Vedi PAVIA dell'anno: 1963 - 1996
PAVIA
(v. vol. V, p. 999). - Questo ultimo ventennio ha visto un notevole progresso negli studi sulla topografia dell'antica Ticinum, con particolare attenzione all'assetto urbanistico e ai problemi di archeologia urbana. La pubblicazione dei varí materiali epigrafici e archeologici ha inoltre contribuito ad arricchire le conoscenze sul centro padano.
La validità, di massima, del suggerimento del reticolo viario attuale del centro storico per recuperare il disegno originario di Ticinum è in generale confermata dai ripetuti trovamenti in situ della pavimentazione stradale romana e, con ancora maggior forza, della trama sotterranea della rete fognaria corrispondente al tracciato stradale di superficie. La rete delle cloache, celebrata già nel Medioevo da Opicino de Canistris (1330), risale essenzialmente alla fondazione romana, così che non a torto è indicata come il maggior monumento di questa età. Per la tecnica di costruzione appare eseguita fra la fine dell'età repubblicana e il primo impero: essa infatti presenta l'assoluta prevalenza di laterizi nelle pareti, nelle volte, nella pavimentazione, misti frequentemente a ciottoli di fiume e con sporadiche presenze di blocchi in pietra. L'ubicazione degli scarichi principali (in posizione mediana e terminale della città verso valle) è realizzata in modo da ridurre al minimo l'inquinamento delle acque di fronte alla città. Alla perfetta geometria dell'impianto urbano si accompagna una grande scarsità di resti archeologici. Nel perimetro murario (le cui modestissime tracce, apparse sporadicamente, furono subito distrutte) si aprivano numerose porte - la tradizione medievale ne ricorda nove fortissimae et altissimae - e almeno tre erano in relazione essenziale con importanti vie: la meridionale lungo la strada per Laumellum, Augusta Taurinorum e/o Vercellae, la settentrionale lungo la strada per Mediolanum, l'orientale lungo la strada per Placentia e Roma. Quest'ultima appariva monumentale ancora nell'VIII sec. all'Anonimo di Einsiedeln e recava iscrizioni e statue della domus Augusta. Quasi certamente il foro si trovava nell'area corrispondente a Piazza della Vittoria - qui si rinvennero lastre in marmo rosso di Verona - in posizione di poco occidentale rispetto all'umbilicus urbis formato dall'incrocio di Strada Nuova (cardo) e dei corsi Cavour e Mazzini (decumanus). Infondata è per contro la tesi che lo vuole nei pressi dell'attuale municipio, anche se all'area orientale conduce la tradizione letteraria sul palazzo, l'anfiteatro e le terme di età gotica (v. CIL, V, 6418, su sedi di spettacolo con Atalarico).
Il collegamento della città con il territorio verso S è documentato dal ponte, di cui, a seguito delle frequenti magre del Ticino, sono perfettamente conosciuti nuclei di tre piloni in grosse pietre dei Colli Euganei, con possenti speroni triangolari per affrontare la corrente. La mappa dei trovamenti di tombe propone come aree cimiteriali le zone dalla chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio fino presso S. Pietro in Ciel d'Oro verso settentrione, di S. Giovanni in Borgo verso E e S, di Borgo S. Patrizio verso O, in sostanziale consonanza con i cimiteria definiti da Opicino antiquissima già agli inizi del 1300. Resti interessanti sono in passato apparsi casualmente; ma la parzialità dei dati e l'incerto significato dei monumenti non consentono di uscire dal campo delle ipotesi.
In tal senso esemplare appare la vicenda del grande scavo degli anni '60 in Piazza della Vittoria per l'edificazione del mercato coperto, occasione di conoscenza unica, ma incredibilmente vanificata. Il crollo recente della Torre Civica (1989) e il successivo scavo in Via Omodeo hanno portato all'acquisizione di dati significativi per la conoscenza dello sviluppo storico della città, a partire dall'età romana.
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