PAVESE (più esatto di palvese; fr. pavois, pavart e anche tailevas; sp. pavez; ted. Setzschild; ingl. large-size shild)
Specie di scudo grande da poter coprire uno o anche due uomini dalla testa ai piedi. I pavesi erano fatti con intreccio di vimini coperti all'esterno di pelle, o composti di listerelle di legno, frequentemente coperti all'esterno di pelle, bordati di ferro nella parte superiore per resistere ai colpi di fendente, e in quella inferiore perché non si guastassero sul terreno; vi erano dipinti lo stemma del comune o del principe, figure emblematiche o santi protettori delle compagnie e simili. La loro forma solita era quadrilunga con angoli smussati; talvolta però la parte superiore era sagomata. Il nome di pavese deriverebbe da Pavia, dove sarebbe stato inventato, o piuttosto rimesso in uso. Ebbe anche il nome di targone, tavola e tavolaccio.
Talvolta questo scudo è piccolo, sì da coprire metà di una persona (targa), ma può anche essere alto più dei guerrieri che se ne valgono.
La tattica a coppie del tiratore e del difensore (o portatore di pavese), detto appunto pavesaio, palvesaio, o palvesario, è frequente nel Medioevo e si trovano frequentissime menzioni dell'arma difensiva in sé e del modo d'impiegarla, tanto in battaglia quanto negli assedî e negli assalti delle brecce. I palvesarî accompagnavano i balestrieri ponendo i pavesi col lato inferiore a terra e dinnanzi a quelli, che in tal modo potevano tirare dal coperto. Questa forma di trinceramento mobile si diceva pavesata.
Talvolta però i balestrieri e arcieri non avevano i palvesarî in accompagnamento, ma si coprivano ugualmente col pavese che portavano appeso al dorso con una correggia detta guiggia. Giunti sul luogo della lotta lo fissavano a terra assicurandolo con la guiggia a un paletto che portavano con sé, o a una picca; e per favorire questa disposizione i pavesi avevano nel mezzo e lungo le generatrici verticali una profonda incavatura.
Ma oltre che per la difesa degli arcieri e balestrieri in campo, i pavesi servivano ancora, specialmente nei secoli XV e XVI, per la protezione dei tiratori all'assedio della città e negli assalti si chiamavano pavesi d'assalto.
Ne sono esempio: il pavese d'assalto tedesco del sec. XV, alto m. 1,50, largo m. 1,90 con piccole feritoie per vedere stando riparati e maniglia di catenella per il trasporto. È di legno coperto di pelle, dipinto di rosso e giallo; la punta e le guarnizioni sono di ferro (Museo di Sigmaringen); il pavese d'assalto tedesco del sec. XV, alto m. 1,12, largo 0,65, proveniente dall'antico arsenale di Ens (Austria) e ora nella collezione Az a Linz. Il Demmin scrive che è un pavese prezioso per la conservazione e per la bella figura di S. Giorgio e le ornamentazioni dipinte.
In sostanza il pavese era un'arma difensiva per uomini a piedi. Per il fatto che esso aveva dimensioni notevoli e che si prestava a ricevere buone decorazioni, fu frequentemente dipinto con imprese di nobili o di comuni che avevano assoldato la milizia. Pare anche che pavesi speciali, opportunamente ornati, servissero come insegna o distintivo di gruppi di uomini o di squadre.
Un bellissimo pavese di questa categoria è nel Museo civico Bardini a Firenze (v. fig. 2): porta un'impresa col capo d'Angiò, il rastrello di rosso con fiordalisi d'oro fra i pendenti, e sull'elmo che cima l'impresa è posta a guisa di cimiero la figura d'un uomo che ha nella sinistra un rosario e con l'indice della destra accenna al cielo; e si crede sia il beato Borromini, capo della famiglia, morto verso il 1405.
Con l'unire insieme più pavesi si usava spesso costituire una specie di testuggine che era ottima difesa: questa disposizione (detta pavesata) fu spesso usata anche sulle navi dove i parapetti di bordo potevano essere riparati dai pavesi per difendere le genti sul ponte dai proiettili nemici. E poiché, come si è detto, i pavesi erano in generale vivacemente dipinti con armi e imprese, esposizioni di questo genere furono fatte anche a scopo di ornamento e pavesate furono dette (come anche oggi pavese o gran pavese) le gale di bandiere tese sull'attrezzatura della nave in occasione di cerimonie o riviste.