteralmente «figlio di Tipaldo», Firidolfi «figlio di Ridolfo», nome di una famiglia feudale documentata a Firenze già nel XII secolo (De Felice 1978). Formazione analoga è il cognome meridionale Filangeri (anche con varianti come Filangieri, Ferringeli) composto dal francese antico fil(s) «figlio (di)» e il nome proprio Anger(s) (un Marinus Filangerius è attestato in una carta barese del 1224); anche il siciliano Ferraù risulta dal francese antico fil(s) «figlio (di)» e il nome di persona Raoul come si vede dalla documentazione Phelraoû dell’XI secolo (Caracausi 1993).
I cognomi di origine patronimica si presentano con una varietà di forme. In parte si tratta di forme identiche al nome stesso, come Daniele, Martino o i matronimici Maria, Martina (quest’ultimo cognome può avere anche un’origine toponomastica). In casi come questi i patronimici o matronimici «si identificano con le basi cognominali costituite dai nomi personali» (De Felice 1978: 17).
Varie forme cognominali escono in -i, come Danieli, Martini: per lo più plurali riferiti al gruppo familiare, sono in parte anche riflessi di antiche formule di paternità espresse in latino con il genitivo e di origine notarile del tipo Iohannes filius Petri e poi Iohannes Petri attraverso l’ellissi di un elemento. Tali formule per indicare la persona sono assai frequenti nella documentazione antroponimica medievale, quando ancora manca un cognome come indicazione della famiglia, elemento stabile ed ereditario. L’indicazione patronimica può essere espressa anche con la formula Iohannes de Petro e Iohanne Petro, e non sempre il patronimico si lascia distinguere chiaramente.
I cognomi in -is derivano molto spesso da formule di paternità latineggianti, proprie della tradizione cancelleresca, che sono costruite con l’ablativo, e, generalmente, la preposizione de o di: De Petris, De Martinis, De Andreis, De Robertis e Robertis. Numerosi cognomi che derivano da patronimici o matronimici sono espressi con preposizioni premesse a nomi non latinizzati: D’Angelo, D’Anna, De Maria, Di Maria, De Giovanni, Di Giovanni, Della Giovanna, Dell’Antonia, Degli Antoni. Questi patronimici sono ritenuti popolarmente indizio di nobile casato, segnalato solitamente dal carattere minuscolo: de, di; da ciò il vezzo di scrivere così il proprio cognome pur in assenza di documentazione storica circa la reale nobiltà della famiglia.
Anche cognomi formati dall’articolo determinativo + nome di persona, spesso con grafia univerbata (➔ univerbazione), possono appartenere alla serie dei patronimici: La Martina, Lo Piero, Lo Vito. È una tipologia piuttosto tipica dell’Italia meridionale e della Sicilia (rara invece nell’Italia settentrionale), formata specialmente da soprannomi o altri aggiunti, talvolta da toponimi (Lo Re, Lo Prete, Lo Piano o Lopiano, Lo Vecchio o Lovecchio, La Barbera, La Rosa o Larosa) e più raramente da nomi di persona. Si trovano pure al plurale con riferimento al nucleo familiare come in Li Lorenzi, Li Vecchi.
Di particolare interesse sono i cognomi al femminile che rinviano a matronimici. A questo proposito Rohlfs (1990: 112) osserva: «non credo però si possa trattare di influssi o riflessi di un vero matriarcato, ma piuttosto di accenni a una lontana discendenza spuria ovvero a un padre ignoto». A sostegno di quest’interpretazione richiama un confronto con formazioni cognominali femminili simili (come Lajeanne), assai frequenti in Normandia, dove si riferiscono a discendenza illegittima, come risulta da attestazioni come «Guillaume Susanne, fils de Susanne Ameline» in un registro parrocchiale della zona. La forma cognominale con l’articolo potrebbe essere un influsso normanno in area meridionale (cfr. Marcato 1996).
La relazione di parentela può essere espressa anche con forme suffissate come il caratteristico -ich (-ic, -ig) dei patronimici di origine slovena e croata: Simonich (e varianti) è da intendere «(figlio di) Simone». Antiche formazioni patronimiche sono sottintese in cognomi veneti in -igo: Barbarigo, Gradenigo, Pasqualigo, Mocenigo e altri. In cognomi come questi è stata riconosciuta una suffissazione con funzione patronimica interpretata come una continuità, in ambito antroponimico veneto, a partire da una fase prelatina con un rinvio al suffisso -ikos documentato come patronimico venetico (Pellegrini 1981: 6-7). Un valore patronimico, almeno in alcuni casi, ha anche -esso, che si riconosce in cognomi veneti come Bertesso, Carlesso, Giorgessi, di lontana provenienza celto-latina come esito di -asius attestato per gentilizi, attraverso una fase documentata -aisum, produttivo nella formazione di patronimici e quindi riconoscibile in vari cognomi (Pellegrini 1981: 7). Anche per altri suffissi è possibile individuare un valore patronimico, almeno in certi cognomi, per es., -ante (panitaliano, ma presente specialmente nel Veneto, in Campania e Abruzzo: Antonante), -ésco o -ésca (panitaliano, ma frequente soprattutto in Emilia Romagna e in Toscana e di varia etimologia: Gianneschi) che può valere anche come collettivo familiare o etnico.
In qualche caso nel cognome è presente un prefisso che pare avere valore patronimico. Tale sembra in- che è caratteristico dell’area meridionale e soprattutto della Sicilia; non mancano ipotesi diverse sulla sua funzione; tra queste un valore rafforzativo, una designazione di appartenenza alla famiglia. Secondo Raimondi, Revelli & Papa (2005) potrebbe trattarsi di un riflesso dell’arabo ibn- «figlio», come nella formula onomastica araba Ibn ’Abbas «figlio di Abbas», formazione simile al sopra citato tipo Fittipaldi. Anche inter-, con la variante intra-, specifico di cognomi siciliani, pare avere funzione patronimica o di collettivo familiare, visto che l’elemento prefissato è sempre un nome di persona: Interbartolo o Intrabartolo.
I nomi di persona all’origine di patronimici e matronimici possono essere forme ipocoristiche e vezzeggiative (Vanni, Nanni da Giovanni), derivati (Giovannino), doppi nomi (Giannantonio, da cui il cognome Di Giannantonio) o d’altro tipo (vedi, per es., Quondamgiovanni e Quondamatteo, con il prefisso latino quondam «un tempo»).
Per via della varietà linguistica dell’Italia, molti patronimici riflettono tratti dialettali: così il settentrionale Zanni che corrisponde a Gianni, il veneto Menego «Domenico» attraverso Domenego, D’Antuono con la tipica dittongazione campana.
Caracausi, Girolamo (1993), Dizionario onomastico della Sicilia. Repertorio storico-etimologico di nomi di famiglia e di luogo, Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani, 2 voll.
De Felice, Emidio (1978), Dizionario dei cognomi italiani, Milano, Mondadori.
Marcato, Carla (1996), Morphologie et formation des mots des plus anciens noms de personnes: domaine roman, in Handbücher zur Sprach- und Kommunikationswissenschaft, Berlin - New York, de Gruyter, 28 voll., vol. 11/2 (Namenforschung. Ein internationales Handbuch zur Onomastik, hrsg. von E. Eichler et al.), pp. 1187-1194.
Pellegrini, Giovanni Battista (1981), Nomi e cognomi veneti, in Guida ai dialetti veneti, a cura di M. Cortelazzo, Padova, CLEUP, 1979-1993, 15 voll., vol. 3º, pp. 1-34.
Raimondi, Gianmario, Revelli, Luisa & Papa, Elena (2005), L’antroponomastica. Elementi di metodo, Torino, Libreria Stampatori.
Rohlfs, Gerhard (1990), Studi e ricerche su lingua e dialetti d’Italia, Firenze, Sansoni.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.