pena
Accantoniamo ovviamente tutti gli esempi già registrati nella voce ‛ appena ', sia per l'avverbio modale o di quantità sia per l'unico caso di congiunzione temporale (ne resta fuori soltanto Fiore CCII 4 a pena mai maggiore gioia attendo), puntando invece sul sintagma ‛ con p. ', di valore analogo (" a, con fatica ", " difficilmente ", " a stento "), in Pg XIX 17 con pena / da lei avrei mio intento rivolto; e sul rafforzato a gran pena, in Fiore CLXI 1.
Fuori di un impiego sintagmatico in funzione avverbiale, il sostantivo è usato una sola volta nel significato ‛ tecnico ' di " castigo " comminato per una violazione commessa, in Cv I VII 9 l'uomo è obediente a la giustizia [quando fa pagar lo debito de la pena...]; negli altri casi può significare " tormento ", " tortura ", con specifico riferimento alle pene inflitte ai peccatori, ovvero, più genericamente, " fatica ", " affanno ", " sofferenza ", retto in prevalenza dal verbo ‛ soffrire ' (o da equivalenti), con particolare riguardo ai tormenti della passione amorosa: Vn XXIII 1 io continuamente soffersi per nove dì amarissima pena; XXXI 8 2 Li occhi... / hanno di lagrimar sofferta pena, e 14 50 giugnemi tanta pena d'ogne parte; XXXIV 11 12 quei [sospiri] che n'uscian for con maggior pena; Rime LVIII 14 sentiron pena de l'altrui dolore; CXVI 21 L'anima folle... / forma la sua pena; Rime dubbie XV 6 gli occhi dolenti per soperchia pena; Cv I III 3 né io sofferto avria pena ingiustamente, pena, dico, d'essilio e di povertate; If V 45 nulla speranza ... / non che di posa, ma di minor pena; XXII 22 ad alleggiar la pena; XXVI 63 Piangevisi entro l'arte... / e del Palladio pena vi si porta (il sintagma: " vi si sconta il furto ", ecc.); Pg XI 136 per trar l'amico suo di pena / ch'e' sostenea ne la prigion di Carlo; XIX 117 nulla pena il monte ha più amara (giustamente, secondo il Barbi e il Sapegno, il significato generico di " tormento ", per la straziante confessione della propria colpa in Adhaesit pavimento anima mea, prevale su un presunto rapporto di comparazione fra la p. degli avari e le altre del Purgatorio, mal sostenibile anche in assoluto); XXIII 71 e 72 E non pur una volta... / si rinfresca nostra pena: / io dico pena, e dovria dir sollazzo, più volte si rinnova in noi golosi il tormento della fame e della sete, tante cioè quanti sono gli alberi di questa cornice, ecc. (e l'opposizione pena-sollazzo esclude il valore meramente escatologico); XXXIII 61 in pena ed in disio... / l'anima prima [Adamo] / bramò la venuta di Cristo.
Così nell'unica occorrenza della terza cantica: Pd VII 40 La pena dunque che la croce porse / s'a la natura assunta si misura, / nulla già mai sì giustamente morse; / e così nulla fu di tanta ingiura, / guardando a la persona che sofferse. Inoltre, in Fiore IV 10 portar in pacïenza / la pena che per me avra' a soffrire; V 2 promisi a Amor a sofferir sua pena; XXXIV 3 pena del ninferno è riso e gioco / ver quella; LXXII 11 pena perduta seria in le' guardare; CLXII 12 dar lor pen' e miccianza (" tormento e mala ventura "); CCXXV 6 sì no lle parve pena lo scoccare; CCXXVII 3 per te ha sofferte pene tante.
A parte consideriamo la serie ove p. figura con lo stesso valore, ma in nessi sinonimici o sintagmatici. Al plurale, in If VII 20 nove travaglie e pene; più spesso nel Fiore, ove la dittologia sinonimica è una costante stilistica: LXXVIII 12 per dar a Gelosia pene e tormento (ripetuto quasi identico, per lo stesso personaggio, in CXXVIII 3 per dar a Gelosia pene e dolore); CLVIII 11 ed e' n'andranno con pene e con guai. Al singolare: CXLVIII 13 molta pen' e travaglio vi durai; CLIV 2 per cu' i' ebbi tanta pena e male; CLXIX 4 di lu' non puo' tu aver se non battaglia / e pena e povertate e gran dolore (piuttosto, cumulo di sostantivi complementari con polisindeto). Il sintagma ‛ metter p. ' equivale a " faticare ", " affannarsi ", in Fiore XC 7 tu metti pena in racquistarli, e 14 che 'n trar sua vita mette pena e ana (in coppia sinonimica col noto arabismo); CII 5 metto pena perch'ella rimagna; CLXI 5 mise tanta pena in lui servire. Quasi in endiadi, col plurale, in Detto 59 mette pene e 'ntenza / in far sua penetenza.
Nel valore quasi tecnico di " tormento, supplizio, punizione infernale " Si configura come termine-chiave della prima cantica, ridotto invece a un solo esempio per ciascuna delle due altre: If VI 47 'n sì dolente / loco se' messo e hai sì fatta pena, / che..., e 56 tutte queste a simil pena stanno / per simil colpa; IX 18 alcun... / che sol per pena ha la speranza cionca; X 64 'l modo de la pena; XX 1 Di nova pena mi conven far versi; XXIII 99 che pena è in voi che sì sfavilla? (ardito riferimento alle cappe dorate degl'ipocriti); XXVIII 44 per indugiar d'ire a la pena / ch'è giudicata in su le tue accuse, e 130 Or vedi la pena molesta... / vedi s'alcuna è grande come questa, sulla falsariga delle Lamentationes di Geremia (il ‛ topos ' è ancor più scoperto in XXX 58 0 voi che sanz'alcuna pena siete / ... guardate e attendete / a la miseria del maestro Adamo); XXIX 107 sconcia e fastidiosa pena; XXXIV 61 Quell'anima là sù c'ha maggior pena.
Al plurale: If XII 21 valsi per veder le vostre pene; o (come " tormenti del Purgatorio ") Pg XVII 105 ogne operazion che merta pene. E in genere per " espiazione " dovuta a Dio per l'offesa arrecatagli, in Pd VII 84 contra mal dilettar con giuste pene, ossia (Sapegno) " con una giusta espiazione che si contrapponga e si adegui al malvagio diletto sperimentato nell'atto di peccare ".