PELUSIO (Πηλούσιον, Pelusium)
Antica città egizia, che sorgeva, come porto interno, presso la foce dell'estremo braccio orientale del Nilo, nella pianura attuale di eṭ-Ṭīneh, non sul Mediterraneo, come spesso si ripete, poiché ne era già distante, al tempo di Strabone, più di tre km. e mezzo. Il nome egizio era Śawnew Śajnew (in ebraico mal vocalizzato Sīn, meglio nei LXX Sain, Ezech., XXX, 15) d'ignoto significato; un'etimologia popolare connesse tale nome all'altra parola egizia śjn "argilla", donde il nome greco (πηλός "fango"). Nei testi copti troviamo anche il nome Peremūn, conservatosi nelle odierne rovine superiori di Tell el-Fáramā.
Per la sua posizione era la chiave dell'Egitto dalla parte dell'Asia e del mare e quindi era una piazza forte importantissima che, insieme col fiume su cui sorgeva, costituiva l'"immortale muro" - non sempre peraltro insuperabile barriera - di cui parla Isocrate. Perciò dové subire frequenti assedî, servì come base di concentramento e di operazioni contro l'Asia o contro l'Egitto, fu teatro di sanguinose battaglie, assistette al passaggio di grandi eserciti e di potenti sovrani, servì di rifugio ed appoggio a re scacciati dal trono e bramosi di riconquistarlo. Due strade militari la congiungevano con Menfi e con Alessandria. Sul principio del secolo VII d. C. era già assai decaduta; tuttavia nel 618 poté opporre lunga, sebbene vana resistenza agl'invasori arabi. Dopo la conquista araba precipitò in completo abbandono, e attualmente solo insignificanti rovine ne sopravvivono. Le vestigia, tutte di età romana, si stendono per oltre tre chilometri da oriente a occidente; non se ne può precisare la larghezza, perché in gran parte sommerse sotto la palude.
Degne di ricordo sono le rovine del tempio di Zeus Casios: costituite da parecchie colonne alte otto metri e da un architrave colossale con iscrizione dedicatoria di Adriano, a lettere alte 24-26 centimetri.
Bibl.: Clédat, in Ann. Serv. Antiq., Cairo, X, pp. 218-19; XIII, pp. 79-85; W.F. Hume, Brief History of North Sinai, in Cairo Scientific Journal, giugno 1917; A. Bouché-Leclerq, Histoire des Lagides, Parigi 1903-07, passim.