paura
Turbamento per qualcosa di reale o di immaginario
Il termine paura indica la forte emozione che si può provare improvvisamente per un pericolo inaspettato o imminente. Questo stato viene descritto con espressioni significative come ‘ho preso una paura da morire’, ‘tremare per la paura’ o ‘diventare bianco per la paura’. Lo stesso termine può indicare anche una preoccupazione immaginaria, apparentemente non legata a una situazione di pericolo reale: si può avere, per esempio, ‘paura della propria ombra’. Ogni paura è sempre un sintomo, una spia di disagio e ha un significato profondo. Né si può dare un’unica spiegazione, valida per tutti alla stessa paura: ognuno di noi ha la sua storia, inconfondibile e irripetibile
Esistono tantissime paure – degli animali, del buio, degli estranei, della solitudine, della malattia e così via – reali o immaginarie, paure che l’uomo ha sempre provato nella sua lunga storia o paure nuove nate nel mondo contemporaneo.
Gli esseri umani hanno una particolarità rispetto agli animali: questi temono le concrete minacce insite nella natura – per esempio hanno paura di essere predati – e sono forniti di un istinto che li porta a difendersi attraverso l’attacco o la fuga; la specie umana invece si è ormai allontanata dalle leggi della natura. Nella maggioranza delle situazioni per noi uomini la paura non proviene da pericoli esterni, ma dall’interno del nostro essere, dalle nostre stesse fantasie. È pur vero che esistono paure reali, provocate da pericoli oggettivi – per esempio un terremoto o un incidente automobilistico –, ma se andiamo ad analizzare i singoli casi vedremo che non è così facile distinguere tra pericolo reale e immaginario.
Lo psicoanalista Sigmund Freud ha analizzato le paure legate alle tappe della crescita del bambino: dal cosiddetto trauma della nascita – cioè il repentino cambiamento di stato che porta il neonato dall’ambiente caldo e protetto all’interno del ventre materno alla luce e alla solitudine del mondo esterno –, alla paura dell’estraneo – che si sviluppa intorno agli otto mesi e consiste nel cominciare a distinguere i volti familiari da quelli sconosciuti –, fino all’angoscia di separazione che può esprimersi in vari modi e momenti, come paura di perdere qualcuno di caro, paura di una catastrofe, angoscia di morte.
Freud nei suoi scritti distingue tra la paura, che «richiede un determinato oggetto di cui si ha timore», l’angoscia, che «indica una certa situazione che può essere definita di attesa del pericolo e di preparazione allo stesso, che può essere anche sconosciuto», e lo spavento, che «designa lo stato di chi si trova di fronte a un pericolo senza esservi preparato, e sottolinea l’elemento della sorpresa».
Dunque paura, angoscia e spavento non sono sinonimi, ma sono tre diversi atteggiamenti di fronte al pericolo. Lo spavento in particolare può provocare reazioni psicofisiche, come per esempio la modificazione del comportamento motorio: il corpo si può contrarre e irrigidire, il cuore accelera i suoi battiti. Se lo spavento è eccezionalmente forte, si può rimanere come impietriti. Nella nostra lingua per descrivere questo stato si dice, per esempio, ‘essere inchiodati dalla paura’ o ‘diventare bianco per la paura’.
Ma senza arrivare a questi estremi, anche in occasioni più normali la paura può modificare le reazioni del nostro corpo: per esempio un atleta che è in procinto di gareggiare subisce un maggiore versamento di glucosio e di adrenalina nel circolo sanguigno, e uno studente che deve affrontare un esame si può imperlare di sudore e può avvertire dei tremori incontrollati: non per niente esiste l’espressione ‘tremare per la paura’.
Finora abbiamo parlato di situazioni in cui la paura può essere giustificata da un pericolo esterno reale. Ma a volte compaiono forme di paura eccessiva, legate a situazioni che non possono essere considerate paurose, e che anzi sembrano immotivate e assumono quindi dei tratti patologici. La psicoanalisi definisce fobie questo genere di timori invincibili e irrazionali. La fobia si distingue dalla paura perché non scompare di fronte a una verifica della realtà.
Per esempio, un conto è provare paura per un rumore sospetto in casa ed è normale andare a vedere se qualcuno si è introdotto per rubare, ma diventa patologico avere una indistinta e costante paura dei ladri che ci impedisce di dormire da soli e ci fa vivere costantemente nell’angoscia. Le fobie sono cariche di significati: le cose temute sono il prodotto di un meccanismo di difesa dell’Io che trasferisce un complesso interiore che causa conflitti e ansia su un oggetto esterno.
Esistono tante fobie che prendono un nome specifico a seconda della cosa che suscita paura. I nomi di queste fobie rimandano sempre al greco o al latino. Per esempio agorafobia significa «paura degli spazi aperti» (fòbos in greco vuol dire «paura» e agorà «piazza»): in questo caso il soggetto non riesce ad affrontare i luoghi ampi. Il contrario dell’agorafobia è la claustrofobia, cioè la «paura degli spazi chiusi» (claustrum in latino significa «luogo chiuso»): la persona claustrofobica, per esempio, non può prendere un ascensore, si sente soffocare in uno spazio angusto e ristretto. L’idrofobia è la paura dell’acqua (in greco ỳdor), mentre la paura delle malattie prende il nome di ipocondria (dal greco ypò «sotto», e chòndros «cartilagine»). Non si tratta di temere una malattia reale o di avere paura del dolore fisico: l’ipocondriaco immagina di avere ogni male possibile, corre dal medico e si fa prescrivere analisi su analisi; anche se è perfettamente sano, vive nell’angoscia perenne di essere malato. Dunque, a volte, le paure immaginarie sono più penose di quelle reali!
Un’altra fobia ben conosciuta da tanti studenti è quella della scuola: si tratta del panico che attanaglia gli studenti la mattina presto, prima di recarsi a scuola. Spesso si manifesta con nausea o mal di pancia, i quali non sono altro, però, che sintomi magari dell’ansia di separazione dalla famiglia o dalla casa. Si può voler rimanere a casa per controllare quello che succede o perché il rapporto con la propria madre è così protettivo da rendere quello con gli insegnanti minaccioso.
Seguire le proprie paure senza contrastarle è sempre controproducente: restare a casa invece che andare a scuola può dare un sollievo solo momentaneo, ma è un modo per non affrontare il problema, che si ripresenterà puntualmente l’indomani.
La stessa paura può essere dovuta a un malessere passeggero o essere un sintomo di qualcosa di ben più grave, espressione di una nevrosi, cioè di una condizione di sofferenza psichica legata per lo più a esperienze emotive non risolte della prima infanzia. Solo in quest’ultimo caso sarà necessario ricorrere all’aiuto di un esperto in grado di fornire strumenti adeguati per affrontare il problema.
È interessante chiedersi se la nostra società contemporanea provochi paure nuove, se le persone soffrano di ansie legate al modo di vivere attuale. Si può rispondere senz’altro in modo affermativo dato che gli psicoanalisti stessi stanno affrontando il tema delle ‘patologie del benessere’, dei cosiddetti nuovi disagi della civiltà (riprendendo così il titolo di un celeberrimo scritto di Freud del 1930, Il disagio della civiltà). Il mondo sta vivendo cambiamenti epocali, la fretta genera nuove sofferenze: è sempre più radicata una specie di infelicità quotidiana, una forma di insicurezza perenne che rende la vita difficile.
Il fatto di essere in grado di ricevere a tutte le ore notizie terribili (come guerre, attentati, o uragani e tsunami quando interviene anche la natura) o inquietanti (madri che uccidono i propri figli, casi di pedofilia), se da un lato, per assuefazione, diminuisce il livello delle emozioni, dall’altro causa uno stato di perenne inquietudine.
La tecnologia viene usata, spesso in modo improprio, per cercare di far fronte a queste paure: i cellulari sempre accesi danno l’illusione a genitori e figli di sentirsi protetti e più sicuri. Così la minaccia del terrorismo e il presunto aumento della criminalità hanno favorito il proliferare di videocamere a circuito chiuso: la conseguenza di ciò sulla psiche delle persone più fragili è che sono aumentati i casi di mania di persecuzione. Se da un lato si invoca sempre più il diritto alla privacy, di fatto l’impressione è quella di sentirsi spiati e controllati.
Mentre i mass media propongono e celebrano ogni giorno figure ‘vincenti’ e talvolta arroganti, i giovani più fragili crescono sempre più impauriti da un mondo pieno di pericoli reali o presunti a cui si pretende di far fronte con la moderna tecnologia. È però indispensabile ricordare che le sicurezze vere nascono sempre e solo dentro di noi e non c’è mezzo che le possa sostituire.