PELAVICINO (o Pallavicino), Oberto, marchese
Figlio di Guglielmo detto Pelavicino (morto nel 1217), fu un grande capo del partito ghibellino in Lombardia e in Emilia verso la metà del sec. XIII; apparteneva a una famiglia feudale, che aveva feudi nel Piacentino, Parmigiano e Cremonese. Poco noti sono i suoi inizî: rettore ad Alessandria guelfa nel 1224 e capo dei popolari di Piacenza contro i nobili fuorusciti nel 1234, nel 1238 è già con Federico II nel campo contro Brescia e l'anno dopo (11 dicembre) è creato vicario imperiale di Lunigiana e Pontremoli, e nel 1243 (quando ha già il titolo di marchese), è messo a capo del nuovo vicariato di Versilia, Garfagnana e Lunigiana. Collaboratore fra i più attivi di Federico a Faenza nel '40, a Reggio come podestà nel '46, nel '47-48 a Parma, nel 1250, podestà di Cremona, vendicava sui Parmigiani, nel sito della distrutta Vittoria, la sconfitta imperiale di due anni prima. La morte di Federico II non arrestò la sua ascesa: vicario imperiale a valle del Lambro per Corrado IV, a cui aveva giurato fedeltà a Goito nel novembre 1251, mira dopo la morte di lui, a crearsi una signoria personale sotto la bandiera dell'impero, giovandosi delle lotte fra le città e i partiti, divenendo podestà e poi signore di Pavia (1253), Cremona e Piacenza e stringendosi con Ezzelino da Romano per resistere ai guelfi. Ma l'acquisto in comune di Brescia nel 1258 fece prorompere fra i due alleati il dissidio già delieatosi con l'adesione di Oberto a re Manfredi, inviso all'altro. Allora il P. si unì a Manfredi e ad Azzo d'Este (11 giugno 1259) e contribuì al crollo di Ezzelino a Cassano. Malgrado l'ostilità del papa, che avendolo scomunicato nel 1254, quale protettore di eretici, non volle riconoscere l'assoluzione che gli era stata data, parve salire a più alto grado di potenza, quando i Torriani, in odio ai nobili ghibellini fuorusciti, lo fecero capitano generale e signore per 5 anni di Milano nel 1260, mentre era riconosciuto tale a Brescia, Pavia, Piacenza, Alessandria, Cremona e Tortona. Ma era signoria senza base, fondata su mutevoli condizioni locali.
La riscossa guelfa del 1264-65 per la venuta di Carlo d'Angiò lo cacciò da Milano e in breve fu ridotto al solo Borgo S. Donnino, da cui pure allontanato, si ridusse a morire l'8 maggio 1269 a Gisalecchio presso Pontremoli. Da un figlio suo Manfredino vennero le linee dei marchesi di Tabiano, Busseto, ecc.
Bibl.: Litta, Fam. nob. it., VI, n. 78, I, XIV; I. Affò, St. di Parma, III.