INDY, Paul-Vincent d'
Compositore, nato a Parigi il 27 marzo 1851, di nobile famiglia originaria del Vivarais, morto a Parigi il 2 dicembre 1931. Ebbe la prima educazione musicale dalla nonna paterna; più tardi fu allievo di L. Diémer e di A.-F. Marmontel per il pianoforte, di A. Lavignac per l'armonia. Nel 1869, per mezzo di H. Duparc, s'iniziava all'arte wagneriana e l'anno seguente, senza avere ancora studiato seriamente la composizione, presentava, nella cerchia dei suoi amici, le prime opere: Trois romances sans paroles per pianoforte, la Chanson des aventuriers de la mer, e progettava un'opera tratta dai Burgraves di Victor Hugo. Durante la guerra franco-prussiana fu mobilitato al forte d'Issy: di questo periodo ha lasciato una testimonianza nell'opuscolo Histoire du 105ème bataillon de la Garde Nationale en l'année 1870-71. Subito dopo l'armistizio riprese l'attività musicale, dedicandosi completamente allo studio, e César Franck fu il suo primo e vero maestro. Iscritto alla classe d'organo del Franck al Conservatorio, ben presto ottiene i maggiori premî; successivamente è organista a Saint-Leu, timpanista e maestro dei cori ai Concerti Colonne. Nel 1873 dimora in Germania, a Weimar, dove F. Liszt gli è largo d'incoraggiamenti; nel 1876 assiste, insieme con pochi connazionali, al festival wagneriano di Bayreuth, appassionandosi alle polemiche intorno all'opera del maestro tedesco: insieme con Ch. Lamoureux è uno dei promotori della ben nota unica rappresentazione del Lohengrin ch'ebbe luogo a Parigi nel 1887. È inoltre tra i fondatori della Societé Nationale de Musique, di cui è dapprima segretario, indi presidente (alla morte del Franck). Nel 1896, insieme con Charles Bordes e Alexandre Guilmant, fondò la Schola Cantorum, della quale fu, sin dall'inizio, insegnante di composizione e più tardi direttore. Questo istituto, tuttora assai fiorente, è stato senza dubbio uno dei focolai più vivi della cultura musicale francese: moltissime opere di antichi musicisti, ignote o imperfettamente conosciute, sono state riprodotte alla Schola Cantorum per iniziativa del d'I. soprattutto, che della maggior parte fu anche un diligente revisore e trascrittore (Cfr. La Schola Cantorum, son histoire depuis sa fondation jusqu'en 1925, Parigi 1927).
La produzione del d'I. è copiosissima; ne ricorderemo perciò soltanto le opere principali. Per orchestra: la trilogia Wallenstein (1873-1881), la leggenda Sauge fleurie (1884), Symphonie sur un chant montagnard franåais per orchestra e pianoforte (1886), le variazioni Istar (1896), IIe Symphonie en si bémol (1902-03), Jour d'été à la montagne (1905), Symphonia brevis "de Bello gallico" (1918), Le poème des rivages (1920-21), Diptyque méditerranéen (1922), ecc. Musica da camera: quattro quartetti per archi, quintetto per archi e pianoforte, sestetto per archi, sonata per violino e pianoforte, id. per violoncello e pianoforte, ecc., numerose liriche per canto e pianoforte, pezzi pianistici, ecc. Oltre a musica religiosa e a musica di scena, il d'I. è autore di opere teatrali: Le Chant de la Cloche, leggenda in un prologo e sette quadri, da Schiller (1879-83), Fervaal, 3 atti e un prologo (1ª rappresentazione a Bruxelles 1897), L'Ètranger, 2 atti (1ª rappresentazione a Bruxelles 1903), La Légende de Saint Christophe, dramma sacro in 3 atti (1ª rappr. a Parigi 1920) e Le Rêve de Cinyras, commedia musicale (Parigi 1927). Scrittore facile e polemista vivace, il d'I. collaborò a riviste e a giornali, scrisse una monografia su César Franck (Parigi 1906) e una su Beethoven (ivi 1901), un volumetto intorno all'influenza di Wagner sulla musica francese (ivi 1930), e raccolse e ordinò le sue lezioni alla Schola Cantorum in un Cours de composition musicale, in collaborazione con A. Sérieyx, di cui sono stati pubblicati sinora (Parigi 1931) due volumi.
Accanto a quella di Debussy, la figura del d'I. è senza dubbio fra le più singolari della Francia musicale contemporanea. Qualunque sia il giudizio che si vorrà dare sulla sua opera di creatore, non si può negare la consapevolezza del suo "modus operandi" e la fede che impronta tutta la sua vita di artista e soprattutto di educatore musicale. Figlio del tempo che vide affermarsi l'opera wagneriana in ogni parte del mondo, strenuo propugnatore egli stesso di quell'opera e di quell'estetica nelle aspre discussioni che prepararono il trionfo finale, cooperatore di quel rinnovamento di spiriti e di forme che portò d'un tratto la musica francese all'avanguardia del movimento musicale negli ultimi vent'anni del secolo decimonono, il d'I. mantenne le sue prime posizioni con una tenacia e una fede che gli debbono esser riconosciute, eticamente, come titoli di benemerenza. E se questa logica, osservata da lui talvolta con rigore giansenista, nocque al fervore della fantasia, essa tuttavia costituì un esempio di coscienza e di rettitudine per i giovani musicisti educati alla Schola Cantorum, e anche per quelli che seguivano altre correnti e che dal d'I. erano aspramente ma apertamente combattuti. Nella costante avversione a ogni tentativo (dall'impressionismo di Debussy al settecentismo dei nostri giorni) che non si tenesse aderente ai modi della musica wagneriana e franckiana, il d'I. portò però lo spirito d'uno scolastico ancor più che d'un asceta, il rigore tomistico anziché il fervore francescano; il sentimento religioso di César Franck è divenuto in d'I. dottrina religiosa, come bene ha osservato R. Rolland. E questo ha influito sull'opera del compositore, la quale ha molto spesso la freddezza e l'aridità del sillogizzare anziché il calore dell'eloquenza, del canto che esalta, come vuol esser nell'opera d'arte. Contrappuntista magistrale e propugnatore della salda costruzione lineare come fondamento d'ogni opera musicale, le sue pagine sono spesso di un'eccessiva monocromia, che non giova a compensare la ricchezza ritmica e contrappuntistica. Nell'opera del d'I. compaiono per altro anche pagine nelle quali la commozione dell'artista ha reso fervida l'espressione e l'artificio si è risolto in arte; in alcuni passi dell'opera L'Étranger (nonostante la frequente disarmonia fra il sentimento romantico-mistico che impronta il libretto, scritto dallo stesso d'I., e l'espressione musicale, veramente troppo contenuta), della Légende de Saint Christophe, dove si ritrovano gli accenti umili e commossi d'un primitivo, e di certe composizioni strumentali, che in ogni modo debbono essere segnalate per il magistero della fattura.
Bibl.: R. Rolland, in Musiciens d'aujourd'hui, Parigi 1908, pp. 97-118; L. Borgex, V. d'I., Parigi 1913; A. Sérieyx, V. d'I., Parigi 1914.