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SCARRON, Paul

Enciclopedia Italiana (1936)
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SCARRON, Paul


Scrittore francese, nato il 4 luglio 1610 a Parigi, ivi morto il 7 ottobre 1660. Di famiglia originaria da Moncalieri (Piemonte), ma già stabilita a Lione negli ultimi anni del Cinquecento, e poi a Parigi ai primi del secolo successivo, S. era nato in un ambiente di magistrati. Il padre Paul Scarron era consigliere al Parlamento, la madre, che morì presto (1613), era nipote dello storico La Popelinière; la matrigna, che entrò in casa Scarron nel 1617, non seppe sostituire gli affetti e le cure della morta, sicché S. visse in balia di sé stesso. Nel 1629, per volere appunto della matrigna, indossava l'abito ecclesiastico, ma senza alcuna convinzione; del resto tutta la sua vita è improntata a una generale negligenza della vita morale, quasi un agnosticismo libertino. Egli cominciò a frequentare Marion Delorme, conobbe e si legò d'amicizia con Georges de Scudéry, di cui poi si ricorderà durante la stesura dell'Abrégé de comedie ridicule de Matamore (1646); e quando, di ritorno dall'Italia, dove aveva seguito (1635) Charles II di Beaumonoir, vescovo di Le Mans, si ritirò a godere il suo canonicato, visse qualche anno in mezzo agli amorazzi e alle beghe con il clero di Le Mans e della provincia, pronto all'aggressione satirica e burlesca e perfino alla minaccia (si veda l'Apologie pour Monsieur Mairet contre les calomnies du sieur Corneille, de Rouen, 1637, di cui però in seguito fece ammenda). E, del resto, fu proprio durante questa sua dimora irrequieta che egli dovette conoscere quella compagnia di comici, che descrisse con sapore picaresco nel suo Roman comique. La sua salute cagionevole e la vita irregolare che conduceva, oltre alla miseria in cui poco per volta scivolava, gli resero gli anni dopo il 1640 assai tristi e grigi, nonostante la protezione di Maria de Hautefort (si veda, di questi anni, il suo Factum ou requête, ou tout ce qu'il vous plaira, pour P. Scarron, doyen des malades de France), tanto che s'indusse a pubblicare e vendere la sua prima opera (Recueil de quelques vers burlesques, 1643) per ricavare qualche lucro; incoraggiato dal successo, lanciò le a Œuvres burlesques (1644) e diede al teatro qualche rifacimento spagnolo (Jodelet ou le Maitre valet, tre atti derivati da Francisco de Rojas, 1645; Jodelet souffleté ou Les trois Dorothées, 1647; e alcuni intermezzi burleschi, Les boutades du capitan Matamore, 1646; L'héritier ridicule, 1649, ecc.). Frattanto nel suo spirito d'irregolare e di antiaccademico assumeva sempre un atteggiamento più vivo e più deciso la sua ostilità ai "preziosi"; per loro compose il travestimento dei primi canti dell'Eneide, che gli procurò una grande popolarità (otto canti, 1648-1652). La sua evoluzione verso il partito della Fronda si concretò nella Mazarinade (1651), uno dei libelli più acri del tempo; mentre la sua vena narrativa, tra pittoresca e picaresca, trovava il migliore appagamento e il più congeniale contenuto nel Roman comique (1651), l'odissea di una compagnia d'artisti di teatro, e nella terza parte delle Œuvres burlesques (1651). Privo d'amici e di protezioni, sempre più isolato nella vita politica, S. pensava allora di trovar fortuna in America impiantando una compagnia commerciale; ma alla fine si decise a sposare la piccola Françoise d'Aubigné (4 aprile 1652); apriva a Parigi un salotto, che fu assai frequentato (dal cavaliere de Meré, da Ménage, da Tristan l'Hermite, e perfino da Ninon de Lenclos, la cui corte assidua alla dolce e mite Françoise generò soprattutto a scopi di lucro: sono di quest'epoca le Nouvelles tragicomiques (La précaution inutile, 1655; Les Hypocrites, di cui non fu immemore Molière per il suo Tartuffe; L'adultère innocent, 1656; Châtiment de l'Avarice, 1656; Plus d'effets que de paroles, 1657) e le opere teatrali: Don Japhet d'Arménie (1653), l'Écolier de Salamanque ou les Ennemis genéreux (1654), in cui creò il tipo di Crispino; Le gardien de soi-même (1655); Le marquis ridicule (1655), mentre La fausse apparence, imitata da Calderón, e Le prince corsaire, apparvero postumi nel 1662; in questo stesso anno si ripubblicava il Roman comique, con aggiunte, ma sempre incompiuto: e l'incompiutezza è del resto insita nel carattere del libro e del suo eroe, Ragotin: ambiente provinciale, farsesco, rumoroso e facilone, ma vivo di una interna e spassosa comicità che non ha l'acutezza sociale e psicologica del romanzo picaresco, ma ne riflette con originalità la vivacità briosa, antiletteraria e spregiudicata.

Ediz.: L'ediz. più completa delle opere di S. è quella in 10 volumi di Amsterdam, 1752.

Bibl.: H. Chardon, S. inconnu et les types des personnages du "Roman comique", Parigi 1904; E. Magne, S. et son milieu, ivi 1924).

Vedi anche
Françoise d'Aubigné marchesa di Maintenon Maintenon ‹mẽtnõ´›, Françoise d'Aubigné marchesa di. - Moglie segreta del re di Francia Luigi XIV (Niort 1635 - Saint-Cyr 1719). Nipote dello scrittore protestante Agrippa d'Aubigné; convertitasi al cattolicesimo, sposò (1652) il poeta Scarron, del quale rimase vedova (1660). Incaricata (1669) dell'educazione ... epigramma Originariamente iscrizione, specialmente funeraria, poi componimento poetico mirante a fermare in breve il ricordo di una vita, di una impresa, di un’offerta ecc.; il significato di «piccolo componimento mordace» appare in età romana.  ● La tradizione greca attribuisce epigramma già a Omero, ma i più ... romanzo In linguistica e in filologia, lo stesso che neolatino (➔ neolatine, lingue); filologia romanzo, quella che ha per oggetto di studio, soprattutto comparativo, i testi letterari, antichi ma anche moderni, redatti nelle lingue romanze, e la cultura che essi esprimono. Francia Stato dell’Europa centro-occidentale; abbraccia quasi interamente la regione geografica francese, compresa fra i Pirenei a S, la parte più accidentata ed elevata della catena alpina a SE, la valle del Reno a NE e il mare sugli altri lati: l’oceano Atlantico a O, il Canale della Manica a N e il Mediterraneo ...
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    Scrittore francese (Parigi 1610 - ivi 1660); antiaccademico e antipreziosista, fu noto al suo tempo come poeta burlesco (Oeuvres burlesques, 1644 e 1651; Typhon, ou la gigantomachie, 1644; Le Virgile travesty, 7 voll., 1648-53). Scrisse anche per il teatro (Jodelet ou le maître valet, 1645; Jodelet ...
Vocabolario
paulo maiora canamus
paulo maiora canamus ‹pàulo ...› (lat. «cantiamo cose un poco più nobili»). – Emistichio di Virgilio (Egl. IV, 1), spesso ripetuto come invito a trattare argomenti più elevati o per manifestare l’intenzione di passarvi.
pauliano
pauliano agg. [dal lat. tardo Paulianus]. – Che si riferisce al giurista romano Iulius Paulus (2° sec. d. C.): azione p. (nel diritto romano actio pauliana), in diritto civile, lo stesso che azione revocatoria (v. revocatorio).
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