PAULUCCI DI CALBOLI, Raniero
PAULUCCI DI CALBOLI, Raniero. – Nacque a Roma il 15 marzo 1861 dal marchese Annibale e da Mary Ann Simpkinson de Wesselow.
Il padre, discendente da un antico e celebre casato di Forlì, era guardia nobile pontificia, mentre la madre, inglese, era nipote dell’ammiraglio ed esploratore polare sir John Franklin. Nel 1865, Raniero e i suoi due fratelli – Luigi e Guido – rimasero orfani di entrambi i genitori.
Paulucci compì i suoi studi presso il collegio gesuita di Mondragone, vicino a Frascati, e in quello barnabita delle Querce, a Firenze.
I padri barnabiti impartirono al giovane conte – il titolo di marchese passò al fratello primogenito Luigi – una solida educazione umanistica, improntata, come avrebbe ricordato lo stesso Raniero, a un «sereno spirito di tolleranza» e volta all’«arduo compito di colmare la fossa artificialmente scavata tra la Chiesa e lo Stato», conciliando nel loro insegnamento «l’idea di patria con quella di religione» (Alla memoria del padre Giusto Berlia, barnabita, Londra 1894, p. 6).
Nel 1882 Raniero si laureò con lode presso la facoltà di legge dell’Università di Bologna, discutendo con Oreste Regnoli una tesi sulla condizione dei figli naturali nel codice civile. L’impronta positivistica della scuola bolognese, di cui era massimo esponente il futuro leader socialista Enrico Ferri, divenne un tratto permanente della sua formazione, come dimostrò anche la sua produzione successiva, ispirata a un metodo ‘positivo’ di osservazione della realtà e sostenuta da una moderna concezione del ruolo della stampa e degli intellettuali.
Nel 1885, dopo aver compiuto il servizio militare volontario a Bologna, Paulucci vinse il concorso che lo avviò alla carriera diplomatica, a cui lo avevano indirizzato i nobili natali e l’ottima conoscenza delle lingue straniere (già testimoniata da un volumetto di poesie tradotte dall’inglese e dal tedesco o composte direttamente in inglese dal giovane Raniero insieme al fratello Luigi: Ore di giovinezza, Roma 1879). La sua prima destinazione fu Londra, dove lavorò per un anno con Costantino Nigra; la collaborazione proseguì a Vienna tra il 1886 e il 1890. Dal marzo 1890 Paulucci fu di nuovo trasferito a Londra, dove era ambasciatore il conte Giuseppe Tornielli Brusati di Vergano, esponente dell’aristocrazia subalpina e diplomatico di spicco. Paulucci ne sposò la nipote Virginia Lazari Tornielli; dal loro matrimonio nacquero Fulcieri (1893) e Camilla (1894).
Negli anni di Londra emersero la vena sociologica di Paulucci e la sua predisposizione all’impegno sociale. Particolarmente importante fu il libro-inchiesta sui girovaghi e i suonatori di organetto italiani emigrati in Gran Bretagna (I girovaghi italiani in Inghilterra ed i suonatori ambulanti, Città di Castello 1893), che insieme a molti dati statistici conteneva un’appassionata descrizione delle miserevoli condizioni di vita degli ‘organettai’ e un’ampia rassegna della stampa e delle legislazioni britannica e italiana sulla questione. Già in quell’opera Paulucci dedicò particolare attenzione a un tema sul quale in seguito sarebbe tornato, ovvero la tratta dei fanciulli, ceduti dalle famiglie in cambio di denaro a padroni che li portavano con sé all’estero sfruttandoli senza pietà. Alcuni brani del libro furono riprodotti sulla rivista torinese Archivio di psichiatria, introdotti da Cesare Lombroso.
Nel 1895 il conte Tornielli fu nominato ambasciatore in Francia, e il 5 febbraio di quell’anno Paulucci lo raggiunse a Parigi in qualità di segretario di legazione. Il rapporto tra Italia e Francia stava allora attraversando un momento difficile, ma con la caduta di Francesco Crispi la tensione fra i due Paesi si allentò e si aprì una nuova fase, di cui Paulucci nel suo lungo soggiorno parigino fu testimone e interprete, dal febbraio 1895 all’ottobre 1906.
Nella capitale transalpina l’impegno civile di Paulucci, ben inserito negli ambienti democratico-radicali cittadini, si svolse su due fronti. Con un’inchiesta sui minori italiani impiegati nelle vetrerie francesi approfondì la questione della tratta dei fanciulli, suscitando con i suoi articoli – apparsi sulla Revue des revues fra 1897 e 1898 e poi riuniti in volume con la prefazione di Jules Claretie (Larmes et sourires de l’émigration italienne, Paris 1909) – un ampio dibattito al di qua e al di là delle Alpi. Contemporaneamente, Paulucci si impegnò intensamente nel campo dreyfusardo. Strinse rapporti con Emile Zola, Joseph Reinach, Max Nordau, Jean Jaurès, redasse un diario giornaliero e raccolse un ricco archivio sul caso, comprendente foto, documenti, pubblicazioni e articoli di giornale. Molti anni più tardi, ormai senatore dell’Italia fascista, avrebbe confermato le ragioni della sua militanza, concludendo che i nemici del capitano, «se non erano delle ‘canailles’, erano certo dei veri ‘imbéciles’» (Le mie impressioni sull’affare Dreyfus, in Echi e commenti, 25 settembre 1930, p. 1).
Durante gli anni trascorsi a Parigi gli vennero affidati vari compiti di rappresentanza: nel 1900 fu nominato membro della giuria all’Esposizione universale per la classe «assistenza e beneficenza»; nel luglio 1902 partecipò come delegato del governo alla Conferenza internazionale per la repressione della tratta delle donne, nel 1903 fu delegato alla Conferenza sanitaria internazionale. Nel frattempo, nel marzo 1901 era stato nominato segretario di legazione di prima classe. Nel 1904 fu nominato commendatore della Legion d’onore e nel 1905 ufficiale della Corona d’Italia.
La Conferenza internazionale di Parigi del 1902 portò Paulucci ad approfondire il problema delle ragazze italiane avviate ai mercati mondiali della prostituzione (La tratta delle ragazze italiane, in Nuova antologia, marzo-aprile 1902, pp. 418-438). L’argomento era nuovo e la questione scottante, tanto che, in occasione del primo congresso internazionale sul tema svoltosi a Londra nel 1899, l’Italia, benché invitata, non aveva partecipato. Confermando la sua fiducia nella possibilità di risolvere ‘scientificamente’ i problemi sociali, Paulucci offrì nei suoi contributi uno studio approfondito su geografia e statistica del fenomeno, suggerendo – proprio alla luce della conferenza di Parigi – la necessità di affrontarlo abbandonando inutili pruderies e adottando una legislazione internazionale che superasse le rigide barriere innalzate dai nazionalismi imperanti.
Nell’ottobre del 1906 fu inviato come ministro plenipotenziario di seconda classe a Lisbona, dove fu testimone del rivolgimento istituzionale che nel 1910 portò alla proclamazione della repubblica. Nella primavera del 1913 si insediò a Berna come ministro plenipotenziario di prima classe, e nella capitale elvetica rimase per tutta la durata della Grande Guerra. Nel novembre del 1919 fu destinato a Tokyo con il grado di ambasciatore; pochi mesi prima era morto suo figlio Fulcieri, eroe di guerra mutilato e pluridecorato.
Il profilo sociale del corpo diplomatico si era trasformato nel segno di un reclutamento progressivamente aperto alla borghesia, con conseguente dilatazione del personale e lievitazione degli stipendi. Paulucci, tipico esponente di un’«aristocrazia di servizio» che «lavorava per l’onore», rimpiangeva i tempi del suo ingresso in diplomazia, quando le doti di «urbanità, cortesia, eleganza», riunite nella qualità eminentemente aristocratica della «distinzione», costituivano il tratto tipico della ristrettissima élite alla quale era affidato il compito di rappresentare l’Italia all’estero (La diplomazia di una volta e quella di oggigiorno, 1, in Echi e commenti, 5 aprile 1930, pp. 1 s.).
Rimosso nel 1921 dal suo incarico a Tokyo dal ministro degli Affari esteri Carlo Sforza, il 16 ottobre 1922 Paulucci fu nominato senatore e nel novembre dello stesso anno fu richiamato in servizio da Benito Mussolini e mandato in Spagna, dove riprese e concluse le trattative che portarono alla stipula di un nuovo trattato di commercio, molti anni dopo la brusca cessazione del trattato del 1905.
Nel frattempo, il suo lungo impegno contro il mercato della prostituzione e lo sfruttamento dei minori gli era valso la nomina a delegato alla Società delle Nazioni nelle commissioni contro la tratta delle donne e dei fanciulli (1921). Qualche anno dopo, Paulucci ottenne la presidenza dell’Unione internazionale per la protezione dell’infanzia (1926). Scrisse diversi articoli sulle questioni internazionali, esprimendosi in favore dei principi wilsoniani contro il nazionalismo bellicoso, che gli sembrava poggiare su un’immagine dell’uomo come «animale barbaro, neolitico, che non vive e non respira che per la guerra» (La diplomazia di una volta e quella di oggigiorno, 2, in Echi e commenti, 15 aprile 1930, p. 2). Ma si occupò anche di studi danteschi e di pittura. Fu un raffinato collezionista d’arte, oltre che mecenate dello scultore milanese Adolfo Wildt, del quale donò ai Musei civici di Forlì un corpus di opere, a conferma della versatilità e dell’alto livello della sua formazione culturale.
Nel febbraio del 1927 ottenne di essere messo a riposo, e si stabilì a Roma. Divenne consigliere della Nuova antologia e, nel 1928, direttore di Echi e commenti, rivista sulla quale tra 1928 e 1931 pubblicò diverse decine di interventi.
Tema ricorrente in quelle pagine era la questione del femminismo, sulla quale Paulucci aveva a lungo riflettuto. Già nel 1912, recensendo un libro di Jean Finot, Préjugé et problème des sexes, si era espresso a favore dell’abbandono definitivo di ogni pretesa di superiorità sulla donna da parte dell’uomo, reclamando il suffragio femminile e l’adozione per i due sessi di un’identica morale sessuale (I pregiudizi sessuali e l’elevazione della donna, in Nuova antologia, 16 agosto 1912, pp. 554-566). Nel 1929, ragionando sul femminismo italiano, aveva insistito sulla necessità di impartire alle donne un’istruzione uguale a quella degli uomini, nascondendo il proprio dissenso rispetto alla morale e alla posizione ufficiale del regime dietro la opinabile affermazione secondo la quale «le dottrine fasciste sono pel femminismo» (Le origini del femminismo in Italia, in Echi e commenti, 15 ottobre 1929, p. 2).
Raniero Paulucci di Calboli morì a Roma il 12 febbraio 1931.
Sulla sua lapide, oltre al nome e all’anno di nascita e di morte, volle che fosse inciso soltanto: «il padre di Fulcieri».
Opere. Un elenco quasi completo dei suoi testi è in R. P. d. C. ‘padre di Fulcieri’, nella vita e nelle opere, Forli 1932, pp. 149-152. Una traduzione di Larmes et sourires de l’émigration italienne è apparsa di recente con testi introduttivi di P. Milza, G. Tassani e G. Rizzoni: Lacrime e sorrisi dell’emigrazione italiana, Milano 1996. L’edizione critica del diario del 1898 è stata pubblicata con il titolo Parigi 1898. Con Zola, per Dreyfus. Diario di un diplomatico, a cura di G. Tassani, Bologna 1998.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Forlì, Archivio Paulucci di Calboli, Fondo Raniero Paulucci di Calboli (su cui si veda: S. Cortesi, Le carte dell’archivio privato di R. P. d. C., in Memoria e Ricerca, 1995, vol. 5, pp. 211-216). La collezione di fotografie, giornali, materiali satirici e soprattutto di libri raccolti da Paulucci sull’affaire Dreyfus, per oltre cinquecento titoli, costituisce un fondo conservato dal 1994 presso la Biblioteca civica Aurelio Saffi di Forlì, alla quale nel 2012 sono state donate dalla famiglia anche una raccolta di oltre centocinquanta cartoline illustrate francesi di fine Ottocento e dieci lettere autografe di Wildt a Paulucci.
V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, V, Milano 1932, pp. 121 s.; Dreyfus. L’affaire e la Parigi fin de siècle nelle carte di un diplomatico italiano, a cura di P. Milza, Roma 1994; R. P. d. C. dans le Paris de l’affaire Dreyfus, a cura di G. Tassani, Forlì 1995; B. Di Porto, Politica, economia e cultura in una rivista tra le due guerre. “Echi e commenti”, 1920-1943, Torino 1995, ad ind.; F. Gioiello, R. P. d. C. e l’affaire Dreyfus, in Diacronie. Studi di storia contemporanea: processo penale, politica, opinione pubblica (secoli XVIII-XX), http://www.studistorici. com/2013/08/29/ gioiello_numero_14/; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce (http://notes9. senato.it/web/ senregno.nsf).