OLIVARI, Pellegro
OLIVARI, Pellegro. – Nacque probabilmente a Genova nel primo quarto della seconda metà del Seicento.
Le notizie disponibili vanno dal 1687 al 1725. Non è documentata, per ora, la nascita nel borgo di Camogli, benché il cognome ricorra in quella comunità (Venzano, 2008, p. 213, n. 481).
Di un «certo Pellegro Olivari Genovese Scultore», ricordato all’interno della biografia dello scultore Bernardo Schiaffino come autore delle due Virtù marmoree poste sul coronamento della cappella Della Torre nella chiesa genovese di Nostra Signora della Consolazione, Carlo Giuseppe Ratti (1769, p. 261) decise di non «tesser di lui un particolare racconto». Olivari fu dunque collaboratore dello Schiaffino ed è probabile che, all’interno di quella bottega, fosse impegnato a soddisfare anche le richieste di sculture in legno policromo (Franchini Guelfi, 1988; Sanguineti, 1994, p. 448; Id., 1998, p. 61). Tuttavia, per questioni anagrafiche, non fu suo diretto allievo e il magnifico Crocifisso sempre alla Consolazione, ritenuto in un primo tempo possibile lavoro di Pellegro (ibid.), mostra in realtà una totale adesione alla sigla di Schiaffino, come in effetti sosteneva Ratti. La prima notizia disponibile su Olivari, infatti, si ritrova in una pratica condotta dall’Arte dei bancalari (falegnami) nel 1687, quando Schiaffino aveva sette anni, sullo stato di fatto delle botteghe e sulla verifica dell’ascrizione al sodalizio (Archivio di Stato di Genova, Notai antichi 8823, Domenico Musso, 14 agosto 1687). In una serie di appunti, che per quanto lo riguarda non sfociarono, come per altri, in una notifica, si legge: «Pelegro Olivaro abbita in Strada Balbi». A eccezione delle due citate Virtù, attorniate da angeli ed eseguite entro il 1718 all’interno del cantiere condotto da Schiaffino con un risoluto linguaggio tardo barocco (Franchini Guelfi, 1994, p. 206), le poche opere di cui si ha notizia, peraltro di incerta attribuzione, sono in legno. Una di queste rivela un’attività affine a quella dei bancalari: infatti, il 28 aprile 1693, il suo nome è registrato nel libro di conti di Giovanni Francesco I Brignole-Sale in connessione al pagamento di un tavolo da muro «con due figure» (Tagliaferro, 1995, pp. 90, 117 n. 67), forse realizzato sulla base di un progetto di Gregorio De Ferrari (Boccardo, 1996, p. 372). Probabilmente intervenne a coadiuvare Schiaffino nell’esecuzione della Madonna Immacolata posta sull’altare maggiore della basilica di S. Maria Assunta a Camogli, assegnata da Ratti a Bernardo e attribuita invece a Olivari dai Remondini (1887, p. 77).
Nell’ideazione del progetto, proprio per la trattazione iconografica dell’Immacolata come un’Assunta, è chiara la suggestione derivante dal gruppo marmoreo eseguito da Pierre Puget per la chiesa dell’Albergo dei Poveri a Genova. Non vi sono indizi cronologici connessi all’esecuzione dell’altare maggiore (Simonetti, 1989, pp. 25 s.): potrebbe datarsi nel corso del secondo decennio del Settecento.
Si può escludere, per motivi di linguaggio, l’attribuzione a Olivari, proposta sempre dai Remondini, della Madonna Addolorata del santuario di S. Maria del Boschetto a Camogli, opera da assegnare invece ad Agostino De Negri. Non sussistono utili termini di paragone per attribuirgli il Crocifisso dell’oratorio di S. Filippo Neri a Cadice, documentato in un momento anteriore al 1719 (Sánchez Peña, 2006, pp. 115 s.).
Olivari si definì «scultore» nella supplica rivolta al Senato, il 14 maggio 1706, per ottenere il pagamento di una scultura - presumibilmente in legno – raffigurante il Sole, ordinata dal farmacista Giovanni Battista Bana e poi non corrisposta (Archivio di Stato di Genova, Atti del Senato, Bracelli, 61/2). Da una serie di procure, redatte nel corso del 1710, si deduce che fosse suocero di Domenico Parodi (Ibid., Notai Antichi 10390, Giovanni Bernardo Agnese): ciò lascia ipotizzare una consuetudine con lo scultore Filippo Parodi, padre di Domenico e forse suo maestro. In ogni caso si può supporre una progressiva conversione alla lavorazione del marmo: nel 1712 comparve infatti tra i «bottegari» che, secondo l’Arte degli scultori e scalpellini, lavoravano senza essere ascritti alla corporazione (Genova, Archivo storico del Comune, Padri del Comune, Arti, 487). Presso la sua abitazione, attigua alla chiesa dei Ss. Cosma e Damiano a Genova, avvenne, l’11 settembre 1725, la consegna al doratore Francesco Casaccia di 250 lire relative alla policromia del Battesimo di Cristo scolpito da Anton Maria Maragliano (Sanguineti, 1998, p. 179).
Fonti e Bibl.: C.G. Ratti, Storia de’ pittori, scultori et architetti liguri e de’ foresti che in Genova operarono, scritte da Giuseppe Ratti savonese in Genova (1762), a cura di M. Migliorini, Genova 1997, p. 180; Id., Delle vite de’ pittori, scultori ed architetti genovesi, Genova 1769, p. 261; A. Remondini - M. Remondini, Parrocchie dell’Archi-diocesi di Genova. Notizie storico-ecclesiastiche. Promontorio di Portofino coi vicariati di Recco, Camogli, Portofino e S. Margherita, Genova 1887, p. 77; F. Franchini Guelfi, Il Settecento. Theatrum sacrum e magnifico apparato, in La scultura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, II, Genova 1988, p. 282; F. Simonetti, Basilica di S. Maria Assunta a Camogli, Genova 1989, pp. 25 s.; F. Franchini Guelfi, Nostra Signora della Cintura: una devozione agostiniana a Genova, in Gli Agostiniani a Genova e in Liguria tra Medioevo ed Età Moderna, Atti del convegno…Genova, 1993, a cura di C. Paolocci, in Quaderni Franzoniani, 1994, n. 2, p. 206; D. Sanguineti, Da Giovanni Battista Santacroce ad Agostino Storace: problematiche ed ipotesi sulla scultura lignea in N. S. Della Consolazione, ibid., pp. 448-450; L. Tagliaferro, La magnificenza privata. “Argenti, gioie, quadri e altri mobili” della famiglia Brignole Sale secolo XVI-XIX, Genova 1995, pp. 90, 117 n. 67; P. Boccardo, Gregorio De Ferrari, Giovanni Palmieri, Bartolomeo Steccone and the furnishings of the Palazzo Rosso, Genoa, in The Burlington Magazine, CXXXVIII (1996), 1119, p. 372; D. Sanguineti, Anton Maria Maragliano, Genova 1998, p. 139 n. 23; Id., Scultura lignea genovese: i fratelli Galleano, Giovanni Maragliano e gli altri, in Studi sul Settecento, in Antologia di belle arti, 1998, nn. 55-58, pp. 61 s. n. 36; Id., Problematiche e novità per la scultura lignea genovese fra Sei e Settecento, in Arte Viva. Fimantiquari, 2000, nn. 20-21, p. 79; J.M. Sánchez Peña, Escultura Genovesa. Artífices del Setecientos en Cádiz, Cadice 2006, pp. 108, 115 s.; L. Venzano, Santuario di Nostra Signora del Boschetto, Genova 2008, p. 213 n. 481.