PELEO (Πηλεύς, Peleus)
Eponimo del monte Pelion, come indica il nome, con ogni probabilità una antica divinità tessala, che presto ebbe figura e destino di un principe e di un eroe. Accanto all'ambiente tessalo P. appare collegato con la dinastia degli Eacidi e quindi con Egina. Figlio di Eaco, egli appare fratello o compagno inseparabile di Telamone: e i suoi mutamenti di patria vengono giustificati con una serie di tragiche vicende, quali le uccisioni di Phokos e di Eurytion, che lo spingono a cercare asilo in terre sempre più lontane in un esilio condiviso dai suoi fedeli guerrieri Mirmidoni.
La lunga e variegata storia di questo eroe in parte riferibile a una supposta epica Pelèide è arrivata sino a noi attraverso documenti indiretti e frammentarî, per modo che P. ci appare protagonista di una serie di quadri disgiunti, se non addirittura inconciliabili e contraddittorî. Allo stesso modo la tradizione iconografica sembra abbia scelto elementi assai diversi di questa storia, così che solo in parte possiamo intendere l'importanza e l'individualità del personaggio. In ogni modo P. ci appare come uno dei rappresentanti più brillanti e più vividamente illuminati di quella generazione di eroi che partecipa alla spedizione degli Argonauti: così lo incontriamo nelle figurazioni dei giochi funebri di Pelia, nella caccia di Kalydon e in altre imprese collettive. A rigore sembra di dover notare una certa inconciliabilità tra l'eroe puramente tessalo, perseguitato dal subdolo re Akastos (che è anche il nemico di Giasone), implicato in una tragica vicenda che si conclude con il suicidio della moglie Antigone, e quell'eroe tra i maggiori, prediletto dagli Olimpi e sposo della più illustre delle nereidi. D'altra parte le due figure hanno tanti elementi in comune, sono ambedue radicate in terra tessala e appaiono costantemente in strette relazioni di amicizia o di consanguineità con i centauri del Pelion.
Estremamente scarsa è la documentazione figurata riferibile alle saghe strettamente locali di Tessaglia. Recentemente sono state riconosciute due curiose figurazioni di P. abbandonato nella montagna selvaggia e assediato da animali feroci, sempre in conseguenza delle persecuzioni di Akastos: si tratta di due pitture di vasi a figure nere databili intorno al 530-520 a. C. in cui l'eroe è raffigurato in alto su un albero attorniato da un cinghiale e altri animali minacciosi. Meno sicura è l'identificazione di un calunnioso attacco di Ippolito contro P. dinanzi ad Akastos, che sarebbe figurato in una hydrìa del Pittore di Antimenes nel museo di Berlino (n. 1890).
Le figurazioni dei giochi funebri in onore di Pelia, anche se rimangono ancorate in ambiente tessalo, hanno un carattere decisamente panellenico. Così nel cratere di Amphiaraos a Berlino, accanto ai più famosi eroi della Grecia P. è figurato in lotta contro l'oscuro Hippalkimos (nell'Arca di Kypselos il suo avversario sarebbe Giasone). Più spesso, e in uno schema assolutamente analogo, P. lotta contro Atalanta. Tale motivo si incontra in una famosa hydrìa calcidese e praticamente in tutte le fasi della ceramica attica a figure nere e rosse a partire dall'arcaica hydrìa di Manchester, che è alla base del così detto Gruppo di Atalanta, sino alla fine del V sec. a. C. Le ultime versioni su alcune coppe assegnate al Pittore di Aberdeen trovano poi una trascrizione quasi letterale in uno specchio etrusco. È caratteristico per l'atteggiamento statico e contemplativo dell'arte greca di questo periodo che in almeno due coppe di quest'ultimo stesso maestro, troviamo P. e Atalanta che fraternizzano in luogo di cimentarsi alla lotta, nella facile familiarità della palestra. A giudicare da un frammento quasi illeggibile è da presumere che la scena fosse ripetuta nella serie delle lamine di bronzo da scudi di Olimpia. Per quanto è dato giudicare dal costume dell'eroina e dalle figure accessorie, la lotta con Atalanta sembra aver luogo in un ambiente di palestra o al più di giochi solenni. Nel caso della hydrìa calcidese invece la presenza di una grande testa di cinghiale sembra introdurre ancora una volta il tema della caccia calidonia.
Anche in quest'ultima impresa P. figura tra i primissimi eroi accanto a Meleagro e ai Dioscuri. Così nel vaso François, dove è in coppia con Meleagro, nell'anfora di Tarquinia del Pittore di Camtar, o nella coppa di Glaukytes a Monaco. In queste figurazioni P. barbato e in costume di caccia, ad eccezione del nome iscritto appare indistinguibile dai suoi compagni. In effetti i suoi caratteri sono quelli di una classe, quella degli eroi, e di un'epoca, piuttosto che di un personaggio individuale. E ugualmente il P. barbuto e membruto che incontriamo impegnato in una caccia al cervo in una nota coppa del Pittore di Kodros nel museo di Berlino non è che il prodotto di un atteggiamento mentale della matura classicità che sembra sdegnare gli eroi adolescenti.
Un'ultima dipendenza dalla caccia di Kalydon sembra di dover vedere in un grande cratere a volute tarantino del museo di Napoli in cui Teseo e P. compagni di Meleagro, appaiono in funzioni di dolenti, seduti a terra dinanzi all'edicola in cui l'eroe si spegne con teatrale drammaticità.
Tutti questi fatti peraltro non sono che episodî collaterali o preliminari a quello che è l'aspetto più vero ed essenziale di P., quello di sposo di Teti e padre di Achille. Come è noto, è impossibile ricondurre a una singola fonte la tradizione che rende le nozze di P. e Teti come una conquista violenta da parte dell'eroe, attraverso agguati e lotte complicate da fantasmagoriche trasformazioni della dea, e quella che parla espressamente di un comando divino e di solenni cerimonie sancite dall'intervento di tutti gli dèi. D'altra parte le due storie, che tradiscono in realtà origini diverse, non sono tali da escludersi a vicenda: e certo nella tradizione figurata esse compaiono più o meno contemporaneamente e negli stessi ambienti artistici. Sull'Arca di Kypselos ad esempio era figurata la lotta tra P. e Teti, mentre, per restare in ambiente corinzio, un cratere del Louvre (E 639) e una lamina incompleta da Perachora, ripetono il motivo dell'agguato, con l'eroe tra i cespugli e uno svolio di nereidi in fuga. Alcuni frammenti della Collezione Scheurleer sembrano invece proporre il motivo del corteo nuziale.
Si può solo rilevare che, stando ai dati sinora in nostro possesso, in Attica le figurazioni del corteo nuziale dominano assolute nella prima metà del VI sec. a. C. Più tardi, dopo la metà del secolo, gli schemi di lotta sono in decisa predominanza. Tra le più antiche e solenni figurazioni delle nozze sono quelle che appaiono in alcuni frammenti di Sophilos e nel vaso François. In queste antiche immagini Teti è già nell'interno del palazzo dello sposo, mentre P. stante presso l'uscio semiaperto accoglie il corteo delle divinità auguranti. Altre volte la coppia è sul carro in mezzo agli dei festanti tra cui spicca la cetra di Apollo. E con ogni probabilità la fama di questo matrimonio semidivino, che è alla radice stessa del più illustre tra i poemi epici, l'Iliade, è tale, che almeno un certo numero di quelle anonime "partenze in carro" di una coppia di sposi dovranno essere intese come lontani o malintesi echi di questo evento.
Alle figurazioni del corteo nuziale con gli sposi sul carro succedono nella tecnica a figure rosse schemi meno solenni ed elaborati. Anche nell'esempio più antico e più insigne, la coppa di Euphronios dall'Acropoli, gli ospiti divini e gli sposi appaiono sullo stesso piano in un fregio continuo. Più rapido e disinvolto ancora procede il corteo nuziale nella pelìke del Pittore di Syleus (Louvre G 226), mentre eccezionale per il ritorno al vecchio schema e per la quieta ampiezza dello sviluppo il cratere a calice di Spina che ha dato il nome al Pittore di Peleo in cui l'eroe è in atto di ascendere sul carro accanto alla sposa velata.
Se le figurazioni delle nozze solenni sono relativamente limitate nel numero e spesso di altissima qualità artistica, numerosissime sono invece quelle che riportano l'agguato e la conquista violenta della sposa divina da parte dell'eroe. Più di 120 esempî a figure nere e 56 a figure rosse elenca F. Brommer nei suoi Vasenlisten: e altri potranno senz'altro venire ad aggiungersi. Si può anche osservare che se spesso di notevolissima qualità sono le rappresentazioni a figure rosse, quelle a figure nere sono spesso povere e meccaniche, sino a giungere alle frettolose, schematiche ripetizioni di bottega dei tardi pittori di lèkythoi, soprattutto del Pittore di Haimon. Comunque anche le figurazioni più antiche non vanno oltre il terzo venticinquennio del VI sec. a. C. e di conseguenza risultano separate da un notevole intervallo dagli schemi di agguato che appaiono nel cratere corinzio e nella laminetta di Perachora. Si può anche osservare che, non tanto l'agguato, quanto la vera lotta corpo a corpo è lo schema favorito dalla ceramografia a figure nere. Se la lotta con Atalanta è da pari a pari, con i due avversarî opposti fronte a fronte in uno sforzo ben bilanciato, per la nereide P. adotta la "presa" impiegata da Eracle per il Tritone, come a indicare certa qualità pericolosamente elusiva delle creature marine.
P. afferra Teti solidamente alla vita e tien fermo contro gli sforzi di lei, le trasformazioni e gli assalti degli animali marini e terrestri che intervengono in aiuto della dea. L'avvenimento si compie in mezzo al coro delle nereidi spaurite, quasi a suggerire la sorpresa in un clima di distesa serenità. E non di rado compare, testimone e alleato, il savio centauro Chirone.
Nella lunghissima storia di questo motivo figurativo sono frequenti, specialmente nei vasi a figure rosse, versioni altamente individuali e di alta qualità artistica. Tali l'abbraccio soffocante e gelido della famosa coppa di Peithinos, il primaverile assalto nella hydrìa del Pittore di Berlino ad Aberdeen o il bilanciato contrasto del doppio disco del Pittore di Pistoxenos nel museo di Atene. Di solito P. è un eroe adolescente, vestito di un sottile chitone e al più armato di spada. Quelle figurazioni in cui l'eroe è armato e dove in luogo dell'attacco il motivo è una fuga e un inseguimento sarebbero infatti, come ha indicato J. D. Beazley, da distaccare e da assegnare a Teseo e a una sua altrimenti oscura avventura con una nereide. Il nome di Teseo infatti rimane su una lekàne dell'Ermitage, in cui molti avevano sospettato una confusione. E in base a questo altri esempî in cui il nome manca, o dove è da sospettare un errore contrario, sono da assegnare piuttosto a Teseo. Confusioni sono quasi inevitabili in storie che si sviluppano con tanto ovvio parallelismo. Si ricordi anche che, quasi a confermare lo straordinario favore di questi inseguimenti d'amore, J. D. Beazley ha identificato un'altra storia di Zeus inseguitore di una nereide, in cui ricorrono gli stessi motivi delle sorelle fuggenti che ricorrono al padre Nereo. Dal tono generale delle figurazioni sicuramente riferibili a P. e Teti si ha piuttosto l'impressione che la dea, generalmente maggiore dell'eroe, immota sotto l'assalto amoroso, risulterebbe quasi sminuita da una fuga. Teti che ci appare eretta e dominatrice, così in tante figurazioni attiche come nel raffinatissimo rilievo melio, sembra possa essere sorpresa e magari dominata dall'attacco del piccolo eroe che la serra disperatamente, ma non già fuggire dinanzi alla minaccia imprevedibile. Del resto il parallelismo con Teseo non inatteso e anzi profondamente significativo per il nostro eroe, non fa che confermare quelle caratteristiche di adolescente bellissimo e dedito alle imprese d'amore che sono dominanti nell'eroe attico e che spesso ritornano per il suo collega di Tessaglia. P. infatti, che appariva barbato anche nella relativamente tarda coppa di Oltos in Bologna quando è in lotta con Atalanta, è sempre uno squisito eroe primaverile quando l'avversaria è Teti.
La figurazione della coppa del Pittore di Brygos nel museo di Tarquinia, che un tempo veniva intesa come Teti sorpresa nel sonno, viene ora assegnata alla storia di Arianna e Teseo. Mentre il vero, glorioso epilogo della lotta con Teti, la sposa conquistata, è reso con ogni evidenza in uno stàmnos del Pittore di Berlino in cui l'eroe guida la nereide timida e velata in consapevole trionfo dinanzi al fedele amico Chirone. Secondo una tradizione infatti le nozze sarebbero state celebrate nell'antro stesso del centauro.
La figura di P. scompare quasi completamente nell'arte figurativa della matura classicità e dell'ellenismo, lasciando il campo ai più popolari Teti e Achille. Inattesa è quindi la sua apparizione nel famoso sarcofago Albani, probabilmente di dipendenza neoattica, in cui P. siede accanto alla sposa, giovane ed eroico, in uno schema noto in rilievi votivi di Eracle.
È con una certa sorpresa che si è dovuto far risalire sino alla metà del VII sec. a. C. la tradizione dell'educazione di Achille per parte del centauro Chirone in base alla nota anfora protoattica di Berlino, da alcuni assegnata al Pittore della Brocca degli Arieti e da Kraiker al Pittore di Berlino A 9. Il padre P. che consegna il bambino, ci appare qui come una radiosa figura adolescente, come a fissare sin dalla più antica immagine, il carattere di serena poesia dell'eroe. A distanza di poco meno che un secolo segue un P. barbato nella coppa del Pittore di Heidelberg a Würzburg. E barbato appare generalmente l'eroe nella maggior parte dei vasi a figure nere in cui ritorna nella stessa scena. Mentre le varianti più notevoli sono invece nella figura di Achille che a volte è un infante nelle braccia del padre, a volte un fanciullo che avanza da solo verso il centauro con tutta confidenza.
È conservata invece solo in documenti di tarda età romana quali la Tensa Capitolina e un piccolo sarcofago nel chiostro di S. Paolo fuori le Mura una figurazione presumibilmente derivata da Apollonio Rodio, in cui il piccolo Achille in braccio al centauro saluta il padre che passa nella nave degli Argonauti dinanzi alle coste del Pelion.
Tra le infinite anonime scene di partenze di eroi, relativamente assai rare quelle sicuramente assegnabili, in genere per i nomi iscritti, alla partenza di Achille o di Pirro da Ftia. Come anziano re, dignitoso, statico e senza individualità P. non si differenzia da mille altre figure regali. Una caratterizzazione più vivida può vedersi nel piatto di Lydos in Atene, dove il vecchio eroe assiste all'armamento di Pirro.
Monumenti considerati. - Oinochòe New York, anfora Villa Giulia con Teseo sull'albero: Bull. Metr. Mus., v, 1946-1947, p. 255 ss. Hydrìa di Berlino F 1890: Eph. Arch., 1953-1954, p. 176. Hydrìa calcidese: A. Rumpf, Chalkidische Vasen, Berlino 1927, n. 10, tav. 23. Coppe del Pittore di Aberdeen, Boston, Villa Giulia: Greifswald: Röm. Mitt., lxiii, 1956, tav. 44, 2. Specchio etrusco: Roscher, iii, p. 1842. Lamina bronea da Olimpia: E. Kunze, Archaische Schieldbänder, Berlino 1950, tav. 50, 11. Anfora di Tarquinia 5564: Mon. Inst., xii, tav. 9. Coppa di Euphronios, Acr. 176: E. Langlotz, Akropolisvasen, tav. 8. Pelìke Louvre G 226: C.V.A., tav. 44, 4. Cratere a calice del Pittore di Peleo: S. Aurigemma, Spina2, p. 227. Cratere corinzio Louvre E 639: Jahrbuch, i, 1886, tav. x. Frammenti Scheurleer: Amsterdam Gids, n. 1291, tav. 57. Laminetta bronzea da Perachora: H. Payne, Perachora, i, tav. 49, 2. Hydrìa del Pittore di Berlino: Journ. Hell. Stud., lxx, 1950, p. 27. Lekàne Ermitage: Comptes Rendus, 1877, tav. 5, 6. Rilievo melio: P. Jacobstahl, Die melischen Reliefs, Berlino 1931. Stàmnos del Pittore di Berlino, Palermo: C.V.A., tav. 29. Sarcofago Albani: Röm. Mitt., lxi-lxii, 1953-1954, p. 211 ss. Anfora protoattica Berlino: J. D. Beazley, Development, tav. 4-1. Sarcofago San Paolo, Tensa Gapitolina: Röm. Mitt., xlii, 1927. Piatto di Lydos: C. Zervos, L'art en Grèce, Parigi 1934, fig. 141.
Bibl.: Höfer, in Roscher, III, 1902-9, c. 1827 ss.; A. Lesky, in Pauly-Wissowa, XIX, 1937, c. 271 ss., s. v.; K. Fr. Johansen, in Dragma M. P. Nilsson, Skrifter. Svenska Inst. Rom., I, 1939, p. 181 ss.; K. Schneider, Thetis im Verwandlungskampf mit Peleus in d. gr. Vasenmalerei, Breslavia 1941; M. Heidenreich, in Mitt. d. Inst., V, 1952, p. 134 ss.; E. Simon, in Röm. Mitt., LX-LXI, 1953-4, p. 211 ss.; Ch. Dugas, in Arch. Eph., 1953-4, Parte 1a, p. 176 ss.; J. D. Beazley, Development, p. 10 ss.; Fr. Brommer, Vasenlisten z. gr. heldensage, Marburg-Lahn, 2a ed., 1960, p. 240 ss.