PEARL HARBOR (A. T. 162-63)
HARBOR Porto militare delle isole Hawaii nella baia omonima, sulla costa meridionale dell'isola Oahu a NO di Honolulu. Il porto di Pearl Harbor rappresentava, prima dello scoppio delle ostilità nippo-americane, la maggior base navale degli S. U., l'unica base permanente extra-continentale, situata in posizione strategica a 2100 miglia da S. Francisco e a 3338 da Tōkyō. Appunto con l'improvviso e premeditato attacco giapponese alla flotta americana ancorata nella baia di Pearl Harbor, ebbe inizio la fase estremo-orientale della seconda Guerra mondiale (per gli scopi perseguiti dall'alto comando giapponese nel predisporre l'attacco e per l'importanza di esso nel quadro generale della guerra nel Pacifico, vedi guerra mondiale, in questa seconda Appendice, vol. I, p. 1149). Si dànno qui di seguito più particolareggiate notizie sull'attacco e sull'inchiesta condotta dal governo degli S. U. per determinare le eventuali responsabilità.
Dall'aprile 1940, per effetto del crescente inasprimento dei rapporti fra stati Uniti e Giappone, la flotta americana del Pacifico rimase concentrata nella base di Pearl Harbor, nell'arcipelago delle Hawaii. Quella dislocazione aveva essenzialmente scopo politico, per dimostrare al Giappone che la marina degli Stati Uniti era pronta alla guerra; ma nonostante l'aggravarsi della tensione diplomatica, da parte americana non furono prese adeguate misure di sicurezza. Il 27 novembre 1940 le autorità centrali della marina e dell'esercito degli Stati Uniti inviarono rispettivamente al comandante della flotta del Pacifico (amm. Kimmel) e al comandante del dipartimento delle Hawaii (gen. Short) l'avviso della probabile imminenza di una mossa aggressiva da parte del Giappone. Il telegramma della marina indicava come presumibili obiettivi le Filippine, la Thailandia, l'istmo di Kra e il Borneo, mentre le Hawaii non erano menzionate. Le direttive dell'esercito avvertivano di tener presente il desiderio del governo che fosse il Giappone a commettere il primo atto di ostilità aperto, perché secondo la costituzione degli Stati Uniti non un colpo può essere sparato contro un nemico potenziale, a meno che esso prenda l'iniziativa o sia fatta una dichiarazione di guerra da parte del Congresso. Era perciò prescritto che le misure precauzionali fossero prese in modo da non allarmare la popolazione civile o svelarne il motivo: ma i capi responsabili a Pearl Harbor non si resero abbastanza conto della gravità della situazione internazionale. Il comandante del dipartimento si limitò a disporre l'allarme per sabotaggi, dato che la maggioranza della popolazione dell'arcipelago era giapponese; il comandante della flotta del Pacifico inviò alcuni sommergibili in crociera; due gruppi d'azione, formati ciascuno da una nave portaerei con unità di scorta, partirono da Pearl Harbor per portare velivoli rispettivamente a Wake e a Midway. Intanto alle Hawaii il funzionamento dei servizî della difesa continuava come in tempo normale: la rete di scoperta aerea, costituita da un centro di raccolta notizie e da cinque stazioni mobili radar, era in grado di rilevare l'avvicinamento di aerei, ma quel servizio era in fase di addestramento, né veniva eseguita ricognizione a largo raggio da parte dei velivoli della base. La porta delle ostruzioni retali rimaneva sempre aperta durante le ore di luce, presumendo che i cacciatorpediniere di guardia all'entrata del canale, il galleggiante guardiaporto e le unità navali nelle vicinanze avrebbero scoperto eventuali sommergibili.
Ai primi di settembre 1941 gli ammiragli giapponesi in comando si riunirono a Tōkyō per discutere il piano d'attacco contro Pearl Harbor. Nel novembre fu stabilita come data approssimata per l'inizio delle operazioni l'8 dicembre (data di Tōkyō), riservando di stabilire con ordine del quartier generale imperiale il giorno di apertura delle ostilità. Intanto funzionava nell'isola di Oahu la raccolta d'informazioni e notizie sulla flotta americana e sulla difesa locale. Il servizio americano di controspionaggio controllava le comunicazioni telefoniche, tuttavia il consolato generale comunicava col Giappone a mezzo di frasi convenzionali e poteva trasmettere telegrammi cifrati mediante le linee commerciali. Come è poi risultato da indicazioni segnate su una carta nautica, trovata su un sommergibile catturato, in un giorno fra il 1° e il 6 dicembre un sommergibile giapponese fece una ricognizione dentro Pearl Harbor, per constatare le posizioni delle navi, trattenendosi nel porto dalle 4 e 10 alle 6. Per l'abitudine americana del riposo dal pomeriggio del sabato al lunedì, il cambiamento di turno nell'attività dei gruppi della flotta del Pacifico coincideva con la domenica, nel qual giorno la massima parte rimaneva in porto; perciò il comando giapponese stabilì di eseguire l'attacco al mattino di domenica 7 dicembre corrispondente al lunedì 8 dicembre in Giappone.
La forza navale, destinata a operare contro Pearl Harbor, era al comando dell'amm. Nagumo; era costituita da 6 navi portaerei, 2 corazzate veloci (incrociatori da battaglia rimodernati), due grandi incrociatori, un incrociatore leggero e 20 cacciatorpediniere. Le navi portaerei (due di 27.000 tonnellate, due di 13.000 e due di 10.000) portavano complessivamente 424 velivoli affidati ai migliori piloti di cui disponeva l'aviazione marittima nipponica.
Situazione a Pearl Harbor. - Al mattino del 7 dicembre le unità navali americane concentrate a Pearl Harbor erano complessivamente 86, di cui 8 corazzate, 7 incrociatori, 28 cacciatorpediniere; mancavano soltanto le navi portaerei (Lexington e Enterprise) che con le relative unità di scorta erano assenti per le missioni anzidette. Normalmente al mattino venivano fatte esercitazioni fra navi al largo e velivoli delle basi terrestri, ma quel giorno, essendo festivo e trovandosi la flotta nel porto, non si svolgeva attività aerea.
L'attacco e i risultati. - La partenza dei velivoli giapponesi cominciò all'alba quando le navi del Mikado giunsero a circa 200 miglia a nord di Oahu. La prima ondata che arrivò sugli obiettivi fra le ore 7 e 55 e le 8 e 05 fu costituita da 4 gruppi: 50 velivoli per bombardamenti in quota contro le corazzate; 40 velivoli siluranti contro le corazzate e le navi portaerei; 54 velivoli per l'attacco in picchiata contro hangars e velivoli a terra; 45 velivoli da caccia contro velivoli in volo o nel campi. La seconda ondata che iniziò l'attacco alle ore 9 fu composta di tre gruppi: 54 velivoli per bombardamenti in quota contro hangars e velivoli nei campi; 81 velivoli per bombardamenti in picchiata contro navi portaerei e incrociatori; 36 velivoli da caccia contro velivoli in volo o nei campi. Dopo la partenza dei velivoli la forza navale si allontanò verso nord-ovest alla velocità di 27 nodi. Delle navi americane le corazzate Arizona, California, West Virginia, affondarono; la Oklahoma e la Utah si capovolsero; la Nevada risultò gravemente danneggiata, mentre altre tre corazzate subirono danni più leggeri. Il bombardamento e il mitragliamento contro i velivoli ammassati produssero risultati efficaci, tanto che su 202 velivoli della marina americana ne rimasero efficienti soltanto 52; su 273 velivoli dell'esercito ne furono distrutti 97 e i rimanenti danneggiati. La principale difesa consisté nel tiro contraereo delle navi. La marina americana ebbe 3077 morti e 876 feriti; l'esercito 306 morti e 396 feriti. Le perdite nipponiche furono limitate a 27 velivoli e a 5 sommergibili tascabili, dei quali uno fu catturato e 4 affondati.
L'inchiesta. - Il 18 dicembre 1941 il segretario di Stato alla Marina degli S. U. A. per investigare sui fatti concernenti l'attacco giapponese nominò una Commissione che riferì il 23 gennaio 1942; indagini complementari furono condotte il 15 giugno 1944. Una legge approvata dal Congresso nel giugno 1944 ordinò ai segretarî di Stato alla guerra e alla marina di aprire inchieste e iniziare gli eventuali procedimenti giudiziarî. Le relazioni con i commenti dei segretarî di Stato delle forze armate e con dichiarazioni del presidente Truman furono pubblicate nell'agosto 1945. Nelle conclusioni della Commissione d'inchiesta dell'esercito è detto che gli ufficiali responsabili alle Hawaii apprezzarono la situazione in modo erroneo: "Sull'apprezzamento influirono fatti che allora sembravano portare alla conclusione che la guerra imminente si sarebbe limitata alle terre e ai mari situati a sud del Giappone. Si riteneva che le isole Filippine sarebbero state la spina nel fianco delle forze giapponesi e in quell'arcipelago si inviavano in tutta fretta rifornimenti e rinforzi. Si ignorava completamente l'esistenza del gruppo operativo che attaccò Pearl Harbor".
L'inchiesta concluse censurando il gen. Short comandante del dipartimento delle Hawaii, l'amm. Kimmel comandante della flotta del Pacifico e l'amm. Stark capo delle operazioni navali (capo di stato maggiore della marina), i quali furono "esclusi da incarichi richiedenti qualità superiore di giudizio". Inoltre la Commissione d'inchiesta dell'esercito formulò critiche sull'operato del segretario di Stato agli Affari esteri Cordell Hull e del capo di stato maggiore dell'esercito gen. Marshall. Contro tali critiche prese posizione il segretario di Stato alla Guerra Stimson "ritenendole del tutto ingiustificate" e concludendo che il gen. Marshall aveva anche in questa occasione dimostrato l'abituale "maestria e capacità". Il presidente Truman si associò a questo giudizio. Il rapporto della Commissione d'inchiesta dell'esercito riconosce che "l'attacco fu una sorpresa per tutti: nazione, dipartimento della guerra e dipartimento delle Hawaii. Fu temerario, ben concepito e ben eseguito; esso colse le forze della difesa praticamente impreparate a fronteggiarlo o a diminuirne gli effetti". Il 30 agosto 1945, nel trasmettere i documenti al Congresso, Truman scrisse la seguente dichiarazione: "Li ho letti (i rapporti su Pearl Harbor) molto attentamente e sono giunto alla conclusione che l'intiera faccenda è il risultato della politica seguita dal paese. Esso non aveva ancora compreso il dovere di essere preparato. Il Congresso soffocava ogni programma di preparazione proposto dal presidente. Ogni qualvolta il presidente faceva una dichiarazione sulla necessità di essere pronti lo si diffamava. Il biasimo per la situazione venutasi a creare a Pearl Harbor deve secondo me ricadere tanto sull'intiero paese quanto su particolari persone".