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MALACCA, Penisola di

di Luigi MONDINI - Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)
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MALACCA, Penisola di (XXI, p. 978)

Luigi MONDINI

Per le condizioni demografiche ed economiche e per il nuovo ordinamento politico, v. malesi, stati, in questa seconda Appendice, II, p. 255.

Il 10 dicembre 1941, le corazzate britanniche Prince of Wales e Repulse, accompagnate da 3 cacciatorpediniere e prive di scorta aerea, venivano sorprese e affondate, nei pressi delle isole Anamba, da aerosiluranti giapponesi. Le due navi, come disse lo stesso Churchill, "rappresentavano un elemento essenziale dei piani preparati per far fronte al pericolo giapponese", in quanto ad esse-uniche unità britanniche da battaglia dell'Estremo Oriente - era commesso il compito di attaccare sul fianco i trasporti giapponesi che, si prevedeva, sarebbero discesi verso il sud, mentre la flotta americana li avrebbe minacciati alle spalle. Sparirono, invece, rapidamente l'una e l'altra flotta e il Giappone ebbe via libera. Infatti un convoglio nipponico nella stessa giornata del 10 poteva procedere, indisturbato, allo sbarco di forti contingenti di truppe a Songkla e a Kota Bharu.

A Singapore, aveva sede, dal 18 novembre 1940, il quartier generale dell'Estremo Oriente, retto dal maresciallo dell'aria sir Brooke Bopham, sostituito, il 23 dicembre 1941, dal gen. sir Henry Pownall. Il "Comando Malacca", che aveva giurisdizione su tutta la Malesia e sul Borneo britannico, al momento dell'attacco giapponese, era affidato al generale A. E. Percival, il quale aveva, ai suoi ordini, per la difesa della Malesia, circa tre divisioni e mezzo, con un totale di 32 battaglioni di fanteria e senza alcun carro armato. Durante il conflitto ricevette altre truppe, sicché la forza ai suoi ordini giunse complessivamente a 125.000 uomini con uno squadrone di carri. L'aviazione era rappresentata di 141 aerei. Esisteva un piano di difesa "Matador" che, però, fu sconvolto dagli accordi del luglio 1941, che avevano dato ai Griapponesi la possibilità di servirsi militarmente dell'Indocina. Da parte giapponese operarono in Malacca due divisioni e un reggimento di carri armati cui si aggiunsero poi altre tre o quattro divisioni, con un altro reggimento di carri. In tutto 150.000 uomini, con 300 carri.

Le truppe giapponesi al comando del generale Yamashita, si articolarono in tre colonne: la prima, occidentale, attaccò frontalmente le difese britanniche, avendo come asse operativo la ferrovia che per Prai e Taiping va a Singapore; la seconda, orientale, ebbe compito avvolgente e seguì la ferrovia Kota Bharu-Gemas; la terza, centrale, collegò le due precedenti colonne. La "linea Bopham", complesso di opere a nord del fiume Perak, venne subito profondamente intaccata in più punti; i Giapponesi non esitavano a inoltrarsi nella giungla, preceduti da carri armati, che aprivano la strada, e, quando sembrava che i difensori riuscissero a fermarli, un'infiltrazione attraverso la foresta equatoriale o uno sbarco risolvevano la situazione in favore degli attaccanti. Ma, soprattutto, fu il rilevante sbarco effettuato a Kota Bharu che fece temere un completo aggiramento della posizione e determinò la rotta dei suoi 20.000 difensori. I Giapponesi forzarono il passaggio del fiume Perak; il 19, conquistarono l'isola di Penang con la città di Georgetown (165.000 ab. nel 1939), che era importante centro di produzione di caucciù e della quale gli Inglesi avevano fatto una buona base aero-navale; il 23, occuparono Taiping, ricca di giacimenti cupriferi, e il 29, Ipoh, la città dello stagno. A metà di gennaio, le tre colonne si erano riunite, come previsto, sull'allineamento Kuala Lampur-Kuantan e la colonna di destra puntava su Port Dickson e Malacca Town che raggiungeva il 15 gennaio. La marcia, appoggiata da un'aviazione di schiacciante superiorità su quella avversaria e sussidiata da sbarchi, procedette spedita, tanto che depositi, officine, installazioni, raffinerie, caddero spesso intatti nelle mani degli invasori. Un contrattacco britannico fallì e fu tentata un'estrema resistenza sulla "linea Pownall", frettolosamente imbastita con opere campali all'altezza di Gemas. I Giapponesi ne ebbero prontamente ragione, penetrarono nel sultanato di Johore e, il 31, entrarono a Johore Bahru. I difensori, comandati dal gen. Gordon Bennet, avevano fatto saltare, alle 9 del mattino, il ponte che univa l'isola di Singapore al continente e si erano ritirati nella piazzaforte. La marcia di 350 km. lungo la penisola malese era stata compiuta dai Giapponesi in cinquanta giorni. I Britannici ritornarono in Malacca dopo la capitolazione, avvenuta il 13 settembre 1945, delle truppe nipponiche in Malesia.

Bibl.: René La Bruyère, La guerre du Pacifique, Parigi 1945; Operation of Malaya Command, in London Gazzette, 26 febbraio 1948.

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