Smith, Patti
Gli accordi del rock fusi con la potenza delle parole
Patti Smith, poetessa e autrice, cantante e chitarrista, è stata una delle star della nouvelle vague del rock americano della metà degli anni Settanta. Vicina al punk ma al tempo stesso innamorata della poesia di Charles Baudelaire e amica di molti artisti newyorkesi, è una protagonista del nuovo rock statunitense
Nata a Chicago nel 1946 la giovane Patti Smith, con il suo piccolo bagaglio di poesia e di rabbia, provò nel 1970 a conquistare il mondo sull’onda del punk e della musica new wave, di cui diventò regina e icona. E quel mondo lo conquistò davvero, con dischi leggendari e turbinosi, come Radio Ethiopia, Horses, Easter, Wave e con canzoni indimenticabili come Redondo beach, Rock ’n’ roll nigger, Frederick e la bellissima Because the night, dove la sua poesia si mescola al rock di Bruce Springsteen in maniera assolutamente perfetta.
Dopo un clamoroso successo tra il 1975 e il 1979, Patti Smith si ritirò dalle scene per lungo tempo, tornando alla ribalta solo alla fine degli anni Novanta, con un rock intellettuale e affascinante. Certamente non era più l’eroina del rock ribelle e irriducibile della fine degli anni Settanta, né la rock star che incarnava sogni e desideri di una generazione e che chiamava a raccolta decine di migliaia di persone ai suoi concerti. Ma la fierezza, la forza, la creatività, l’energia di Patti Smith erano rimaste intatte, e sono rimaste parte integrante della sua arte.
A distanza di molti anni, rimane ancora vera la definizione che lei stessa ha dato della sua musica quando ha pubblicato Horses: «Tre accordi fusi con la potenza della parola». Musica e poesia, suono e parola, sono gli elementi che rendono unica e inconfondibile la musica dei dischi del suo successo mondiale e dell’unico disco degli anni Ottanta, Dream of life, ma anche di quelli realizzati negli anni Novanta, dopo un lunghissimo silenzio, ben otto anni attraversati dal dolore per la perdita del marito, un altro leggendario musicista rock americano, Fred ‘Sonic’ Smith.
Lentamente Patti Smith è cambiata, è cresciuta, non vive più in un mondo tutto suo, fatto di visioni deliranti di demoni e angeli che s’incontrano sopra la sua testa, di incontri notturni con la poesia ribelle di Arthur Rimbaud e con la pittura di Amedeo Modigliani. Rimane, però, una delle personalità più affascinanti della scena musicale americana, in grado di proporre spettacoli dove parola e musica s’incontrano dando vita a scenari spesso sorprendenti.
La sua produzione più recente, da Gone again (1996) e Peace and noise (1997) a Gung Ho (2000), ci mostra una Patti Smith forse meno rabbiosa, più consapevole delle sue possibilità, in grado di guardare il mondo con maggiore comprensione e compassione. Soprattutto ci mostra un’artista che è ancora fermamente intenzionata a leggere le cose del mondo attraverso le lenti della poesia, come Bob Dylan e forse più di lui. Patti Smith – e, oltre a lei, forse soltanto Michael Stipe – ha preso il testimone per continuare a percorrere i sentieri che Dylan aveva aperto quarant’anni prima, mescolando poesia e rock in maniera assai originale.
Seguire un concerto di Patti Smith è ancora un’esperienza notevole, perché le sue non sono solo canzoni: molto spesso i suoi concerti si trasformano in veri e propri readings, letture musicali in cui la poesia è protagonista. Lei stessa dichiara: «Esibirmi con una rock band è ancora entusiasmante ma è qualcosa che mi soddisfa solo in parte. Credo nel potere della parola, nella forza della parola, che assieme alla musica è in grado di far muovere il mondo».