PEGNO
. Diritto romano. - Nel diritto romano il pegno (pignus), a differenza della fiducia - che consisteva nel trasferimento della proprietà - consisteva nel trasferimento del possesso di una cosa mobile o immobile, a garanzia di un'obbligazione, al creditore, restandone la proprietà al debitore. Il nome risale certo a un'età antichissima, data l'esistenza di una legis actio per pignoris capionem; più tardi il creditore pignoratizio, essendo possessore, fu tutelato dal pretore con gl'interdetti possessorî, quando fosse stato turbato nel possesso della cosa pignorata o ne fosse stato spogliato; da ultimo, verso la fine della repubblica, il pretore concesse una azione, dapprima in factum, al costituente il pegno per ottenere la restituzione della cosa pignorata, quando l'obbligazione garantita fosse venuta meno (actio pigneraticia). In tal modo si apriva la via per far entrare la convenzione costitutiva di pegno fra i contratti reali; e nelle fonti giustinianee il pegno è appunto annoverato fra i contratti reali. È quindi necessario tenere distinto il contratto reale di pegno dal diritto di pegno che il creditore pignoratizio esercita sulla cosa pignorata, e che con l'introduzione dell'actio quasi Serviana o pigneraticia in rem, esperibile contro chiunque fosse in possesso della cosa, divenne un diritto reale. Come contratto reale, il pegno esigeva la trasmissione della cosa; ma, accanto a questa forma di pegno manuale, e forse abbastanza presto, ne sorse un'altra in cui non si trasmetteva al creditore pignoratizio il possesso della cosa pignorata, bensì questa restava presso il debitore: da questa, alla cui protezione giuridica si arrivò soltanto indirettamente e dapprima rispetto agli strumenti di coltura introdotti dal colono nel fondo preso in affitto (invecta et illata), si svolse l'istituto dell'ipoteca (v.).
Rinviando alla trattazione dell'ipoteca per tutto quanto riguarda il pegno convenzionale, aggiungeremo qui che oggetto del pegno sono propriamente le cose corporali, le sole capaci di possesso (essendo ammesso anche il pegno di cosa altrui), e anche una universalità di cose; nel diritto giustinianeo oggetto del pegno possono essere anche diritti reali su cosa altrui, come l'enfiteusi, la superficie (Albertario), l'usufrutto, e persino le servitù rustiche; di più, nelle fonti si parla anche di un pegno di crediti (pignus nominis), il quale peraltro è piuttosto una forma di cessione condizionale dei crediti. Il pegno si può costituire per volontà privata o per legge, ma questo ultimo modo, come pure le varie forme di pubblicità che spuntano nell'età postclassica, riguarda piuttosto l'ipoteca. Si ha pure una figura di pegno giudiziale nel pignus in causa iudicati captum del processo extra ordinem, consistente nell'apprensione di una o più cose determinate per venderle all'asta e soddisfarsi sul prezzo: si suole pure parlare, ma impropriamente, di pegno pretorio rispetto alle varie missiones in bona o in possessionem accordate dal magistrato in determinate ipotesi. Il creditore pignoratizio, prima che sia scaduta l'obbligazione garantita dal pegno, non può far uso della cosa né percepirne i frutti, salvo il patto anticretico (v. anticresi), cioè la convenzione che i frutti valgano come interessi del credito garantito dal pegno. Il suo possesso non conduce all'usucapione.
Scaduta l'obbligazione e soddisfatto il creditore, questi deve restituire la cosa con tutte le accessioni e i frutti. Se invece non è stato soddisfatto, nel diritto classico ha la scelta tra l'appropriarsi la cosa (lex commissoria) e il venderla (ius distrahendi): ma già all'epoca dei Severi il ius distrahendi è sottinteso, salvo patto contrario, e più tardi la lex commissoria viene abolita da Costantino. Nel diritto giustinianeo resta il ius distrahendi come elemento essenziale del rapporto cui non si può per patto derogare, ma gli sopravvive accanto l'impetratio dominii, consistente nella facoltà del creditore, qualora nessun compratore si sia presentato, di rivolgersi all'imperatore per ottenere, sotto determinate condizioni, l'attribuzione in proprietà della cosa.
Estinguevano, infine, il pegno la distruzione della cosa, la confusione, la rinuncia del titolare, e inoltre qualsiasi causa che estinguesse l'obbligazione garantita.
Diritto moderno.
La parola pegno nell'uso comune si adopera per indicare la cosa che si dà in garanzia di un'obbligazione; nel linguaggio giuridico indica il contratto con il quale il debitore dà al creditore una cosa mobile per sicurezza del credito. Il codice civile regola questo contratto negli articoli 1878-1890.
Il diritto che il creditore acquista sulla cosa datagli in pegno è un diritto reale valevole erga omnes, il cui contenuto è il possesso della cosa e la facoltà di perseguirla presso chiunque se ne sia impossessato: praticamente però questa facoltà soffre grave limitazione dalla regola, stabilita nell'art. 707 del cod. civ., secondo la quale il possesso di cose mobili produce a favore dei terzi di buona fede l'effetto del titolo; quindi solo nei casi in cui questa regola non sia applicabile, cioè in caso di mala fede, di furto e di smarrimento (art. 708, 709), la persecuzione della cosa da parte del creditore pignoratizio è possibile. Analogo al diritto di pegno è quello d'ipoteca (v.); mentre questo ha per oggetto di regola le cose immobili, quello non può avere per oggetto che cose mobili. Tutte le cose mobili, corporali e incorporali, che sono in commercio, possono essere oggetto di pegno; anche i diritti di credito possono esserlo.
La forma richiesta dalla legge per il contratto di pegno è l'atto pubblico o la scrittura privata, a meno che il valore della cosa non ecceda le lire cinquecento (art. 1880). Il semplice consenso, però, quale risulta dallo scritto o dall'accordo verbale, dà luogo all'obbligazione di costituire il pegno; ma il diritto di pegno non è costituito se non mediante la consegna effettiva della cosa (art. 1882). È questa una conseguenza della realità del diritto di pegno; né tale conseguenza si limita a questo, perché il possesso deve permanere nelle mani del creditore (o di un terzo scelto dalle parti); se il creditore (o il terzo) perde il possesso, il diritto di pegno è anch'esso perduto (art. 1882). Il possesso, pertanto, adempie per le cose mobili all'ufficio che per le cose immobili è compiuto dalla trascrizione dell'ipoteca nel pubblico registro; è evidente che col possesso della cosa in mano del creditore (o del terzo scelto dalle parti) è evitato ogni pericolo di frode a danno di terzi, che potrebbero essere tratti in inganno dal vedere la cosa in possesso del debitore o di altri.
Come fu detto, anche un diritto di credito può essere oggetto di pegno; ma come si provvede in questo caso alla consegna o trasmissione del possesso? Se il credito risulta da un titolo o documento, si consegna questo; quando manchi qualsiasi titolo o documento, si potrà sopperire con la notificazione al debitore della costituzione del pegno; si pone in essere, in altri termini, una cessione del credito con lo scopo limitato di garanzia; la notificazione al debitore serve per accertare di fronte ai terzi l'avvenuta cessione, secondo il sistema adottato dal codice in questa materia (art. 1539) Questo punto è però controverso, ritenendo alcuni sulla base dell'art. 1881 che il pegno non possa costituirsi su crediti se non quando questi risultino da atto pubblico o da scrittura privata; anche quando così risultino, il codice richiede la notificazione al debitore che il credito è stato dato in pegno.
Il creditore ha il diritto di ritenere la cosa finché non sia stato interamente soddisfatto; un parziale pagamento non dà al debitore il diritto di domandare la restituzione di parte del pegno (art. 1888). In altri termini, il pegno è indivisibile; l'indivisibilità opera anche quando al debitore o al creditore siano succeduti più eredi (articolo 1889). È notevole che le parti possono disporre diversamente, quando la cosa data in pegno sia divisibile.
Il creditore è obbligato a custodir la cosa con la diligenza di un buon padre di famiglia (art. 1224, 1885); e non può servirsi per uso proprio della cosa se non quando il debitore gliel'abbia consentito; se però l'oggetto del pegno è un credito, e questo sia produttivo di interessi, il creditore ha diritto di esigerli imputandoli a quelli che gli sono dovuti per il suo credito, o al capitale, se il suo credito sia infruttifero (art. 1886).
Venuto il tempo di eseguire l'obbligazione, se il debitore l'esegue, ha diritto alla restituzione della cosa (art. 1878, 1888); se non l'esegue, il creditore ha il diritto di farsi pagare con privilegio sulla cosa pignorata (v. privilegio), cioè con preferenza sugli altri creditori (art. 1879). Il creditore non può mai appropriarsi di propria autorità la cosa pignorata, neanche se il debitore ve l'avesse espressamente autorizzato (art. 1884). Il patto in questo senso era valido, come si è già detto sopra, nell'antico diritto romano ed era chiamato patto commissorio; ma già nel diritto romano più recente era vietato, perché era divenuto un patto cosiddetto di stile, che, cioè, inserivasi in tutti i contratti di pegno, senza che il debitore nel suo stato di soggezione verso il creditore potesse impedirlo; è evidente che tale patto, nel caso frequente che il valore del pegno superasse quello del debito, era grandemente dannoso per il debitore.
Il creditore dovrà pertanto ricorrere all'autorità giudiziaria per ottenere l'autorizzazione o a trattenere la cosa in pagamento sino a concorrenza del debito secondo la stima da farsi per mezzo di periti, oppure a venderla all'incanto (art. 1884).
Il codice di commercio contiene alcune regole speciali sul pegno negli articoli 454-460, con particolare riguardo al pegno di cambiali o altri titoli all'ordine, di azioni o obbligazioni di società, di merci depositate nei magazzini generali.
Un pegno speciale è quello che ha per oggetto le navi; si chiama anche ipoteca navale, perché esso si attua mediante un sistema di pubblicità analogo a quello dell'ipoteca, cioè mediante l'iscrizione in un pubblico registro; in tal modo si ha il vantaggio che il debitore rimane in possesso della nave (art. 485 cod. di comm.).
Simile disciplina è stata adottata per gli aeromobili (r. decr. 20 agosto 1923, n. 2207) e per gli automobili (r. decr. 1 m) arzo 1927, n. 436). Leggi speciali regolano i pegni presso i monti di pietà, o presso le banche o altri istituti autorizzati a fare operazioni di prestito sopra pegno (art. 1890 c. civ.).
Bibl.: Diritto romano: G. Segrè, Sull'età dei giudizi di buona fede di commodato e di pegno, in Studi in onore di C. Fadda, Napoli 1906, VI, p. 331 segg.; P. Bonfante, Ist. di dir. rom., 9ª ed., Milano 1932, p. 430 segg.; V. Arangio-Ruiz, Ist. di dir. rom., 3ª ed., Napoli 1933 p. 253 segg.; G. La Pira, La struttura classica del pignus, in Studi in onore di F. Cammeo, Padova 1933, II, p. 3 segg.; id., La struttura classica della conventio pignoris, in Studi in memoria di U. Ratti, Milano 1932, p. 225 segg.
Diritto moderno: oltre i trattati generali di diritto civile v.: Jannuzzi, Studi sul pegno, in Filangieri, 1880, p. 188 e segg.; F. Bianchi, Il pegno commerciale, Macerata 1883; L. Bolaffio, Il deposito e il pegno irregolari, Città di Castello 1891; G. Bonelli, La tradizione del titolo nel pegno dei crediti, Città di Castello 1893; P. Fiore, Il diritto civile italiano, parte 12ª, Napoli-Torino 1915; G. P. Chironi, Trattato dei privilegi ipoteche e pegno, Torino 1928; S. Romano, Natura giuridica del pegno di crediti, Milano 1928.