PELVI (lat. pelvis; fr. bassin; sp. pelvis; ted. Becken; ingl. pelvis)
Forma lo scheletro della parte inferiore del tronco, sostiene il peso di tutta la parte sovrastante del corpo e poggia sopra i due femori. Risulta dalla riunione delle due ossa iliache o innominate, ossa coxae, col sacro e col coccige. Le due ossa iliache anteriormente si uniscono tra loro per mezzo della sinfisi pubica, posteriormente si uniscono col sacro per mezzo delle anfiartrosi sacroiliache. Nel suo insieme la pelvi ha grossolanamente la forma di un cono con l'apice tronco rivolto verso il basso e verso l'indietro: rassomiglia a un bacile o meglio a un imbuto con la parte superiore slargata detta grande bacino, pelvis maior, con la parte inferiore ristretta, piccolo bacino, pelvis minor. Il limite fra le due porzioni forma lo stretto superiore, apertura pelvis (min.) superior, costituito indietro dal promontorio e dal margine anteriore della base del sacro, lateralmente dalla linea innominata, linea arcuata, anteriormente dalla cresta pettinea e dal margine superiore del corpo del pube e della sinfisi pubica. Il grande bacino, formato lateralmente dalle due ossa iliache, manca di una parete ossea anteriore e ivi è chiuso dalle pareti addominali. Il piccolo bacino, il quale ha una grande importanza in ostetricia perché deve dare passaggio al feto, è limitato inferiormente dallo stretto inferiore, apertura pelvis inferior, il quale ha un contorno osseo molto accidentato, poiché è limitato, andando dall'indietro verso l'innanzi, dalla punta del coccige, dai margini laterali del coccige e del sacro, dalla grande incisura ischiatica, dalla spina dell'ischio, dalla piccola incisura ischiatica, dalla tuberosità ischiatica, dalla branca ischiopubica e dal margine inferiore della sinfisi del pube. Questo contorno è reso meno irregolare dai due legamenti sacroischiatici, cioè dal legamento sacrotuberoso, lig. sacrotuberosum, teso fra la tuberosid ischiatica e il margine laterale del sacro, e dal legamento sacrospinoso, lig. sacrospinosum, teso fra la spina dell'ischio e il margine laterale del sacro: questi due legamenti trasformano in forami le due incisure ischiatiche. Nella parete anteriore della piccola pelvi troviamo in ciascun lato una grande apertura detta foro otturato, foramen obturatum, perché chiusa dalla membrana otturatrice. L'asse della piccola pelvi è curvilineo con la concavità rivolta verso l'innanzi e verso il basso.
Importante è la determinazione dei varî diametri del bacino muliebre i quali debbono raggiungere una determinata lunghezza perché il parto possa espletarsi. Nello stretto superiore si considerano quattro diametri: uno anteroposteriore dal promontorio al margine superiore della sinfisi pubica, il quale misura circa cm. 11,5; uno trasverso, che corrisponde alla massima distanza trasversale tra le due linee arcuate, e che è di circa cm. 13,5, e due obliqui, che dalla sinfisi sacroiliaca di un lato vanno all'eminenza ileopettinea del lato opposto; questi misurano circa cm. 13 e possono essere disuguali se il bacino è asimmetrico. Nello stretto inferiore possiamo distinguere due diametri; uno anteroposteriore, che dalla punta del coccige va al margine inferiore della sinfisi pubica, che è di circa cm. 9, ma nei soggetti giovani può aumentare per la mobilità del coccige; l'altro trasverso, teso fra le due tuberosità ischiatiche e lungo circa cm. 11. Negli ultimi giorni della gravidanza la sinfisi del pube presenta una specie di imbibizione e di rammollimento, per cui i due pubi possono allontanarsi alquanto uno dall'altro, determinando così un aumento dei diametri trasversi della piccola pelvi. Per adattamento alla gravidanza e al parto il bacino della femmina presenta alcune particolarità, che lo differenziano da quello del maschio: infatti il bacino muliebre è più sottile, presenta le linee d'impianto muscolare meno pronunciate, è più largo, ma più basso, è più inclinato, ha le creste iliache più svasate e rivolte verso l'esterno, presenta la sinfisi pubica più corta, l'angolo pubico più aperto, i fori otturatorî che tendono alla forma triangolare, mentre nel maschio sono ovali. Le differenze sessuali della pelvi non si possono apprezzare fino al 7° od 8° anno di vita, ma raggiungono la loro piena efficienza solo nell'epoca della pubertà.
Chirurgia. - Oltre alle lesioni traumatiche da violenze esterne che colpiscono l'estremo inferiore del tronco, possono interessare il chirurgo molte malattie e deformità delle ossa del bacino, nonché delle parti molli esterne e degli organi contenuti nella pelvi.
Lesioni traumatiche. - Le fratture delle ossa pelviche sono in genere poco frequenti, e rappresentano, secondo P. Bruns, appena il 0,3% di tutte le fratture.
Si osservano per lo più in occasione di grandi traumatismi, come cadute dall'alto, investimenti, disastri ferroviarî e automobilistici, crollamenti di case, cadute di frane, disastri di miniere, terremoti, ecc., e sono dovute per lo più all'azione di urti e violenze che schiacciano il bacino in direzione antero-posteriore, o laterale, o verticale. Non di rado sono doppie o multiple. La sede più frequente corrisponde all'arco anteriore del cingolo pelvico, che è la parte meno resistente, e propriamente alle ossa del pube; ma sono state osservate anche fratture delle ossa iliache, dell'ischio e del sacro. Sono per lo più fratture chiuse, raramente esposte, però spesso complicate a rottura o lacerazione degli organi contenuti nella pelvi, e più specialmente della vescica o dell'uretra, ed è questa appunto la ragione precipua della loro gravità. La sintomatologia loro è abbastanza evidente: dolore, impossibilità di reggersi in piedi e camminare, deformazione più o meno appariscente della regione, senso di crepitazione al tatto, ecchimosi più o meno vaste al pube, ai genitali, al perineo. Se sono complicate da lesione vescicale o uretrale: iseuria, ematuria, infiltramento urinoso dei tessuti. Nei casi dubbî l'esame radiografico conferma o meno la diagnosi. La cura consiste nella riduzione, se c'è spostamento dei frammenti, e nell'immobilizzazione con adatta fasciatura e in riposo assoluto o, all'occorrenza, con un apparecchio gessato che comprenda la metà inferiore del tronco e la radice degli arti inferiori. Se è lesa l'uretra, catetere a permanenza; se la vescica, intervento con sutura o drenaggio vescicale.
Le lussazioni traumatiche dell'osso iliaco o del sacro sono evenienze rarissime ed eccezionali.
Le ferite delle parti molli esterne del bacino non presentano speciale importanza, a meno che non ledano arterie di calibro notevole, quali la glutea o la ischiatica, mentre quelle penetranti nel cavo pelvico, e sono solo quelle da punta o da proiettili d'armi da fuoco, possono riuscire gravissime per la lesione degli organi contenuti nella pelvi, quali la vescica e il retto. Speciale menzione meritano tra le ferite da punta quelle inferte al perineo, dal basso in alto, che si osservano non di rado in seguito a cadute dall'alto su corpi aguzzi, come pali, aste di ferro di cancellate, e simili, e che possono esser gravissime per la lesione degli organi pelvici e anche di quelli addominali (cosiddette "lesioni da impalamento").
Le malformazioni congenite sono dovute ad arresti di sviluppo o ad aberrazioni ortogenetiche che dànno luogo a tumori teratoidi.
Le prime consistono principalmente nel mancato saldamento degli archi vertebrali sacrali (rachischisi sacrale, spina bifida sacrale) per cui si determina l'estuberanza delle meningi (meningocele) o del contenuto nervoso (mielo-meningocele) con alterazione più o meno grande del soprastante tegumento.
Le altre consistono in tumori congeniti sacrali o sacrococcigei di volume vario, talora considerevole, fino a raggiungere e superare quello del capo del neonato stesso. Questi tumori, per lo più rotondeggianti, hanno struttura varia e complessa, in parte adenomatosa, in parte angiomatosa, contengono quasi sempre tessuto nervoso, ma spesso anche tessuto cartilagineo od osseo, sono insomma veri teratomi; e talvolta la complessità della loro struttura è tale da giustificare le ipotesi della inclusione fetale (teratoma poliorganoide bigerminale). Possono essere sviluppati dietro il sacro e risalire più o meno sulla regione lombare, o sotto al coccige e pendere come una grossa e corta appendice caudale, o anche innanzi al sacro, entro la cavità pelvica e sporgere mostruosamente verso il perineo, spostando in avanti il retto, l'ano e i genitali.
La cura di queste malformazioni congenite, quando è possibile, non può essere che chirurgica e cruenta; per la spina bifida, asportazione del sacco meningeo, dopo accurata e sicura allacciatura, e possibilmente riparazione plastica del canale sacrale; per i tumori sacrococcigei, l'asportazione; purtroppo però i piccoli pazienti non sempre resistono all'intervento e muoiono per shock operatorio.
Le malattie infiammatorie delle ossa pelviche sono: l'osteomielite acuta dell'osso iliaco, che si riscontra specialmente nei bambini, per lo più in forma grave con febbre alta e sindrome tifosa. Se il piccolo paziente non soccombe alla grave tossi-infezione, si manifestano ascessi in corrispondenza della cresta iliaca, o alla regione inguinale o alla natica, e l'esito del processo è una necrosi ossea più o meno estesa. Si procede allora alla sequestrectomia.
L'osteomielite cronica tubercolare, che si osserva anche nei giovani individui, più di frequente al sacro, s'inizia subdolamente, decorre con sintomi poco evidenti e dà luogo ad ascessi freddi migranti verso il perineo o la radice della coscia. Non rara è la tubercolosi della sincondrosi sacroiliaca, detta anche coxite sacroiliaca, o sacrocoxalgia, che si manifesta con dolori e claudicazione e finisce col dare ascessi freddi spesso migranti.
Anche le malattie delle articolazioni coxofemorali a rigor di termini andrebbero comprese fra le affezioni chirurgiche della pelvi: l'artrite reumatica, quella purulenta acuta, quella cronica tubercolare o coxite, l'artrite deformante, e le anchilosi dell'anca (v.).
Le infiammazioni acute o croniche delle parti molli esterne del bacino non presentano caratteristiche speciali. I flemmoni e ascessi, superficiali e profondi, assai spesso cagionati da diretta inoculazione dall'esterno, occasionata da iniezioni medicamentose, seguono il corso ordinario e debbono essere trattati con le comuni norme chirurgiche; incisione, drenaggio, medicazione.
Maggiore importanza hanno questi processi quando insorgono nelle fosse iliache interne e nell'escavazione pelvica; essi possono essere indovati sotto la fascia iliaca, nella loggia cioè occupata dai muscoli psoas e iliaco, o nel tessuto connettivo sottoperitoneale, o addirittura nel cavo peritoneale. I primi provocano contrattura dei muscoli interni del bacino e conseguente flessione dell'arto e finiscono per manifestarsi all'esterno alla regione crurale. Quelli sottoperitoneali, originati per lo più da pregresse flogosi degli organi parzialmente rivestiti di peritoneo, quali il cieco, l'appendice, il sigma colico, gli organi genitali e urinarî (peritiflite, appendicite, perisigmoidite, annessite, parametrite) si manifestano con tumefazione e raccolta nella fossa iliaca interna, e si fanno strada alla regione inguinale, o sopra la cresta iliaca, o alla regione lombare, o al perineo. E finalmente quelli endoperitoneali costituiscono la pelvi-peritonite, la quale, se in forma saccata, si esplica verso il perineo, o nei fornici vaginali, e può aprirsi anche spontaneamente in vagina o nella vescica o nel retto.
Di grande interesse chirurgico e di grande frequenza sono gli ascessi cronici tubercolari, o da congestione, i quali provenienti dall'alto attraversano la pelvi (ascessi migranti). Essi derivano ordinariamente da osteomielite tubercolare dei corpi delle vertebre dorsali o lombari, o anche da tubercolosi delle ghiandole linfatiche retro-peritoneali, scendono in basso seguendo i muscoli psoas e iliaco, passano sotto l'arcata crurale e s'affacciano sotto la cute della regione crurale o anche oltre lungo la regione anterointerna della coscia. Di regola non vanno incisi, ma trattati con l'aspirazione e la ripetuta iniezione di liquidi modificatori a base di iodoformio.
Le deformità acquisite delle ossa pelviche, oltre a turbare la ortostatica della colonna vertebrale e per conseguenza di tutto lo scheletro, hanno specialmente nella donna importanza grandissima potendo costituire causa di stenosi più o meno accentuate del bacino, le quali possono ostacolare il parto e talora renderlo anche impossibile. Esse sono più ordinariamente dovute al rachitismo o all'osteomalacia, ma possono anche esser conseguenti a pregresse coxiti tubercolari o a lussazioni congenite dell'anca, o della sincondrosi sacroiliaca, o anche a tumori delle ossa pelviche.
Il bacino rachitico è caratterizzato dalla sottigliezza e gracilità delle ossa pelviche, ordinariamente è slargato e piatto, vale a dire aumentato alquanto nel diametro trasversale, ma ristretto più o meno in quello anteroposteriore. In quello osteomalacico le ossa sono più o meno contorte, il promontorio del sacro ordinariamente sporgente fra le ossa iliache, le branche dei pubi incurvate a forma di rostro, per modo che il bacino risulta ristretto sul diametro trasverso, e il distretto superiore assume quasi una figura triangolare, non di rado asimmetrica.
Tumori. - Oltre ai tumori sacrococcigei congeniti, già sopra ricordati, possono riscontrarsi nella pelvi svariati tumori e cioè: ateromi o cisti sebacee, specialmente sulla cute della regione sacrale, fibromi o lipomi alle natiche, sulla regione sacrococcigea o anche al perineo, fibro-sarcomi delle fasce e dei muscoli glutei, osteomi ed encondromi, specie in prossimità delle sincondrosi sacroiliache; sarcomi periostei e osteo-sarcomi nelle ossa iliache, come anche metastasi di carcinomi nel sacro, nelle ossa iliache e finanche nelle pubiche. Non rari neppure, nelle parti molli e nelle ossa eliache, i tumori da parassiti (cisti da echinococco).
Gli aneurismi pelvici non sono eccessivamente rari. Possono essere traumatici, ossia conseguenti a ferite da punta o da proiettili di armi da fuoco, o anche a semplici contusioni, oppure spontanei, dipendenti cioè da arteriosclerosi o da lue. Possono aver sede nell'interno del bacino (aneurismi dell'iliaca esterna, o dell'iliaca interna, o anche dell'iliaca primitiva) o nei tessuti molli extrapelvici (aneurismi della glutea e della ischiatica).
I primi si manifestano come tumefazioni pulsanti nella fossa iliaca interna prolungantisi fino alla regione inguinocrurale e possono esercitare compressione sugli organi contenuti nella pelvi. Gli altri si esplicano come tumori profondi e pulsanti verso la regione glutea, ischiatica o perineale e sogliono provocare dolori nevralgici per compressione sul nervo sciatico. La loro prognosi è grave, e la cura non facile consiste nella allacciatura delle rispettive arterie. Quella dell'arteria iliaca esterna o interna o primitiva vien praticata nella fossa iliaca interna, scollando e sollevando il peritoneo attraverso una lunga incisione obliqua, leggermente concava, fatta al disopra dell'arcata crurale e a questa parallela. Quella dell'arteria glutea e della ischiatica si eseguono in fondo alla fossa iliaca esterna, sotto i muscoli glutei, attraverso una profonda incisione verticale praticata sulla natica.
Delle operazioni chirurgiche che sogliono praticarsi nella pelvi per la cura delle diverse lesioni, malattie e tumori, s'è già fatto cenno a proposito di queste. Per gl'interventi sugli organi contenuti nella pelvi si rimanda alle voci corrispondenti. Intervento a scopo ostetrico, in caso di viziatura pelvica, è la sinfisiotomia o sezione della sinfisi pubica, per lo più eseguita per via sottocutanea.
Viziature pelviche.
Si parla di viziatura pelvica (fr. bassin rétréci; sp. pelvis viciada; ted. verengtes Becken; ingl. contracted pelvis), quando il bacino della donna, per un restringimento in uno o più dei suoi diametri, sia causa di difficoltà nella gravidanza o nel parto.
Lo studio accurato delle viziature pelviche risale alla prima metà del secolo XIX; però qualche cenno ai difetti del bacino si trova anche in anatomici e ostetrici più antichi. Forse tra i primi si deve ritenere l'Aranzio, che nel 1587 descrisse come una causa di difficoltà nel parto "il ravvicinamento eccessivo del pube al sacro e al coccige, e la sua salienza convessa verso il lume dello scavo, in modo da ostacolare il passaggio del feto, tanto più se la testa del feto è voluminosa e molto resistente". Sono poche parole, ma vi troviamo già netto il concetto tanto dello stringimento assoluto quanto del restringimento relativo del bacino, nonché la descrizione di una particolare forma di viziatura, risultante dall'introflessione dei cotili. In Italia però dobbiamo venire fino a P. P. Tanaron (1774) per vedere raccolto e illustrato da un ostetrico il concetto del bacino viziato: "Accade talvolta che la faccia interna dell'ultima vertebra lombare e quella del sacro si proiettino tanto in avanti da arrestare la testa del feto".
Più tardi A. Bertrandi (1723-1765) portò un contributo essenziale alla conoscenza delle viziature pelviche. Per il primo accennò alla necessità della classificazione dei bacini viziati secondo il grado del restringimento; illustrò l'influenza del rachitismo nella genesi del bacino viziato, riferendosi all'azione del peso del corpo sul sacro, e della contropressione dei femori sui cotili, descrisse un caso di rottura d'utero in donna portatrice di una lussazione congenita della testa del femore. La speciale attenzione che il Bertrandi portò alle viziature pelviche era stata in lui probabilmeilte suscitata dall'occasione che gli si offerse, essendo allora per i suoi studî in Parigi, di praticare egli stesso l'autopsia nel famoso caso di rammollimento delle ossa della donna Soupiot. Ciò che è più interessante notare nell'opera di Bertrandi è l'osservazione dei suoi due commentatori, G. A. Penchienati e G. Brugnone, che per primi illustrarono anche graficamente quella forma di bacino ristretto per sinostosi sacroiliaca bilaterale, che erroneamente è indicata con il nome di bacino di Robert. Per non uscire d'Italia ricorderemo Fr. Valli, che nel 1792 dà una magistrale descrizione dell'influenza che lo zoppicamento in tenera età può avere nel deformare il bacino, e fornisce la prima nozione di un bacino viziato per cifosi con aumento dei diametri dello stretto superiore e diminuzione di quelli dello stretto inferiore.
Nel secolo XIX Fr. Asdrubali nel suo ottimo trattato insiste sull'insufficienza dei metodi di pelvimetria esterna, allora in auge per opera di L. A. Baudelocque, e propone il suo metodo personale di pelvimetria interna. Più tardi vanno segnalati in prima linea gli studî di G. B. Fabbri che si valse per il primo, nelle ricerche sulla forma del bacino, del metodo dei modelli in gesso dell'escavazione, metodo certamente superiore a tutti gli altri per lo studio esatto della configurazione del bacino. Classici sono gli studî del Fabbri sul bacino ovalare obliquo, sul bacino coxalgico, sul bacino ristretto per lussazione bilaterale del femore, sul bacino da zoppicamento. Degni di particolare menzione gli studî di G. Inverardi, che lo hanno portato a modellare lo scavo pelvico tanto in condizioni normali quanto patologiche e che gli serviranno poi per la sua magnifica e troppo poco conosciuta monografia sul meccanismo del parto.
La classificazione delle viziature pelviche può essere basata sopra uno di questi tre criterî: l'eziologico, il morfologico e l'aritmetico; la più razionale è senza dubbio la classificazione eziologica. Ogni singolo osso deve crescere in una data misura, acquistare un determinato grado di compattezza, modificarsi di forma, obbedendo a fattori che sono rappresentati dall'intima energia di nutrizione (fattori trofici) delle singole parti dell'osso, e da pressioni e stiramenti determinati da fattori esterni all'osso (fattori meccanici). Quest'armonico ed equilibrato sviluppo, che modifica attraverso gli anni dimensioni e forma del bacino, ha la sua fine quando sono giunti al grado definitivo di compattezza tanto le singole ossa quanto i loro mezzi d'unione, il che accade all'incirca dopo il 20° anno di vita. Fino a che tale consolidamento definitivo non è raggiunto, la più piccola irregolarità di sviluppo di una delle parti del bacino non può a meno di turbare l'equilibrato sviluppo del bacino stesso. Basta che sotto un'influenza trofica o morbosa una delle ossa iliache resti un po' indietro all'altra nel suo sviluppo, perché venga profondamente turbata la forma del bacino, sia direttamente per l'arresto di sviluppo della parte malata, sia indirettamente perché l'asimmetria istituitasi turba anche il modo d'agire dei fattori meccanici. La causa perturbatrice può essere localizzata a un punto o estesa a tutta la cintura pelvica; può limitarsi a inibire in qualche modo l'ulteriore sviluppo, oppure può privare l'osso della sua normale consistenza, rendendolo accessibile in modo più intenso del solito all'azione dei fattori meccanici.
Nei primi vent'anni di vita si compie il periodo di accrescimento del bacino, e questo periodo perciò è il più importante nello studio dell'eziologia delle viziature pelviche. Se non esistono difetti alla nascita, se il periodo di accrescimento decorre senza irregolarità o malattie, la risultante deve essere la forma normale definitiva del bacino. Arrivati a questo punto è più difficile che il bacino si alteri nella sua. forma ormai consolidata; bisogna che le diverse ossa già consolidate vengano ad alterarsi nella loro compattezza (processo osteomalacico) o nella loro forma (produzione di tumori o di esostosi), o nella continuità loro (fratture o disgiunzione delle sinfisi). Riassumendo, il bacino può deformarsi nel periodo dello sviluppo embrionale o fetale, nel periodo dell'accrescimento, nel periodo di stato. Si possono cioè, secondo il criterio eziologico, distinguere bacini viziati per causa congenita, bacini viziati per causa acquisita nel periodo di accrescimento e nel periodo di stato.
La viziatura pelvica modifica necessariamente in grado più o meno cospicuo la forma del bacino; la classificazione morfologica più semplice divide i bacini viziati in due grandi categorie: bacini totalmente ristretti e bacini parzialmente ristretti. Nella prima categoria figurano quei bacini che sono ristretti in tutti o quasi tutti i loro diametri. A sua volta questa categoria comporta due gruppi. Nel primo gruppo figurano quei bacini in cui lo stringimento è uniforme in tutti i diametri: bacini totalmente e regolarmente ristretti. Nel secondo gruppo figurano quei bacini nei quali il restringimento, pur interessando tutti i diametri, risulti più spiccato in uno dei diametri, in confronto agli altri: bacino totalmente e irregolarmente ristretto. In questo caso, se la riduzione è prevalente nel diametro antero-posteriore, si parlerà di un bacino totalmente e irregolarmente ristretto piatto. Se prevale lo stringimento in uno dei diametri obliqui, si parlerà di un bacino totalmente e irregolarmente ristretto obliquo. I bacini possono essere parzialmente ristretti secondo il diametro antero-posteriore o il diametro obliquo o quello trasversale, donde il bacino parzialmente ristretto piatto (o anche bacino semplicemente piatto), bacino parzialmente ristretto obliquo, e quello parzialmente ristretto in senso trasversale. Altra volta la differenza non è fra i diametri di uno stesso piano del bacino, ma fra i diversi piani; così i diametri dello stretto superiore possono essere normali o anche superiori alla norma, mentre sono ridotti i diametri dello stretto inferiore del bacino: bacino imbutiforme. La morfologia ha poi intimi rapporti con l'eziologia; così il bacino rachitico è spesso un bacino totalmente e irregolarmente ristretto piatto; il bacino cifotico è imbutiforme, l'osteomalacico ha forma triangolare; il bacino da sinostosi sacroiliaca è un bacino obliquo.
Per i bisogni della pratica ostetrica è necessario dividere i bacini viziati in gruppi a seconda del grado di restringimento. La misura tiene conto di solito del diametro che piu̇ spesso è ridotto, cioè il diametro antero-posteriore dello stretto superiore, che prende il nome di coniugata vera. Siccome in un bacino normale la coniugata vera misura 11 cm., si possono di centimetro in centimetro stabilire tanti gradi di viziatura: di 10, di 9, di 8, di 7, ecc.
Da un punto di vista pratico la conoscenza del grado di viziatura intanto interessa il medico, in quanto può indicare la linea di condotta da seguire, che varia naturalmente con il grado di restringimento. Nell'indirizzo odierno dell'ostetricia prevale l'idea che il parto attraverso il bacino viziato debba essere sorvegliato con metodo rigorosamente aspettante, partendo dalla constatazione che in più del 50% dei bacini viziati sia possibile il parto spontaneo. In genere l'osservazione dell'andamento del parto suggerirà se questo possa avvenire in modo spontaneo o se possa essere ottenuto per le vie naturali con le risorse di cui l'arte dispone, o se infine reclami l'estrazione del feto per altra via (taglio cesareo). La questione essenziale da risolvere è se un determinato bacino sia in grado di dare o no passaggio al feto normale, cioè vivo, vitale, di medio sviluppo. Sotto questo punto di vista i bacini viziati si possono dividere in due grandi categorie, bacino pervio e bacino impervio. Nel fissare i limiti di queste due categorie noi dobbiamo tener presente la svariata serie di risorse di cui l'arte ostetrica dispone. Perciò si valuterà pervio non solo quel bacino che conceda spontaneamente, per le semplici forze naturali, il passaggio, sia pure stentato, di un feto vivo a termine, ma anche quel bacino attraverso il quale con una delle diverse risorse dell'ostetricia operativa si riesca a ottenere il passaggio di un feto vivo e capace di vivere, risorse che possono essere rappresentate dalla provocazione del parto prematuro, dall'estrazione mediante il forcipe, o previo ll rivolgimento, dall'estrazione agevolata eventualmente dai mezzi di cui disponiamo per ingrandire lo spazio utile del bacino (posizione di Walcher, sinfisiotomia, pubiotomia). Quando, invece, la sola risorsa disponibile per avere un feto vivo e vitale consista nell'evitare il passaggio per il bacino, estraendo il feto col taglio cesareo, il bacino dovrà esser qualificato impervio. Nell'elenco delle nostre risorse per la terapia dei vizî pelvici abbiamo omesso di nominare l'aborto provocato. La ragione è ovvia. L'aborto provocato, che una volta trovava nelle viziature pelviche gravi una legittima indicazione, in ragione dell'altissima mortalità del taglio cesareo, ora, migliorata grandemente la prognosi del taglio cesareo, non è più giustificabile, e ha cessato di figurare nella terapia del bacino viziato. Per la stessa ragione non abbiamo parlato dell'embriotomia sul feto vivo, che una volta teneva così largo posto nella terapia del bacino viziato, ma che oggi non sarebbe più giustificabile di fronte ai moderni trionfi dell'ostetricia operativa. L'antico e penoso dilemma, salvare la madre o salvare il bambino, non ha più ragione di essere ora, essendo possibile, nella maggioranza dei casi, seguire una via che garantisca l'una e l'altra vita. L'esperienza ha dimostrato che il limite tra bacino pervio e impervio è da segnarsi a 75 mm. di coniugata vera, se il bacino è solo parzialmente ristretto; a 80 mm., se il bacino è totalmente ristretto. A questa stregua è facile stabilire se nell'assistenza al parto in un bacino viziato si debba seguire o no il metodo aspettante. Constatare l'esistenza di un bacino impervio equivale a escludere senz'altro l'applicabilità del metodo aspettante, e a indicare senza dannose tergiversazioni e indugi la necessità del taglio cesareo, da eseguirsi in questi casi già fino dal principio del travaglio, a membrane ancora integre, e cioè nelle condizioni ideali, con garanzia quasi assoluta di successo. Per converso, giudicato pervio il bacino, salvo i pochi casi nei quali possa trovare la sua applicazione il parto prematuro, il metodo aspettante assume tutti i suoi diritti, così da fare il più largo esperimento possibile delle forze naturali. E se queste risulteranno insufficienti, a periodo espulsivo avanzato si dovrà decidere se convenga servirsi di una delle risorse sopra elencate, o se invece sia da preferirsi il taglio cesareo. In tal modo la classificazione del bacino nell'una o nell'altra categoria implicherà fino dal principio un netto indirizzo terapeutico, troncando la via a esitazioni dannose.
Tra i bacini viziati per causa congenita ricorderemo specialmente il bacino della donna nana, il bacino viziato per assimilazione vertebrale, ma soprattutto il bacino acondroplasico. L'acondroplasia è una malattia che colpisce lo scheletro fetale e lo deforma; se la bambina sopravvive, ne risulta una forma di nanismo caratterizzato dalla brevità notevole degli arti, tanto che a braccia pendenti l'estremità delle dita raggiunge appena la regione della cresta iliaca; il bacino di queste donne è un bacino tipicamente piatto, reniforme, quasi sempre impervio. Tra i bacini viziati per causa acquisita nel periodo dell'accrescimento il posto più importante spetta indubbiamente al bacino rachitico, il quale di solito è un bacino totalmente ristretto, perché durante tutta l'evoluzione della malattia lo sviluppo dell'osso subisce un arresto, che dura perciò tre o quattro anni. L'arresto di sviluppo non è però uguale in tutte le ossa costituenti il bacino: il sacro, per esempio, nel suo diametro trasversale è più spesso aumentato che diminuito. Il peso del tronco trasmesso dalla colonna vertebrale determina a sua volta l'avvicinamento del sacro alla parte anteriore del bacino, donde la forma appiattita del bacino totalmente ristretto. La forma del bacino rachitico ne risulta così caratteristica da poter facilmente essere riconosciuta se studiata in una sezione trasversale del bacino. Assai meno frequenti in confronto con il bacino rachitico sono le altre forme di bacino viziato per causa che abbia agito durante il periodo di accrescimento. Bisogna ricordare che non è affatto necessario, perché in questo periodo il bacino si deformi, che una malattia colpisca, come fa il rachitismo, le ossa stesse del bacino. Anche a ossa del bacino normali, il bacino si può alterare nella forma se i fattori meccanici che agiscono sopra di esso (peso del tronco e contropressione dei femori) siano alterati qualitativamente o quantitativamente. Il peso del tronco può essere esagerato se la giovinetta sia costretta a portare sulle spalle o sulla testa pesi esagerati. Se ciò accade in un'età in cui il bacino non è ancora consolidato, il sacro viene spostato verso la sinfisi pubica e ne risulta un bacino semplicemente piatto, quello che si suol dire bacino da lavoro precoce. La contropressione dei femori risulta disarmonica se la bambina zoppichi; ne deriva facilmente un raccorciamento lungo uno dei diametri obliqui, e perciò un'obliquità del bacino. Il peso del tronco può agire in direzione anormale, sia nel caso di scoliosi vertebrale (bacino scoliotico), sia nel caso di lordosi, ma più ancora nel caso di cifosi, specie nella cifosi angolare risultante da carie delle vertebre lombari per morbo di Pott (bacino cifotico o imbutiforme).
Tra le cause che possono deformare il bacino quando esso si è già consolidato, oltre le fratture e i tumori, va ricordata specialmente l'osteomalacia puerperale, singolare malattia che colpisce la donna nell'età adulta e per lo più la donna gravida. È malattia che si osserva più spesso in determinate regioni; per es., nell'Italia settentrionale nella regione detta Valle d'Olona, a nord di Milano; nell'Italia centrale nel Lazio, e e specialmente lungo la valle dell'Aniene. Ancora non si sa se sia una sempliee malattia di carenza, legata alla costituzione del suolo e alla qualità delle acque, o se queste condizioni agiscano, insieme con lo stato gravidico, nel rendere più accessibile la donna a certi elementi patogeni (teoria infettiva). Ciò che caratterizza essenzialmente la malattia è il rammollimento progressivo e doloroso di tutte le ossa dello scheletro, ma più intensamente delle ossa del bacino. In causa del rammollimento per la diminuzione dei sali calcarei le ossa già consolidate perdono la loro resistenza e si deformano, specialmente sotto l'azione combinata del peso del tronco e della contropressione dei femori; il contorno dell'anello pelvico s'introflette verso il lume, giustificando la denominazione di bacino accartocciato. Perciò in luogo della forma ovale regolare dello stretto superiore troviamo nel bacino osteomalacico la forma di un triangolo dai lati più o meno rientranti. Il promontorio si spinge all'innanzi, i cotili si fanno sporgenti nel lume del bacino fino a ridurre lo spazio libero a una fessura a Y, bacino a cappello da prete, proprio dei gradi estremi della deformità, mentre nei gradi intermedî o iniziali si è paragonata la forma dello stretto superiore a un cuore da carta da giuoco o a un triangolo. La fossa iliaca, le cui pareti sono come accartocciate, viene trasformata in un solco profondo, per cui le ali dell'osso iliaco assumono quella forma che fu pittorescamente paragonata da F. Asdrubali a orecchie d'asino. Per l'introflessione dei cotili la branca orizzontale del pube e la sua branca discendente vengono pure fortemente inflesse. La concavità dolce dell'arco pelvico anteriore viene così sostituita da un angolo acuto proiettato in avanti a guisa di becco d'anitra. Le branche discendenti del pube, convergendo verso la loro unione con le branche ascendenti dell'ischio, conferiscono all'arcata pubica una forma speciale che fu paragonata a quella dell'arco degli occhiali. Fino a che la malattia è nella sua evoluzione progressiva, le ossa colpite mantengono la loro caratteristica mollezza. Ma per lo più la malattia insorta durante una gravidanza va incontro a una sosta nel puerperio, e allora le ossa rammollite tendono a riassumere la loro durezza normale con che viene consolidata la deformazione acquisita. Tali deformazioni sono in genere tanto accentuate da rendere il bacino impervio, e da necessitare perciò il taglio cesareo. Siccome l'osteomalacia è beneficatamente influenzata nella sua evoluzione dalla castrazione utero-ovarica, nell'eseguire il taglio cesareo per questa indicazione si ricorre volontieri all'operazione di Porro.
Per conoscere l'esistenza e il grado della viziatura pelvica abbiamo a disposizione i metodi di pelvimetria. I metodi di pelvimetria esterna risalgono a Jean-Louis Baudelocque; misurando dall'esterno circonferenza e diametri si presume di arrivare a conoscere le corrispondenti misure interne: metodo però estremamente incerto, date le cospicue oscillazioni individuali nello spessore delle pareti pelviche. La pelvimetria interna si esegue mediante strumenti che dovrebbero rilevare direttamente le dimensioni interne del bacino; richiede uno strumentario complicato, ormai completamente abbandonato per le insuperabili difficoltà tecniche. Del resto non ha grande interesse la ricerca della precisione millimetrica nella misura dei diametri del bacino ristretto. Il problema che si presenta all'ostetrico è complesso: dimensioni del bacino, e dimensioni del corpo del feto che lo deve attraversare. E siccome le dimensioni esatte del corpo del feto sfuggono alle nostre ricerche, e variano sensibilmente da caso a caso, il problema non può essere risolto che per approssimazione. Per la pratica basta conoscere con approssimazione la lunghezza della coniugata vera, e per questo basta misurare con le dita la distanza che intercede fra il margine inferiore della sinfisi pubica e il promontorio (coniugata diagonale), dalla quale con la deduzione di 15 mm. si viene a conoscere la lunghezza della coniugata vera. Questa misura è sufficiente per qualificare il bacino tra i pervî o gl'impervî, e per segnare perciò la linea pratica di condotta che l'ostetrico dovrà seguire. Molti altri criterî soccorrono per diagnosticare una viziatura pelvica. Anzitutto le notizie anamnestiche, specie per ciò che si riferisca a malattie dello scheletro: l'età in cui è iniziata la deambulazione. Poi l'esame generale della donna, la sua statura, l'esistenza di deformazioni scheletriche, incurvamenti della colonna vertebrale, zoppicamento, segni di pregresso rachitismo. Se la donna è gravida e presso al termine, è un forte indizio di viziatura il trovare che la testa del feto non è ancora impegnata nel bacino. Per la diagnosi può valere anche la radioscopia, non tanto per la misura esatta dei diametri del bacino, quanto per il rilievo di talune di quelle caratteristiche morfologiche che contraddistinguono le varie forme di viziatura pelvica.
Lo studio dell'influenza che la viziatura pelvica può esercitare sulla gravidanza e sul parto ci porterebbe troppo nel campo tecnico. Ci limiteremo a dire che in gravidanza si osserva spesso lo sfiancamento delle pareti addominali, il cosiddetto ventre pendulo, e sono frequenti le presentazioni anormali del feto. Se si tratta di donna primipara sono più facili a insorgere fenomeni di compressione viscerale e complicazioni morbose della gravidanza. In travaglio di parto assai frequente la rottura precoce della borsa delle acque e quindi l'inquinamento del liquido amniotico, la febbre in travaglio, le sofferenze fetali, il prolasso del cordone ombelicale o di qualche piccola parte fetale. Le difficoltà maggiori si verificano durante il periodo espulsivo, quando le forze naturali vengono a misurarsi con l'ostacolo creato dall'angustia pelvica. Qui si presentano due possibilità. O le contrazioni uterine, malgrado l'aiuto che viene loro dato dalle forze ausiliarie, si esauriscono inutilmente contro l'ostacolo, e allora subentra un'inerzia secondaria: il parto si arresta fino a che l'arte non interviene a espletarlo. Oppure le forze espulsive invece di esaurirsi s'intensificano, e allora, se l'ostacolo non è eccessivamente grave, possono riuscire a superarlo. Perché una testa di normali dimensioni riesca a superare la strettezza del bacino si richiede prima di tutto che il bacino sia pervio; poi che la testa stessa si adatti, si accomodi alla forma del bacino viziato, sia deformandosi, per es., per accavallamento delle ossa nelle suture, o per adatti atteggiamenti di flessione, di inclinazione che creino rapporti diametrici più favorevoli. Se le forze della donna riescono così a superare l'ostacolo, la vittoria è ottenuta solo con un forte dispendio di energia, che porta a compressione dei tessuti materni, qualche volta per ore e ore di periodo espulsivo, compressioni non sempre innocue. Così, per es., si creano qualche volta le condizioni favorevoli all'istituirsi di una fistola vescico-vaginale. Né queste compressioni sono sempre innocue per il feto. Ma all'ipotesi migliore, quella cioè che, con o senza danni alla madre e al feto, l'utero si dimostri più forte dell'ostacolo, si deve contrapporre l'altra possibilità, che l'ostacolo sia più forte dell'utero. In questa ipotesi, se le forze espulsive continuano ad agire, l'utero finisce col cedere rompendosi. Tale doloroso e gravissimo epilogo, che importa quasi sempre la morte della donna, e sempre quella del feto, si verifica specialmente nelle donne pluripare; e, ciò che sembra paradossale, più spesso nelle viziature pelviche lievi che nelle gravi. La ragione di ciò è da ricercarsi nel fatto che le viziature pelviche gravi hanno delle note caratteristiche facilmente rilevabili, che denunciano il difetto anche ai profani, invitando a preparare la necessaria assistenza al parto, mentre le viziature modiche possono passare più facilmente inosservate, specie nei primi parti; inoltre col succedersi delle gravidanze, l'aumento graduale delle dimensioni fetali prepara difficoltà sempre maggiori al parto. Per ciò che riguarda la cura delle viziature pelviche, ci limitiamo a ricordare quanto abbiamo detto sulle risorse dell'ostetricia operativa a proposito della distinzione fra bacino pervio e impervio. Aggiungeremo che, occorrendo spesso di dover ricorrere a gravi atti operativi, è prudente che il parto nei bacini viziati sia assistito in ambienti clinici o ospedalieri.
Bibl.: C. Aranzio, De humano foetu, Venezia 1587; P. P. Tanaron, Il chirurgo raccoglitore moderno che assiste le donne nei parti, Bassano 1774; A. Bertrandi, Arte ostetricia, in Opere anatomiche e chirurgiche, VIII, Torino 1790; Fr. Valli, Opera di ostetricia, Firenze 1792; F. Asdrubali, Trattato generale di ostetricia teoretica e pratica, Roma 1812; G. B. Fabbri, Alcune considerazioni ostetriche intorno alle pelvi, Bologna 1856; id., Descrizione di una pelvi obliqua ovale, ivi 1857; id., Del bacino obliquo ovale, ivi 1870; G. Inverardi, Ricerche e studî per arrivare alla diagnosi della coniugata ostetrica, Torino 1885; E. Pestalozza, Fréquence rélative et formes les plus usuelles des rétrécissements du bassin, Ginevra 1897; C. Breus e A. Kolisko, Die pathologischen Beckenformen, Lipsia e Vienna 1904.