PEGASO (Πήγασος)
Nell'arte figurata della Grecia antica, i due motivi paralleli del cavallo alato e di P. - quest'ultimo è a volte rappresentato senz'ali - si affiancano e si incrociano sino a partire dall'età subgeometrica. Il cavallo alato, da un punto di vista iconografico di origine assira e poi fenicia, viene introdotto di buon'ora nel mondo ellenico a figurare cavalli di origine divina, cavalli di alcune particolari divinità, o semplicemente cavalli di velocità soprannaturale. Cavalli alati di personalità ancora più indeterminata appaiono come elementi caratteristici dell'età orientalizzante accanto a leoni, capri e cinghiali alati tanto nella ceramica cicladica o corinzia, quanto in lamine di metallo sbalzato del VII e VI sec. a. C. Più tardi, a partire dall'arcaismo maturo, scompare l'interesse per gli animali favolosi e ancora una volta il cavallo alato viene a raffigurare unicamente Pegaso. Questo ultimo possiede invece un carattere e una personalità mitica assolutamente precisa e ben circoscritta. Figlio della Gorgone Medusa e di Posidone; figura principalmente nelle storie di Bellerofonte, eroe corinzio che è con ogni verosimiglianza un'antica divinità che viene ad esser sostituita o a confondersi con Posidone Hippios.
La storia di Bellerofonte è una vecchia saga corinzia, e indubbiamente il fatto che l'eroe doma e poi conquista l'amicizia del prodigioso cavallo è da porre in relazione con il culto di Atena Kalinitis, o Hippia, colei a cui si attribuiva l'invenzione delle redini e che ebbe un culto particolare a Corinto. In Omero P. non è ricordato come l'indispensabile alleato di Bellerofonte nell'impresa contro la Chimera: mentre in Esiodo la genealogia e le funzioni di P. sono già chiaramente fissate. E assai di buona ora documenti figurati di questa saga corinzia s'incontrano in monumenti dei più diversi in tutto il mondo ellenico. Così alle superbe evocazioni della ceramica corinzia e protocorinzia si affiancano opere come il pìnax cretese di Gortyna o il piatto di Thasos che ancora nel VII sec. fissano in termini definitivi la saga di Bellerofonte.
Affiancato agli splendidi cavalli alati della mitra e dell'elmo di Axòs - per i quali non è stato fatto il nome di P. - nel pìnax cretese di Gortyna il miracoloso cavallo ci appare povero e disgregato, impennato sui posteriori, una grande ala ricurva che si arriccia sotto il ventre come per un tentativo di proiezione obliqua. Nel piatto di Thasos datato entro la seconda metà del VII sec. le ali si aprono normalmente verso l'alto, riunite in una singola curva a crescente. Permane tuttavia anche in questa figurazione lo schema d'attacco e l'obliquo impulso ascensionale che s'incontra ancora più esaltato nei rilievi bronzei di Olimpia. In questi ultimi, probabilmente anch'essi opere corinzie; il minuscolo Bellerofonte è appiedato al centro tra i due giganteschi animali, P. eretto quasi verticalmente sui posteriori. A questi slanci esasperati fa contrasto la limpida, contenutissima opposizione della kotöle di Egina in cui i due mirabili mostri si fronteggiano immobili come in una intollerabile tensione. Se a questi documenti si aggiungono le figurazioni sulla ceramica attica, e dopo la metà del VI sec. a. C. le edizioni calcidesi e l'apparizione isolata su una situla di Daphne, si può avere un'idea adeguata della diffusione e popolarità del vecchio mito corinzio.
In Attica le figurazioni di P. con Bellerofonte, staticamente opposto alla Chimera secondo la tradizione della kotöle di Egina, s'incontrano a partire dalla fine del VII sec., capoliste due sontuose anfore di Vari in cui le ali del miracoloso cavallo si aprono in elaboratissime volute. E tra infiniti altri esempî, è da ricordare in ambiente attico un fondo di coppa del Pittore di Heidelberg (Louvre, A 478) in cui Bellerofonte appare montato su P. e armato di tridente, con indiscutibile richiamo al padre di entrambi Posidone.
In età arcaica è solo per associazione o per qualche speciale ravvicinamento che siamo autorizzati a riconoscere P. in figure isolate ai cavalli alati. Ovviamente, dato che Bellerofonte è un poco l'eroe nazionale di Corinto, sarà P. il cavallo alato che per molti secoli appare sulle monete di questa città opposto a una testa di Atena. E ancora in considerazione di Atena Kalinitis-Hippia che chiamiamo Pegasi i cavalli alati che decorano l'elmo della dea nella nota immagine del Pittore di Altamura nel Louvre o persino nella Parthènos di Fidia. Così come a Thasos; dopo lo smagliante piatto con Bellerofonte e la Chimera, potremo dare con ogni tranquillità il nome di questo eroe al giovinetto montato su cavallo alato che compare su tutta una serie di antefisse fittili a partire dalla metà del VI sec. a. C. E di qui per una naturale estensione riconosceremo P. nelle superbe protomi marmoree di cavalli alati dell'Herakleion sempre di Thasos. Sarà ancora da riconoscere P. in un cavallo non alato che appare in congiunzione a una Chimera in una lamina bronzea frammentaria della serie argivo-corinzia, e forse persino nei cavalli alati in schema araldico che ritornano nelle stesse lamine. P. sarà da riconoscere nel fondo di un piccolo piatto attico della metà del VI sec. nel British Museum con una grande ala abbassata e forse Pegasi sono i cavalli alati che incontriamo usati a coppia come interpunzioni nelle più antiche coppe a figure rosse, come in sostituzione delle palmette.
Statue di Bellerofonte e di P. sono ricordate a Corinto e nel Poseidonion dell'Istmo. Del gruppo di Corinto sappiamo che era situato presso una fontana dove l'acqua veniva a sgorgare dallo zoccolo del mirabile cavallo come a confermare la sua connessione con una sorgente (Paus., 2, 1, 9 e 2, 3, 5). Statue di Bellerofonte non sono giunte sino a noi se si escludono alcuni incompleti e modestissimi trapezophòroi come quello di Alessandria e di Tolosa: anche la statua Giustiniani ritenuta rappresentare questo eroe è stata infatti riconosciuta come una replica del Mithra di Kriton (v. G. Becatti, Boll. d'Arte, 1957, p. 1 ss.). Più stimolante per la rarità dello schema e per la sua stessa incompletezza appare la raffinata statuetta bronzea di Firenze in cui non resta che il braccio dell'eroe a serrare al collo P. impennato, come a suggerire la scena della conquista del meraviglioso cavallo. Un motivo statuario è ugualmente da supporre per l'archetipo del grande, notissimo rilievo Spada, il cui schema ritorna in monete del Ponto e in alcuni sarcofagi, tra cui quello notissimo di Atene in cui altre note immagini statuarie sono introdotte, quali l'Afrodite di Capua, il Diomede ecc. Il rilievo Spada propone un momento di quieto accoglimento, quasi di sospeso idillio. P. beve profondamente a una fonte, lo snello collo teso e la testa abbassata e Bellerofonte gli è presso, immobile e rassicurante. E il dialogo tra il nitido e teso corpo dell'eroe e lo smagliante piumaggio del cavallo, si placa come a indicare la profonda intesa e comprensione che esiste tra i due.
Nella ricchissima serie di figurazioni nella ceramica attica a figure nere e poi rosse, P. è il costante compagno di Bellerofonte nella sua battaglia contro la Chimera. Eccezionalmente l'eroe ci appare smontato, per lo più è in unione al cavallo alato che egli impegna la sua lotta. E se nelle figurazioni più antiche il tema si esaurisce in un semplice duello, a cui a volte assistono divinità benevole, in specie Atena, nei vasi attici più recenti, come nel grande cratere a calice di Genova, o nel retro del vaso dei Persiani, i termini sono quelli di una impresa collettiva, come quella della caccia calidonia, con schiere di eroi attaccanti, su cui campeggia in alto Bellerofonte sul suo divino cavallo. Motivo che, isolato, assume quasi il valore concentrato di uno schema araldico e che viene a decorare stabilmente dei tondi, a partire dall'ònos di Atene n. 2179 sino a infiniti piatti italioti.
Nella ceramica italiota ugualmente, per effetto dei soliti influssi della tragedia, compare anche con una certa frequenza il motivo romantico della storia di Stheneboia e di re Proitos. Anche in questi casi P. accompagna fedelmente il suo eroe, alle volte sino alle soglie o addirittura dentro il palazzo reale. La scena in definitiva ci appare non diversa da uno dei consueti congedi di giovani eroi che partono per la guerra o per imprese indeterminate, se non fosse per una più intensa e appassionata partecipazione da parte del cavallo alato.
La nascita di P. è un altro motivo mitico che incontra notevole fortuna nell'arte figurata. Le rappresentazioni più antiche tuttavia sembrano evitare il fatto troppo repulsivo e crudele della mostruosa nascita dal collo tagliato della Gorgone. Nel frontone di Corfù poi può trattarsi non tanto della nascita quanto della presentazione della Gorgone in gloria attorniata dai figli, P. e Chrysaor. Nella metopa di Selinunte invece può parlarsi di uno di quei singolari fenomeni di prolepsi, il piccolo cavallo dalle ali rudimentali che si materializza tra le braccia della Gorgone prima ancora che Perseo assesti il colpo mortale. Si ha l'impressione che gli artisti più che raccontare tentino di indicare con oscure allusioni i rapporti che intercorrono tra la Gorgone e P.; così nel vaso figurato corinzio di recente rinvenuto a Siracusa dove la Gorgone cavalca un piccolo cavallo senz'ali, o il singolarissimo, restaurato gruppo di bronzo dalla Svizzera con uno schema affine.
Nella ceramica attica a figure nere e a figure rosse tale ritegno non è più sentito, e già nella coppa di Siana B. 380 del British Museum il piccolo cavallo emerge curiosamente dal collo troncato, come a sostituire la testa mancante. Immagine di elementare crudezza che ha una certa fortuna e che si ritrova nel sarcofago cipriota di Golgoi. Mentre in una tarda lèkythos di New York assegnata ai Pittore di Diosphos si assiste a un singolare caso di geminazione, con due protomi equine emergenti dal collo troncato. Dal fatto di questa nascita crudele e mostruosa deriva una curiosa relazione tra Pegaso e l'uccisore di sua madre, l'altro famoso eroe peloponnesiaco Perseo. Nelle serie dei rilievi meli, probabilmente anch'essi di produzione corinzia, si ritrova un curioso parallelismo tra Bellerofonte planante sulla Chimera e Perseo, anch'egli a cavallo sopra la Gorgone decapitata che si affloscia a terra. Se alcune minute differenze esistono tra i due eroi, i cavalli sono assolutamente identici, colati nella stessa forma e in tutti e due i casi senz'ali. E poiché non è nelle possibilità della favola che Perseo arrivi a cavallo nei paesi lontani ai margini del mondo dove vivono indisturbate le Gorgoni è da ritenere che l'eroe cavalchi, appunto, il miracoloso cavallo appena allora emerso dal collo troncato di Medusa.
P. appare in varî modi associato alle fonti e all'acqua, come è consistente con la natura di dio marino del padre e la sua stessa concezione presso una palude. E le immagini di Corinto che lo raffiguravano facendo sgorgare l'acqua dallo zoccolo preparano la strada alla più gloriosa delle fontane, quella dell'Elicona, l'Ippocrene a cui si dissetavano poeti e cantori, nata anch'essa da uno zoccolo di Pegaso. L'associazione di P. con Apollo e le ninfe non sembra essere molto antica: anche perché essa risponde a quella particolare concezione simbolica del cavallo alato che sta a significare ogni più alto impulso poetico. E le uniche figurazioni che è dato ravvicinare a questo aspetto trascendente e allusivo del mito sono quelle relative a una sorta di glorificazione di P. con le ninfe o le Muse che lo lavano e lo ornano presso una fonte o in uno specchio d'acqua (affresco perduto dalla Villa dei Nasoni, mosaico della cosiddetta Villa del Nilo di Leptis).
In età romana P. sembra assumere un altro aspetto simbolico, quello dell'immortalità. Così egli ci appare nella decorazione pittorica di ipogei. E questo è forse il significato che occorrerà dare ad alcune tarde lampade bronzee decorate con il cavallo alato.
Monumenti considerati. - Pìnakes di Gortyna: Annuario Sc. Atene, xxxiv-xxxv, 1955-1956, pp. 261; 266. Piatto di Thasos: Bull. Corr. Hell., lxxxiii, 1959, p. 781. Bronzi di Axos: Annuario Sc. Atene, xiii xiv, 1930-1. Kotöle di Egina: v. bellerofonte, pittore di. Bronzi di Olimpia: Jahrbuch, liii, 1938 (Arch. Anz.), p. 360. Hydrìai calcidesi Orvieto e Bonn: A. Rumpf, Chalkidische Vasen, n. 150, 151. Anfore di Vari: H. Kubler, Altattische Malerei, p. 84 s. Coppa del Pittore di Heidelberg, Cabinet des Médailles, n. 314: C. V. A., tav. 45. Atena del cratere a calice del Pittore di Altamura: N. Jalouris, in Museum Helveticum, vii, 1950. Antefisse di Thasos: Etudes Thasiennes, ii, 1959, p. 130. Pegasi di Thasos: Bull. Corr. Hell., lviii, 1934, p. 262. Lamine bronzee argivo-corinzie: E. Kunze, Schildbänder, p. 71. Trapezophòros di Alessandria: Röm. Mitt., xxxviii-xxxix, 1923-4, p. 264. Rilievo Spada: Schreiber, Hellenistische Reliefbilder, tav. 3. Cratere a calice di Genova: Jahrbuch, lxxi, 1956, fig. 9. Coppa di Siana al British Museum: Journ. Hell. St., v, 1888, tav. 43. Rilievi melî: Jacobstahl, Melische Reliefs, 1931, n. 61-62. Pitture dei Nasoni, mosaico di Leptis: Africa Italiana, iv, 1937, p. 35.
Bibl.: Roscher, III, 1897-1902, c. 1727 ss.; L. Malten, in Jahrbuch, XL, 1925, p. 121 ss.; H. Payne, Necrocorintyia, Oxford 1927; G. Türk, in Pauly-Wissowa, XIX, 1937, p. 56 ss.; F. Cumont, Symbolisme funéraire, Parigi 1942; F. Brommer, in Marburger Winckelmannspr., 1952-4; K. Schauenburg, in Jahrbuch, LXXI, 1956, p. 59 ss.; id., in Jahrbuch (Arch. Anz.), LXXIII, 1958, p. 21 ss.; F. Brommer, Vasenlisten Marburg-Lahn 1960, p. 220 ss.