VALÈRY, Paul
Poeta francese, nato a Sète nel 1871 da padre francese e madre italiana. Verso il 1892 frequentò a Parigi gli ambienti letterarî e conobbe Stéphane Mallarmé, che tanta influenza doveva avere sul suo futuro svolgimento intellettuale. La sua attività letteraria ha inizio nel 1889-1890 con poesie pubblicate sulle riviste simboliste. Successivamente appaiono, sempre su riviste, la Introduction à la méthode de L. de Vinci e la Soirée avec M. Teste. Verso il 1900 abbandona la letteratura chiudendosi per lunghi anni nel più assoluto silenzio, interrotto soltanto nel 1917 dalla pubblicazione della Jeune Parque, che lo rivela come poeta a una ristretta cerchia d'amici e d'intenditori. Scrive quindi le Odes (1920) e diverse altre liriche e poemi raccolti poi nel volume Charmes (1923), che consolida la sua fama, anche fuori di Francia. A Charmes fanno seguito i dialoghi Eupalinos ou l'architecte e L'Âme et la danse (1923), due volumi di saggi, Variété I (1924) e Variété II (1930), oltre a numerosi volumetti di frammenti letterarî e filosofici. Dal 1925 il V. fa parte dell'Académie Française, dove ha occupato il seggio di Anatole France.
La poesia del V. non si spiega se non la si ricollega alle sue origini culturali, al movimento simbolista in genere e all'opera del Mallarmé in particolare: attraverso questi, al "Parnaso" e a Baudelaire; attraverso Baudelaire, a Racine e alla tradizione. I primi versi del V. sono i versi d'un buon discepolo di Mallarmé. Della retorica simbolista sono rimaste al V. alcune preziosità di linguaggio e la predilezione per certa mitologia poetica: Semiramide, Narciso, la Pizia, il Serpente... Tra i primi versi e la seconda e più ricca fioritura lirica, quella della Jeune Parque e di Charmes; stanno gli studî sul metodo di Leonardo, il "ritratto immaginario" di M. Teste e i diciassette anni di meditativo silenzio, dedicato, si dice, a studî scientifici e matematici. Attraverso queste vie inconsuete, il V. ha maturato la sua poesia. Alcuni, facendo la maggior parte all'inclinazione della mente del V. verso l'esprit géometrique pascaliano, hanno voluto considerarlo come un filosofo e un pensatore "in forma". É vero piuttosto che V., francese e tradizionale anche in questo, possiede abito di moralista e di psicologo. Se, come tale, egli dirige principalmente la sua attenzione sui fatti dell'intelligenza e del mondo mentale, vi guarda, più che come un logico, come un artista. Di un pensiero, non lo appassiona già il valore universale, ma quanto in esso è più disperatamente individuale, il suo nascere e formarsi, le sue tortuose accidentalità. Più che dal potere creativo della coscienza, egli è attratto dal suo potere distruttivo, dalla sua capacità infinita di dissolvere le apparenze, di eliminare i suoi contenuti fino alla pura riflessione, di continuo perduta e ritrovata, della sua misteriosa identità. Questa l'idea centrale dello studio sul metodo di Leonardo e del M. Teste. E qui s'impernia l'atteggiamento teorico del V., che, insistendo sul carattere artificiale e fittizio delle nostre conoscenze, rese possibili dal linguaggio - la cui natura sarebbe tutta pratica e convenzionale - conduce lo scrittore, da un lato, a un radicale scetticismo gnoseologico, e, dall'altro, a una concezione insieme pessimistica ed eroica dell'attività spirituale, veduta come un grandioso giuoco, di cui l'arte non è che uno dei modi. Senza voler entrare nel merito di una simile concezione, che si ricollega, seppure per vie puramente analitiche e antisistematiche, alle correnti relativiste moderne, si deve riconoscere che il V., nei suoi saggi e frammenti, la svolge con singolare acume, esprimendovi tutto il pathos delle sue tragiche contraddizioni. Anche nei suoi temi poetici, che sono spesso simboli e trasposizioni immaginose dei moti elementari della coscienza di fronte al cosmo o alla latente vita sensuale, filosofi come Alain hanno voluto riconoscere veri e proprî contenuti di pensiero, facendo del V. un "Lucrezio moderno"; critici come A. Thibaudet vi hanno rintracciato spunti bergsoniani. Nulla vi è però, in lui, del poeta "didascalico". La sua lirica, in questo senso, è genuina, e la lucida coscienza critica che ne ha sorvegliato la nascita le ha evitato di cadere in svolgimenti discorsivi e raziocinanti, limitandola alla sua sostanza profondamente intuitiva, insieme preziosa e selvaggia, dove il più classico rigore della "forma chiusa" si sposa alle complesse immagini e suggestioni care alle tendenze ultime della poesia moderna.
Fra le sue liriche più notevoli è da ricordarsi la Jeune Parque, poema del primo risveglio della creatura, che avverte la sua condizione mortale, e il suo scadimento da uno stato originario e incorrotto di beata inconsapevolezza. Un tema analogo è ripreso nell'Ébauche d'un serpent, dove la nascita della vita e della coscienza sul mondo è, con alta ironia metafisica, vista come una macchia e un difetto nella luminosa perfezione del non-essere. Inoltre: Fragments du Narcisse, Palme, Aurore; e soprattutto Le Cimetière marin, forse la lirica più forte e compiuta del V., in cui il poeta, dal pensiero della morte e del nulla, trapassa alla gioiosa immersione nell'esaltante e smemoratore flusso vitale.
Come teorico della poesia, V. ha ulteriormente elaborato il concetto di "poesia pura", già accennato dal Poe, dal Mallarmé, e da altri. Tale concetto, che intende circoscrivere la poesia alla sua qualità più propriamente intuitiva ed emozionale, meno traducibile in linguaggio prosastico, è noto anche in Italia. Esso va comunque ricollegato alle dottrine estetiche predominanti in Francia, di indole in genere più psicologica che sistematica. Il V. ha anche considerato i fatti politici e sociali, con vedute a volte assai suggestive. I suoi atteggiamenti distaccati e universalistici, il carattere intellettuale della sua poesia, hanno fatto pensare a lui come ad un nuovo Goethe, seppure più circoscritto, freddo e prezioso. Comunque, si deve riconoscere nell'opera di questo poeta una delle voci più alte e significative del nostro tempo.
Opere: Oltre alle citate: Une conquête méthodique (1915); Album de vers anciens (1920); Cahier B 1910 (1924); Rhumbs (1926); Analecta (1926); Autres rhumbs (1927); Chosps tues (1930); Sititc (1930); Piopos sur la poésie (1930); Littérature (1930); Morceaux choisis (1930); Regards sur le monde actuel (1931); Moralités (1932); L'idée. fixe (1934); Pièces sur. l'art (1935); Variété III (1936).
Bibl.: R. Fernandat, P. V., Parigi 1927; Autour de P. V., Grenoble 1933; R. P. Gillet, P. V. et la métaphysique, Parigi 1927; H. Brémond, Racine et V., ivi 1930; V. Larbaud, P. V., ivi 1930; F. Lefèvre, Entretiens avec P. V., ivi 1930; A. Thibaudet, P. V., ivi 1923; T. Bosanquet, P. V., Londra 1933; Alain, Commentaire à Charmes, Parigi 1930; A. Luzzatto, Rimbaud, Onofri, V., Genova 1933; A. Capasso, traduzione poetica ed esegesi della Jeune Parque, con prefazione di P. V., Torino 1930; Eupalino o dell'architettura, trad. di R. Contu, con nota di P. V. e un commento di G. Ungaretti, Lanciano 1932 (altra ed., Roma 1933); F. Flora, La poesia ermetica, Bari 1936, pp. 58-102.